Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4504 del 12/06/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 4504 Anno 2014
Presidente: ZAMPETTI UMBERTO
Relatore: TARDIO ANGELA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
MELCHIORRI WALTER N. IL 14/07/1968
avverso la sentenza n. 1860/2004 CORTE APPELLO di ANCONA, del
12/01/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANGELA TARDIO;

Data Udienza: 12/06/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 12 gennaio 2012 la Corte d’appello di Ancona ha
confermato la sentenza del 30 settembre 2004 del Tribunale di Pesaro, che
aveva dichiarato Melchiorri Walter colpevole del reato di detenzione, in assenza
della prescritta denuncia all’autorità, di un fucile comune da sparo, e l’aveva

venti di reclusione ed euro centocinquanta di multa.
2. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione, per mezzo del
suo difensore, l’imputato che ne ha chiesto l’annullamento sulla base di due
motivi, denunciando, con il primo, inosservanza della legge penale, in relazione
all’art. 129 cod. proc. pen., con riferimento agli artt. 157, 160, ultimo comma, e
161, comma 2, cod. pen., ex art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., per
non essere stata dichiarata l’estinzione del reato per prescrizione intervenuta in
data antecedente alla celebrazione del giudizio di appello, e deducendo, con il
secondo motivo, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, ex art.
606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., in relazione all’art. 5 cod. pen., per
essere stata equiparata la sua buona fede con la ignoranza della legge penale
che impone la denuncia della detenzione delle armi comuni da sparo.
3. In esito al preliminare esame presidenziale, il ricorso è stato rimesso a
questa Sezione per la decisione in camera di consiglio ai sensi degli artt. 591,
comma 1, e 606, comma 3, cod. proc. pen.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è manifestamente infondato e deve essere, pertanto, dichiarato
inammissibile.
2. Quanto al primo motivo si rileva che il termine di prescrizione deve essere
calcolato in base alla disciplina previgente alla data di entrata in vigore della
legge n. 251 del 2005, in forza della normativa transitoria di cui all’art. 10,
comma 3, della stessa legge, riconosciuta sul punto costituzionalmente legittima
(v. sentenza Corte cost. n. 72 del 2008, che ha richiamato la precedente
sentenza n. 393 del 2006, e ordinanza della stessa Corte n. 43 del 2012), poiché
il processo era pendente in grado di appello alla data predetta, essendo stata
emessa la sentenza di primo grado il 30 settembre 2004.
Il calcolo del termine, pertanto, a norma del previgente art. 157, comma 1,
cod. pen. e in forza della sua ultrattiva applicazione, deve tenere conto della
pena stabilita dalla legge per il reato, dell’aumento massimo della stessa stabilito
2

condannato, concesse le attenuanti generiche, alla pena di mesi cinque e giorni

per le circostanze aggravanti e della diminuzione minima stabilita per le
circostanze attenuanti con decorrenza dal giorno della consumazione per il reato
consumato.
Il termine prescrizionale pari, secondo la disciplina normativa antecedente
alla legge n. 251 del 2005, ad anni dieci di reclusione, aumentati fino ad anni
quindici in presenza di fatti interruttivi, non era pertanto maturato, avuto
riguardo al tempus commissi delicti (22 ottobre 2002), alla data della decisione
del Giudice di appello, che non doveva, pertanto, rilevare, come si assume,

Né detto termine è maturato alla data odierna.
3. Privo di alcuna fondatezza è anche il secondo motivo, che, nel riproporre
la questione della buona fede del ricorrente nel non procedere alla denuncia
dell’arma in oggetto, fondata sulla denuncia, invece sporta, per le armi da caccia
pure detenute, omette di correlarsi alla risposta, del tutto corretta in diritto, resa
dalla Corte di merito che ha rimarcato che la sostenuta buona fede, traducendosi
nella ignoranza della legge penale, è in contrasto con il principio fissato dall’art.
5 cod. pen.
4. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché – valutato il contenuto
del ricorso e in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella
determinazione della causa d’inammissibilità – al versamento della somma,
ritenuta congrua, di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 12 giugno 2013

Il Consigliere estensore

Il Presidente

alcuna prescrizione.

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