Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 45030 del 04/11/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 45030 Anno 2015
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: SAVINO MARIAPIA GAETANA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
AIANI ALESSANDRO N. IL 29/06/1969
avverso l’ordinanza n. 2421/2014 TRIB. LIBERTA’ di ROMA, del
29/08/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MARIAPIA GAETANA
SAVINO;
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Uditi difensor Avv.;

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Data Udienza: 04/11/2014

Ritenuto in fatto
Aiani Alessandro ha proposto, a mezzo del difensore di fiducia, ricorso per
Cassazione avverso l’ordinanza in data 29.8.2014 con la quale il Tribunale del
riesame di Roma, provvedendo sull’istanza di riesame proposta dal predetto
avverso l’ordinanza applicativa della misura cautelare degli arresti domiciliari
disposta dal GIP del Tribunale di Velletri in data 18.8.2014, ha respinto la richiesta
confermando l’impugnata ordinanza.

per il reato di detenzione al fine di spaccio di sostanza stupefacente di tipo hashish,
rinvenuta dai CC operanti nell’autovettura del predetto (gr uno di hashish),
sottoposto a controllo mentre a bordo dell’ auto si allontanava dal locale notturno
da lui gestito, e in una stanza attigua al locale notturno ove era stata estesa la
perquisizione (gr. 8 di hashish e gr 2.35 di marijuana, oltre ritagli di busta di
cellophane in forma circolare e stringhe metalliche verdi). Inoltre era stato
contestato anche il reato di istigazione alla corruzione per aver l’indagato
prospettato al maresciallo operante la possibilità di “accordarsi” per fare sparire la
droga.
A sostegno del ricorso la difesa dell’indagato ha dedotto i seguenti motivi.
Erronea applicazione della legge penale, con riguardo alla sussistenza dei
presupposti del contestato reato di detenzione a fini di spaccio e con riguardo
all’art. 73 co V d.p.r. 309/90.
La difesa del ricorrente denuncia l’illogicità della motivazione del Tribunale del
riesame per aver ritenuto incompatibile con un uso personale la quantità dello
stupefacente rinvenuto, gr 11 complessivi di hashish e di marijuana e il numero
di dosi ricavabili.
Secondo la difesa il dato ponderale e la qualità della sostanza sono tali da escludere
una destinazione allo spaccio anche in considerazione delle spiegazioni date
dall’indagato dell’uso che era solito fare, dei ritagli di buste trovati nello stesso
locale, connesso alla sua attività di collezionista e di artista, in relazione alla quale il
locale fungeva appunto da magazzino..
Si duole peraltro la difesa del mancato riconoscimento dell’ipotesi di cui al V comma
art. 73 d.p.r. 309/90, fondato su motivazione, l’esistenza di un precedente specifico,
ritenuta non pertinente, posto che altri sono i requisiti cui si deve avere riguardo
per il riconoscimento di tale ipotesi, ovvero la quantità e qualità della sostanza, i
mezzi, le modalità, le circostanze dell’azione. Il riferimento a tali elementi porta al
riconoscimento dell’ipotesi di reato in esame posto che la quantità è modesta e i

La misura cautelare in questione era stata applicata a seguito di arresto dell’Aiani

mezzi e le modalità della detenzione sono del tutto rudimentali non indicativi di una
professionalità nello svolgimento dell’attività contestata.
2- Erronea applicazione della legge penale, con riguardo all’art 274 c.p.p. sulla
sussistenza delle esigenze cautelari.
Censura infine la motivazione con riguardo alle ritenute esigenze cautelari, rilevando
che tale valutazione si fonda su un precedente penale specifico insussistente
essendovi solo una pendenza a carico dell’Alani. E dunque evidente il vizio di
cautelari di cui all’art. 274 lett C sulla base di un mero procedimento pendente,
valutato alla stregua di una condanna passata in giudicato.

Ritenuto in diritto
Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con ripetute pronunce, hanno delimitato
l’ambito di intervento della Corte in materia di provvedimenti de libertate
stabilendo che, in presenza di misure cautelari personali, allorché sia denunciato,
con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal
Tribunale del riesame, in ordine alla consistenza di gravi indizi di colpevolezza, alla
Corte Suprema spetta il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del
giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia
dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità
del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza della
motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni
della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze
probatorie (Cass SU 22.3.2000 n11, conforme Sez. 4, Sentenza n. 22500
03/05/2007, SU n.16 1996 RV. 203621, n.6402 1997 RV 207944)
L’ordinamento non conferisce alla Corte di Cassazione alcun potere di revisione degli
elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi compreso lo spessore degli
indizi, ne’ alcun potere di riconsiderazione delle caratteristiche soggettive degli
indagati, ivi compreso l’apprezzamento delle esigenze cautelari e delle misure
ritenute adeguate, trattandosi di accertamenti rientranti nel compito esclusivo ed
insindacabile del giudice cui è stata richiesta l’applicazione delle misura cautelare e
del tribunale del riesame, Il controllo di legittimità è perciò circoscritto all’esclusivo
esame dell’atto impugnato al fine di verificare che il testo di esso sia rispondente a
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motivazione e la violazione di legge laddove si ritengono sussistenti le esigenze

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due requisiti, uno di carattere positivo e l’altro di carattere negativoAtcui_possesso
rende l’atto insindacabile: 1) l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative
che lo hanno determinato; 2) l’assenza nel testo dell’esposizione di illogicità
evidenti, ossia la congruenza delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del
provvedimento” (Cass Sez. 3, n. 40873 21/10/2010, Sez. 4, n. 2050 17/08/1996).
Fatta questa precisazione sui limiti del sindacato della C.S, si deve rilevare che il
provvedimento impugnato contiene una congrua adeguata motivazione in ordine

reato ipotizzato di detenzione a fini di spaccio.
Correttamente i giudici del riesame hanno rilevato che il quantitativo di
stupefacente rinvenuto nel vano attiguo al locale notturno gestito dall’indagato, (
già oggetto di perquisizione, effettuata qualche mese prima, all’esito della quale
era stato rinvenuta sostanza stupefacente) e il numero delle dosi ricavabili (circa 36)
non era compatibile con un uso personale tanto più che l’Aiani aveva dichiarato di
assumere sporadicamente lo stupefacente; inoltre erano stati rinvenuti ritagli di
cellophane e stringhe di plastica per la chiusura di buste, verosimilmente adoperati
per il confezionamento delle dosi, materiale della cui presenza l’indagato non ha
saputo dare alcuna giustificazione nell’immediatezza del ritrovamento, fornendo
solo in seguito la spiegazione alternativa di un uso di tale materiale legato al suo
interesse di collezionista.
Quanto poi alla riconducibilità della condotta nell’ipotesi del fatto di lieve tenuità di
cui all’art. 73 V comma d.p.r. 309/90 (ora fattispecie autonoma di reato), si
richiamano i principi costantemente enunciati da questa Corte secondo cui la
fattispecie del fatto di lieve entità di cui all’art. 73, comma quinto, d.P.R. n. 309 del
1990, anche all’esito della formulazione normativa introdotta dall’art. 2 del D.L. n.
146 del 2013 (conv. in legge n. 10 del 2014), può essere riconosciuta solo nella
ipotesi di minima offensività penale della condotta, desumibile sia dal dato
qualitativo e quantitativo, sia dagli altri parametri richiamati espressamente dalla
disposizione (mezzi, modalità e circostanze dell’azione), con la conseguenza che, ove
uno degli indici previsti dalla legge risulti negativamente assorbente, ogni altra
considerazione resta priva di incidenza sul giudizio. (Fattispecie in cui è stata
ritenuta legittima l’esclusione dell’attenuante in esame per la protrazione nel tempo
dell’attività di spaccio, per i quantitativi di droga acquistati e ceduti, per il possesso
della strumentazione necessaria per il confezionamento delle dosi e per l’elevato
numero di clienti).

3

alla sussistenza degli elementi indiziari a carico del ricorrente con riferimento al

Sez. 3, Sentenza n. 23945 del 29/04/2015 Ud. (dep. 04/06/2015 )Rv. 263651,
Sez. 3, Sentenza n. 27064 de/ 19/03/2014 Ud. (dep. 23/06/2014) Rv. 259664
Sez. U, Sentenza n. 35737 del 24/06/2010 Ud. (dep. 05/10/2010) Rv. 247911
Orbene, alla stregua di tale consolidato indirizzo, il mancato riconoscimento
dell’ipotesi di cui al V comma dell’art. 73 cit dpr, appare corretto in considerazione
delle modalità della condotta, tali da escludere la minima offensività del fatto, in
quanto indicative di una attività di spaccio organizzata che, dato il luogo di
locale notturno gestito dall’indagato, come del resto si può agevolmente ritenere
sulla base del precedente episodio di rinvenimento di stupefacente dello stesso tipo
proprio all’interno di detto esercizio commerciale.
Quanto al quadro cautelare, lo specifico precedente a carico dell’indagato in
relazione a detto episodio, accaduto un mese prima, è stato condivisibilmente
ritenuto dai giudici del riesame, unitamente alle modalità della condotta, indicative
di una proclività all’attività di spaccio, nonché al tentativo di corrompere gli
operanti, tale da giustificare, in quanto adeguata alla gravità del fatto ed alla
personalità dell’imputato, la misura cautelare disposta.
Il ricorso deve pertanto essere rigettato
Segue per legge la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
Così deciso in Roma il 4.11.2014

rinvenimento della sostanza stupefacente, verosimilmente veniva svolta nell’attiguo

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