Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 44946 del 17/10/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 44946 Anno 2013
Presidente: PRESTIPINO ANTONIO
Relatore: DAVIGO PIERCAMILLO

SENTENZA
Sul ricorso proposto da
Pronestì Salvatore, nato a Polistena in data 8.1.1968,
avverso la sentenza della Corte d’appello di Reggio Calabria, sezione
penale, in data 24.4.2012.
Sentita la relazione della causa fatta dal consigliere Piercamillo Davigo.
Udita la requisitoria del sostituto procuratore generale, dott. Nicola Lettieri, il
quale ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
Udito il difensore Avv. Gregorio Cacciola, il quale ha concluso per
l’accoglimento del ricorso,

Data Udienza: 17/10/2013

ritenuto in fatto

Con sentenza in data 11.3.2010, il Tribunale di Palmi, fra l’altro,
dichiarò Pronestì Salvatore responsabile del reato di riciclaggio e lo
condannò alla pena di anni 4 mesi 6 di reclusione ed € 500,00 di multa, pena
accessoria.
Avverso tale pronunzia l’imputato (insieme ad altra imputata) propose

gravame ma la Corte d’appello di Reggio Calabria, con sentenza del
24.4.2012, fra l’altro, confermò la decisione di primo grado nei confronti di
Pronestì.
Ricorre per cassazione il difensore dell’imputato deducendo:
1. violazione della legge processuale in relazione alla inutilizzabilità delle
dichiarazioni di Chirubino Morena, acquisite dopo che erano emersi
indizi di reità a carico della stessa e senza nessuno degli avvertimenti
di cui all’art. 63 cod. proc. pen.; tale inutilizzabilità non è sanabile
neppure con il consenso della difesa all’acquisizione delle
dichiarazioni della Chirubino al fascicolo del dibattimento;
2. violazione di legge e vizio di motivazione in quanto le dichiarazioni
della Chirubino sarebbero inattendibili, avendo i giudici di merito
ritenuto le stesse non veritiere laddove aveva indicato in Pronestì il
contraffattore della polizza; il precedente proprietario dell’auto
Condomitti Agostino ha dichiarato di aver venduto il veicolo non ha
Pronestì (dal quale la Chirubino assume di averla acquistata) ma a
Ferraro Angelo; il rinvenimento del motore (pulito) dell’auto presso
Pronestì è stato spiegato dall’imputato; l’affermazione di responsabilità
sarebbe avvenuta solo sulla base dell’opinione dei giudici di merito per
i quali Pronestì aveva le competenze tecniche ed i mezzi necessari a
camuffare il veicolo; mancherebbe perciò la prova di responsabilità.

Considerato in diritto

Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato e generico.
La Corte territoriale ha affermato che al momento in cui la Chirubino
rese sommarie informazioni testimoniali non vi erano indizi di reità a suo

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carico. A fronte di tale affermazione il ricorrente non ha svolto alcuna
argomentazione atta a contrastarla né ha allegato atti (neppure il verbale in
questione) idonei a segnalare la preesistente o simultanea esistenza di indizi
di colpevolezza a carico della Chirubino, in violazione del principio di
autosufficienza del ricorso.
Il secondo motivo di ricorso svolge censure di merito.
La Corte territoriale ha ritenuto attendibile la dichiarazione della

Chirubino di aver acquistato il veicolo da Pronestì, si perché quest’ultimo
avrebbe negato di essere autore del riciclaggio, ma non di aver avuto parte
nella vendita del veicolo. Inoltre nella discarica utilizzata dal ricorrente era
stato trovato il motore dell’autovettura lecita.
In tale motivazione non si ravvisa alcuna manifesta illogicità che la
renda sindacabile in questa sede.
Infatti, nel momento del controllo di legittimità, la Corte di cassazione
non deve stabilire se la decisione di merito proponga effettivamente la
migliore possibile ricostruzione dei fatti né deve condividerne la
giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se questa giustificazione sia
compatibile con il senso comune e con “i limiti di una plausibile opinabilità di
apprezzamento”, secondo una formula giurisprudenziale ricorrente. (Cass.

Sez. 5″ sent. n. 1004 del 30.11.1999 dep. 31.1.2000 rv 215745, Cass., Sez.
2″ sent. n. 2436 del 21.12.1993 dep. 25.2.1994, rv 196955).
Del resto va ricordato che il vizio di motivazione implica o la carenza di
motivazione o la sua manifesta illogicità.
Sotto questo secondo profilo la correttezza o meno dei ragionamenti
dipende anzitutto dalla loro struttura logica e questa è indipendente dalla
verità degli enunciati che la compongono.
Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che
dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere
condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonché —
ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità — al pagamento a favore della Cassa delle ammende della
somma di mille euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi
dedotti.
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P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro mille alla Cassa delle ammende.

Il Consigliere estensore

Il Pre de te

Piercamillo Davigo

Anto io P tipino

Così deliberato in data 17.10.2013.

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