Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 44945 del 11/10/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 44945 Anno 2013
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: GALLO DOMENICO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da
Mazzaferro Luca, nato a Locri il 21/9/1977
avverso la sentenza 11/10/2012 della Corte d’appello di Milano, II sezione
penale;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Domenico Gallo;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale,
Sante Spinaci, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso
udito per l’imputato, l’avv. Paolo Gemelli di Roma, in sostituzione dell’avv.
Nocera Antonio, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

1.

Con sentenza in data 11/10/2012, la Corte di appello di Milano, in

parziale riforma della sentenza del Tribunale di Monza-Desio, in data
21/5/2005, dichiarava non doversi procedere in ordine al reato di truffa
contestato all’imputato perchè estinto per prescrizione rideterminava in anni
due di reclusione ed €. 600,00 di multa la pena inflitta a Mazzaferro Luca

1

Data Udienza: 11/10/2013

per il residuo reato di ricettazione di un assegno postale.

2.

La Corte territoriale respingeva le censure procedurali e di merito

mosse con l’atto d’appello e confermava la penale responsabilità
dell’imputato in ordine al reato di ricettazione a lui ascritto, provvedendo ad
eliminare la pena in continuazione per il reato di truffa, dichiarato estinto
per prescrizione.

Avverso tale sentenza propone ricorso l’imputato per mezzo del suo

difensore di fiducia, sollevando quattro motivi di gravame.
3.1

Con il primo motivo deduce violazione di norme processuali e vizio

della motivazione ed eccepisce la nullità della notifica all’imputato
dell’ordinanza ammissiva del suo esame non essendo stata effettuata in
tempo utile. Al riguardo precisa che, in data 16/4/2008, il Tribunale aveva
disposto aveva disposto la notifica all’interessato dell’avviso dell’udienza del
21/5/2008, ore 10, nella quale doveva svolgersi l’esame dell’imputato,
richiesto dalla difesa. Tale avviso veniva consegnato alla convivente
dell’imputato, in Marina di Gioiosa ionica, alle h. 9,40 del 20/5/2008.
All’udienza del 21/5/2008, a fronte dell’eccezione di nullità della notifica
dell’avviso sollevata dal difensore, il G.M. revocava l’ordinanza di
ammissione dell’imputato e dichiarava chiusa l’istruttoria, omettendo anche
di procedere all’escussione del teste Agostino Salvatore, che aveva
denunciato lo smarrimento dell’assegno. Eccepisce quindi che la notifica
doveva considerarsi nulla per il mancato rispetto del tempo minimo utile
all’imputato per coprire i 1.400 km di distanza che separano Desio da
Marina di Gioiosa ionica e si duole di violazione del diritto alla difesa, non
avendo potuto espletare l’unico mezzo istruttorio richiesto dalla difesa,
volto a dimostrare la legittima provenienza dell’assegno postale consegnato
al Mazzaferro da Agostino Salvatore, soggetto che aveva denunciato lo
smarrimento dell’assegno.
3.2

Con il secondo motivo si duole di omessa assunzione di una prova

decisiva con riferimento all’omesso espletamento dell’esame dell’imputato e
della connessa escussione del teste Agostino.
3.3

Con il terzo motivo deduce violazione di norme processuali

stabilite a pena di nullità e vizio della motivazione con riferimento alla
prova della consapevolezza dell’imputato della provenienza illecita

2
-?

3.

dell’assegno. Al riguardo eccepisce che, attesa l’accertata frequentazione
fino al giorno del denunciato smarrimento del titolo fra il Mazzaferro e
l’Agostino, non si può escludere né che l’Agostino abbia consegnato
volontariamente il titolo, quale concorrente nella truffa, né che il
Mazzaferro abbia perpetrato il furto, non potendosi configurare, in nessuna
di questa due ipotesi, il delitto di ricettazione.
3.4

Con il quarto motivo deduce che nella fattispecie non sussiste la

accertato che effettivamente l’assegno fu smarrito o sottratto per la
mancata escussione del teste Agostino Salvatore. Si duole, inoltre, della
dosimetria della pena e della mancata concessione delle attenuanti
generiche.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.

Il ricorso non è fondato.

2.

Per quanto riguarda il primo e secondo motivo di ricorso, le censure

non sono fondate. Secondo l’insegnamento di questa Corte l’esame
dell’imputato non costituisce un mezzo di prova che possa assumere valore
decisivo ai fini del giudizio. Infatti la S.C. (Sez. 1, Sentenza n. 17844 del
26/03/2003 Ud. (dep. 15/04/2003 ) Rv. 224800) ha statuito che per
prova, la cui mancata assunzione può costituire motivo di ricorso per
cassazione, deve intendersi solo quella che, confrontata con le ragioni poste
a sostegno della decisione, risulti determinante per una diversa conclusione
del processo, e non anche quella insuscettibile di incidere sulla formazione
del convincimento del giudice, in quanto costituente una diversa
prospettazione valutativa nell’ambito della normale dialettica tra le differenti
tesi processuali.(Nel caso di specie è stato escluso il carattere di decisività
dell’omesso interrogatorio dell’imputato).
3.

In secondo luogo la contestazione in ordine alla pretesa nullità per

tardività della notifica dell’avviso di fissazione dell’udienza del 21/5/2008
non ha ragione di essere dal momento che non risulta (e non è stato
neanche dedotto dall’imputato) che la notifica dell’avviso di fissazione
dell’udienza fosse un atto dovuto, dal momento che l’imputato contumace

3

prova dell’elemento materiale del reato di ricettazione, non essendo stato

non ha diritto alla notifica del rinvio del dibattimento poiché il contumace è
rappresentato dal suo difensore, a norma dell’art. 420 quater, comma 2,
cod. proc. pen.

4.

In ogni caso la revoca disposta dal giudice di primo grado dell’esame

dell’imputato richiesto dalla difesa, non ha inciso sul diritto alla difesa
dell’imputato il quale ben avrebbe potuto presentarsi in appello e rendere
dichiarazioni, a norma dell’art. 523 cod. proc. pen. per fornire le eventuali

ricevere il possesso del titolo.
5.

Per quanto riguarda il terzo motivo in punto di sussistenza

dell’elemento soggettivo del delitto di ricettazione, la Corte non ha fatto
malgoverno dei principi che governano la formazione della prova indiziaria
ex art. 192, II comma cod. proc. pen. In punto di diritto è orientamento
consolidato della giurisprudenza di questa Corte che la sussistenza
dell’elemento soggettivo nel reato di ricettazione (vale a dire la conoscenza
della provenienza delittuosa della cosa) può desumersi da qualsiasi
elemento, anche indiretto, e quindi anche dal comportamento dell’imputato
e dalla mancata – o non attendibile – indicazione della provenienza della
cosa ricevuta, la quale è sicuramente rivelatrice della volontà di
occultamento, logicamente spiegabile con un acquisto in mala fede (Cass.
Sez. 2″, 27.2/13.3.1997, n. 2436, Rv.207313; conf. Sez. 2, Sentenza n.
25756 del 11/06/2008 Ud. (dep. 25/06/2008 ) Rv. 241458).

6.

Pertanto la mancata – o non attendibile indicazione – della

provenienza della cosa è elemento indiziario sufficiente per consentire la
formazione della prova in ordine alla consapevolezza in testa all’agente
dell’origine delittuosa della cosa in suo possesso. Nel caso di specie la
mancata presentazione dell’imputato all’esame ed il fatto che lo stesso non
abbia ritenuto di fare dichiarazioni di alcun genere, neppure in grado
d’appello, per giustificare la provenienza del titolo, giustifica le conclusioni
assunte dalla Corte territoriale in punto di sussistenza dell’elemento
soggettivo.

7.

Infine deve essere respinto anche il quarto motivo in ordine alla

prova dell’elemento materiale del reato in quanto sul punto il ricorrente ha
sollevato delle censure in fatto che non possono trovare ingresso in questa
4

giustificazioni utili a chiarire le circostanze nel contesto delle quali ebbe a

sede. Occorre, poi, precisare che non è ammissibile la doglianza in punto di
mancata concessione delle attenuanti generiche poiché la relativa richiesta
non è stata sollevata con i motivi d’appello.
Sono parimenti da respingere le censure in merito al trattamento
sanzionatorio in quanto, secondo la giurisprudenza di questa Corte,
nell’ipotesi in cui la determinazione della pena non si discosti
eccessivamente dai minimi edittali, il giudice ottempera all’obbligo
motivazionale di cui all’art. 125, comma terzo, cod.pen., anche ove adoperi

si richiami alla gravità del reato o alla personalità del reo (Cass. Sez. 3,
Sentenza n. 33773 del 29/05/2007 Ud. (dep. 03/09/2007 ) Rv. 237402). E’
stato, poi, ulteriormente precisato che la specifica e dettagliata motivazione
in ordine alla quantità di pena irrogata, specie in relazione alle diminuzioni o
aumenti per circostanze, è necessaria soltanto se la pena sia di gran lunga
superiore alla misura media di quella edittale, potendo altrimenti essere
sufficienti a dare conto dell’impiego dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen. le
espressioni del tipo: “pena congrua”, “pena equa” o “congruo aumento”,
come pure il richiamo alla gravità del reato o alla capacità a delinquere
(Cass. Sez. 2, Sentenza n. 36245 del 26/06/2009 Ud. (dep. 18/09/2009)
Rv. 245596). Nel caso di specie la pena inflitta è molto al di sotto della
misura media di quella edittale. Pertanto nessuna censura può essere
mossa, sotto questo profilo alla sentenza impugnata.

8.

Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che

rigetta il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al
pagamento delle spese del procedimento.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso, l’ 11 ottobre 2013

espressioni come “pena congrua”, “pena equa”, “congruo aumento”, ovvero

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