Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 44930 del 18/09/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 44930 Anno 2013
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: BARBARISI MAURIZIO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Pregi Alfred

n. il 20 novembre 1978

avverso
l’ordinanza 5 ottobre 2012 — GIP del Tribunale di Busto Arsizio;
sentita la relazione svolta dal Consigliere dott. Maurizio Barbarisi;
lette le conclusioni scritte del rappresentante del Pubblico Ministero, sostituto Procuratore Generale della Corte di Cassazione, che ha chiesto il rigetto del ricorso con
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali;

Data Udienza: 18/09/2013

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – Prima Sezione penale

Ritenuto in fatto
1. — Con ordinanza deliberata in data 5 ottobre 2012, depositata in cancelleria
il 5 ottobre 2012, il GIP del Tribunale di Busto Arsizio rigettava l’istanza avanzata
nell’interesse di Pregi Alfred volta a ottenere l’applicazione della disciplina della continuazione, ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen., in relazione alle condanne ivi indi-

Il giudice argomentava la propria decisione rilevando l’insussistenza delle condizioni per il riconoscimento dell’unicità del disegno criminoso, stante la non contiguità temporale della commissione dei fatti accertati di cui alle sentenze recate nell’ista nza .
2. — Avverso il citato provvedimento, tramite il proprio difensore, ha interposto
tempestivo ricorso per cassazione Pregi Alfred chiedendone l’annullamento per violazione di legge e vizi motivazionali.

Osserva in diritto
3. — Il ricorso è manifestamente infondato e deve essere dichiarato inammissibile con ogni dovuta conseguenza di leggé.
3.1 — Il Giudice dell’esecuzione ha fatto corretta applicazione delle norme di
legge e dei principi più volte affermati da questa Corte (v. Cass., Sez. 1, 7 aprile
2004, n. 18037, Tuzzeo, rv. 229052) circa l’inidoneità di mere situazioni soggettive
ad integrare l’identità del disegno criminoso di cui all’art. 81 cpv. cod. pen. e che,
del pari, è consolidata l’affermazione della radicale diversità dell’identità della spinta
criminosa o del movente pratico individuabile alla base di plurime violazioni della
legge penale rispetto alla medesimezza del disegno criminoso che deve cementare i
vari episodi di un reato continuato; è da ritenersi altresì consolidato il principio secondo cui all’istante incombe un onere di allegazione di elementi specifici e concreti
da cui desumere la fondatezza o meno dell’assunto (Cass., Sez. 5, 4 marzo 2004,
n. 18586, rv. 229826; conformi ex plurimis Cass. n. 5518 del 1995; n. 77 del
1995; n. 4437 del 1994; n. 898 del 1993), irrilevante essendo, in difetto di tali dati
sintomatici, il mero riferimento alla relativa contiguità cronologica od all’analogia
criminogena dei diversi fatti, indici, per lo più, come ritenuto nella specie, di abitualità criminosa e di scelte di vita ispirate alla sistematica e contingente consumazione
di illeciti penali piuttosto che di attuazione di un medesimo progetto criminoso, unitariamente concepito e deliberato, sia pure nelle sue linee essenziali.

Ud. in c.c.: 18 settembre 2013 — Pregi Alfred — RG: 5663/13, RU: 12;

cate.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – Prima Sezione penale

3.2. — Ciò posto, il Collegio osserva che il ricorso, più che individuare singoli
aspetti del provvedimento impugnato da sottoporre a censura, tende a provocare
una nuova, non consentita rivalutazione delle circostanze di fatto, che, in quanto
tale, è insindacabile in questa sede di legittimità, mentre il provvedimento gravato,
nella carenza di allegazione da parte dell’istante di elementi concreti da cui dedurre
la medesimezza del disegno criminoso, presupposto indefettibile per l’applicazione
dell’istituto invocato, ha correttamente motivato il diniego dell’istanza. È stato infat-

indicativo di una difficoltà non superata dal ricorrente di recuperare una ideazione
commissiva preordinata e comune (il divario temporale tra i reati è pari a otto anni), la loro perpetrazione in luoghi e con sodali differenti e la loro parziale disomogeneità. Il giudice ha inoltre valutato in modo analitico il contenuto delle diverse
sentenze indicate in ricorso pervenendo alla conclusione, all’esito della compiuta
disamina delle stesse decisioni, con motivazione congrua, adeguata e priva di erronea applicazione delle leggi penale e processuale, della sussistenza di un’ostatività
(non superabile) al riconoscimento della continuazione.
4. — Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi indicativi dell’assenza di colpa (Corte Cost., sent. n. 186 del 2000), al versamento della somma di e 1.000,00 (mille) alla Cassa delle Ammende

per questi motivi
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di e 1.000,00 (mille) alla Cassa delle
Ammende.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, il 18 settembre 2013
Il Consigliere estensore

Il Presidente

3

ti evidenziato, tra l’altro, la non contiguità temporale dei fatti illeciti già di per sé

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