Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4493 del 12/06/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 4493 Anno 2014
Presidente: ZAMPETTI UMBERTO
Relatore: TARDIO ANGELA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
BONNICI STEFANO N. IL 12/02/1976
avverso l’ordinanza n. 43/2012 GIP TRIBUNALE di LODI, del
04/07/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANGELA TARDIO;

Data Udienza: 12/06/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 4 luglio 2012, il Tribunale di Lodi, decidendo quale
giudice dell’esecuzione, ha parzialmente accolto l’istanza avanzata da Bonnici
Stefano, volta all’applicazione della disciplina della continuazione, ai sensi dell’art.
671 cod. proc. pen., in relazione ai reati giudicati con quattro sentenze indicate
nella premessa della stessa ordinanza, unificando i reati giudicati con le sentenze

e 1’11 ottobre 2007 (sub 2, 3 e 4 della richiesta) e rideterminando la pena
complessiva in anni cinque e mesi due di reclusione ed euro milletrecento di
multa, e ha rigettato la richiesta di riconoscimento del vincolo della continuazione
di detti reati con quello oggetto della sentenza del G.u.p. del Tribunale di Padova
dell’Il giugno 2008 (sub 1 della richiesta).
2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione, per mezzo
del suo difensore, il condannato, che ne ha chiesto l’annullamento sulla base di
unico motivo, con il quale ha denunciato violazione di legge e mancanza e
illogicità della motivazione, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod.
proc. pen., per travisamento dei fatti quanto all’affermata commissione delle
rapine giudicate dal G.u.p. del Tribunale di Catania “da solo, senza complici”, per
mancata valutazione del dato temporale, e per illogica valutazione della
circostanza relativa alla carcerazione e alla ripresa delle rapine non appena
riacquistata la libertà.
3. In esito al preliminare esame presidenziale, il ricorso è stato rimesso a
questa Sezione per la decisione in camera di consiglio ai sensi degli artt. 591,
comma 1, e 606, comma 3, cod. proc. pen.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è manifestamente infondato.
1.1. La nozione di continuazione delineata nell’art. 81, comma 2, cod. pen.,
richiede che i fatti siano riferibili a un “medesimo”, dunque originario, disegno
criminoso.
Detta unicità di disegno, necessaria per il riconoscimento della continuazione
in fase di cognizione e in fase esecutiva, non può identificarsi con la generale
tendenza a porre in essere determinati reati o comunque con una scelta di vita
che implica la reiterazione di determinate condotte criminose. Occorre, invece,
che si abbia una iniziale programmazione e deliberazione di compiere una
pluralità di reati, che possono essere anche non dettagliatamente ab origine
progettati e organizzati, purché siano almeno in linea generale previsti in
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emesse dal G.u.p. del Tribunale di Catania il 19 dicembre 2006, il 28 marzo 2007

funzione di “adattamento” alle eventualità del caso, come mezzo al
conseguimento di un unico fine, prefissato e sufficientemente specifico.
Deve, pertanto, escludersi che una tale programmazione possa essere
desunta sulla sola base dell’analogia dei singoli reati o del contesto in cui essi
sono maturati. Né l’inciso “anche in tempi diversi”, contenuto nell’art. 81, comma
2, cod. pen., consente di escludere rilevanza all’aspetto del tempo di
commissione dei reati, non potendo ritenersi che la vicinanza temporale
costituisca di per sé “indizio necessario” dell’esistenza del medesimo disegno

limite logico alla possibilità di ravvisare la continuazione per le difficoltà di
programmazione e deliberazione a lunga scadenza dei singoli episodi criminosi.
Anche la detenzione intermedia, di per sé non ostativa all’applicazione
dell’istituto della continuazione, impone un rigoroso vaglio di ogni altro elemento
che sia, singolarmente e congiuntamente, dimostrativo di un disegno unitario non
destrutturato dalla restrizione.
1.2. Nella specie, il Giudice dell’esecuzione, che ha preso in considerazione i
reati, cui il ricorrente ha riferito la sua richiesta, e i dati di fatto tratti dalle
sentenze in atti, ha logicamente e plausibilmente ritenuto – dopo avere ravvisato
la sussistenza del vincolo della continuazione tra le rapine commesse dall’istante
nel lasso temporale compreso tra il 2 e il 28 agosto 2006 in unico contesto
territoriale e giudicate dal G.u.p. di Catania – la non riconoscibilità di analogo
vincolo con il reato commesso in Padova I’l marzo 2006 e giudicato con la prima
sentenza, per la non riconducibilità delle condotte illecite a un medesimo disegno
criminoso esistente sin dal momento in cui è stato commesso detto primo reato,
valorizzando le modalità concorsuali di commissione della prima rapina, la
diversità del contesto territoriale e la sua antecedenza a un periodo di
detenzione, del tutto ipotetico al momento del fatto.
1.3. Le linee argomentative dell’ordinanza, congrue sul piano logico e
corrette in diritto, resistono alle censure formulate dal ricorrente, che, quanto al
primo profilo, si risolvono nella generica prospettazione di un incorso
travisamento dei fatti, non supportato dall’allegazione degli atti richiamati né
dalla indicazione della loro incidenza sulla operata ricostruzione della vicenda;
quanto al secondo profilo, attengono alla omessa considerazione del fattore del
tempo invece valutato in rapporto al ristretto lasso temporale che ha connotato i
fatti invece unificati, e, sotto il terzo profilo, denunciando il riferimento al breve
periodo di detenzione non valutabile come elemento interruttivo del disegno
criminoso, omettono di correlarsi con l’iter argomentativo della decisione e danno
per dimostrato un preventivo disegno unitario, non interrotto dalla carcerazione,
invece escluso.

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criminoso, né escludersi che la distanza temporale possa costituire in concreto un

2. Il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile, con condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché – valutato il
contenuto del ricorso e in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità – al versamento della somma,
ritenuta congrua, di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 12 giugno 2013
Il Consigliere estensore

Il Presidente

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle

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