Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 44914 del 18/09/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 44914 Anno 2013
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: VECCHIO MASSIMO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ANGIONI ALESSIO N. IL 17/07/1980
avverso la sentenza n. 1151/2011 CORTE APPELLO di CAGLIARI,
del 07/03/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 18/09/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MASSIMO VECCHIO
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Data Udienza: 18/09/2013

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – SEZIONE PRIMA PENALE

Ricorso n. 35.284/2012 R.G.

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Udienza del 18 settembre 2013

Udito, altresì, nella pubblica udienza, il Pubblico Ministero in
persona del dott. Nicola Lettieri, sostituto procuratore generale della Repubblica presso questa Corte suprema, il quale ha
concluso per il rigetto del ricorso e per la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

1. — Con sentenza, deliberata il 7 marzo 2012 e depositata il
19 marzo 2012, la Corte di appello di Cagliari ha confermato la
sentenza del giudice della udienza preliminare del Tribunale di
quella stessa sede, 24 novembre 2010, di condanna — nel concorso della diminuente del rito abbreviato e della attenuante
della provocazione (dichiarata equivalente alla recidiva reiterata, specifica e infraquinquennale) e ritenuta la continuazione
tra tutte le violazioni — alla pena principale della reclusione in
sei anni sei, due mesi e venti giorni e alla pena accessoria della
interdizione perpetua dai pubblici uffici a carico di Alessio Angioni, imputato del delitto di omicidio tentato in danno di Ignazio Spina e di Massimiliano Puddu (capo A della rubrica) e
della contravvenzione di porto di armi od oggetti atti ad offendere, ai sensi dell’articolo 4 della legge 18 aprile 1975, n. 110
(capo B ibidem), reati commessi in Quartu Sant’Elena, il 25
maggio 2010.

1.1 — Sulla base delle testimonianze delle vittime, del sequestro
dell’arma del delitto, della prova generica (tracce ematiche
rinvenute sul mezzo del reato e sugli indumenti dell’imputato,
consulenza medico legale, rilievi fotografici), e sulla base delle
ammissioni dello stesso Angioni, in ordine alla materialità della
condotta, i giudici di merito hanno accertato che, nelle circostanze di tempo e di luogo indicate, il giudicabile, mediante accoltellamento aveva compiuto atti idonei, diretti in modo non
equivoco a cagionare la morte di Puddu e di Spina, senza, tuttavia, realizzare l’intento omicida per cause indipendenti dalla
propria volontà, essendo le vittime riuscite a darsi alla fuga e,
ad attivare, quindi, il soccorso del servizio medico di emergenza.

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Rileva

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – SEZIONE PRIMA PENALE

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Udienza del 18 settembre 2013

In particolare nei pressi del lago Molentargius, in seguito a un
diverbio, originato da contrasti per la pesca e trasceso a vie di
fatto, Angioni, il quale era stato colpito con un pugno al volo
da uno degli antagonisti, si era recato nella autovettura Lancia
Y utilizzata per recarsi al lago, parcheggiata nei pressi; aveva
prelevato dal veicolo il proprio coltello da serramanico, lungo
ventidue centimetri e munito di lama da dieci centimetri; aveva ripetutamente accoltellato Puddu e Spiga: il primo al collo e
all’emitorace destro e il secondo nelle regione sottomentoniera
e nella fossa iliaca; e, così, aveva cagionato loro plurime ferite,
dalle quali erano derivate malattie del corpo, guarite, rispettivamente, in quindici e in ventotto giorni.
Successivamente, in via della Musica, l’imputato, alla guida
della ridetta autovettura aveva incrociato i due feriti a bordo
del loro motorino e li aveva investiti, provocando la caduta a
terra dei malcapitati; e, poi, si era definitivamente allontanato.
1.2 — Con riferimento ai motivi di gravame e in relazione a
quanto serba rilievo nel presente scrutinio di legittimità (riguardo alle postulazioni difensive di assoluzione dal delitto di
omicidio tentato, gradatamente di derubricazione del reato in
lesione personale e, comunque, di riconoscimento della esimente della legittima difesa) la Corte territoriale ha osservato quanto ricapitolato nei paragrafi da sub 1.3 a sub 1.5 che
seguono.
1.3 — L’utilizzo dell’arma bianca, per le caratteristiche del coltello, munito di lama affilata e acuminata, la reiterazione dei
colpi nei confronti di entrambe le vittime, i distretti anatomici
attinti, sedi di grossi vasi — e, pertanto, da considerarsi zone vitali — dimostrano alla evidenza la idoneità e la univocità della
condotta omicida a dispetto del contrario responso del consulente tecnico dell’imputato (dott.ssa Silvia K. Carta).
Affatto ininfluente è la circostanza che le lesioni arrecate non
abbiano, poi, in concreto, cagionato a Puddu e a Spiga percolo
di vita.

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Ricorso n. 35.284/2012 R. G.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – SEZIONE PRIMA PENALE

Ricorso n. 35.284/2012 R.G.

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Udienza de118 settembre 2013

Invero non è possibile «dosare la profondità del colpo» quando si
brandisce la lama contro bersagli in movimento; né appare
plausibile che il giudicabile «per ben quattro volte di seguito avesse, alla ceca, per puro caso colpito quattro zone tutte vitali dei corpi
degli antagonisti», il collo, l’addome, e il torace, i quali costituiscono gli obiettivi di elezione della condotta omicida.
Peraltro la luminosità ambientale che consentiva a tutti e tra i
protagonisti del fatto di sangue di esercitare la pesca lacustre,
certamente permetteva «di vedere quel che bastava per accoltellare» mortalmente un uomo: «tanto è vero che Angioni non fallì un
colpo».

1.4 — Il dolo omicida è dimostrato della modalità della cruenta
aggressione, dalla selezione del mezzo del reato, dalla vitalità
dei distretti corporei attinti dalle coltellate, dalla reiterazione
dei colpi, dal concorso di adeguato movente alla stregua dell’
antefatto, in relazione alla volontà di vendetta «per l’affronto
subito» da Puddu e Spiga, i quali avevano occupato la postazione di pesca dall’ appellante, dalla condotta di costui successiva al ferimento, caratterizzata dall’appostamento in via della
Musica e dall’investimento delle vittime sopraggiunte a bordo
del loro motorino.
Si tratta certamente di dolo diretto quanto meno in forma alternativa.
Gli elementi sintomatici censiti disvelano la «chiara volontà di
uccidere» ovvero di ferire gravemente gli antagonisti, epiloghi
indifferentemente e «ugualmente voluti dal reo».

1.5 — Non merita accoglimento la postulazione dell’appellante
di riconoscimento della esimente della legittima difesa.

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Li)

E «privo di senso logico» è l’assunto difensivo di Angioni, avvezzo alla violenza ed esperto nell’uso del coltello (come comprovato dai precedenti penali specifici), di essersi limitato ad
agitare il coltello «alla cieca», evitando di «andare in profondità».

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Udienza del 18 settembre 2013

Non vi è prova della presenza di catene e di bottiglie; né c’è
traccia alcuna dell’impatto di catene sulla carrozzeria della autovettura; le lesioni esibite dall’ imputato (tumefazione allo zigomo sinistro ed escoriazione alla gamba) sono riconducibili alla azione non di catene, né di bottiglie, bensì ed esclusivamente
al pugno ricevuto da Angioni nella prima fase della vicenda e
alla caduta accidentale occorsagli.
Né la presenza di frammenti di vetro sul sedile anteriore destro della autovettura dell’appellante (di tanto danno atto i
Carabinieri nel processo verbale di arresto) è correlabile alla vicenda alla stregua della versione dell’imputato. Costui, infatti,
ha narrato di aver percepito il rumore della percussione di una
catena sul proprio finesrino «dal lato guida».
L’indimostrato assunto è confutato dalle testimonianze delle
vittime, riscontrate «per buona parte», per vero attendibili e disinteressate. Puddu e Spiga, infatti, non hanno cercato di aggravare in alcun modo la posizione del giudicabile, non hanno
avanzato richieste risarcitorie, non si sono costituite parti civiNé, infine, a fronte del calzante rilievo del primo giudice circa
la esclusione in radice della legittima difesa sotto il profilo che
Angioni, una volta entrato in macchina, aveva la possibilità di
allontanarsi agevolmente anziché impugnare il coltello e scendere armato dal veicolo), ha pregio alcuno la deduzione difensiva (per la prima volta esposta con l’atto di appello) che la
«scarsa larghezza della strada» avrebbe impedito il co mm odu s
dtscessus.
Al di là della considerazione che, in punto di fatto, Angioni dopo aver ferito Puddu e Spiga si allontanò alla guida della propria autovettura, la deduzione difensiva «dell’ultima ora» è resistita dichiarazioni dello stesso imputato. Costui, infatti, nell’
interrogatorio di garanzia ha sostenuto «che aveva già messo in
moto [la macchina] e si stava allontanando — quindi poteva farlo,

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Mendace è l’assunto del giudicabile di essere stato aggredito da
Puddu e da Spiga, armati di catene e bottiglie.

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Udienza del 18 settembre 2013

E chiaramente falso è, infine, l’ulteriore assunto difensivo del
preteso inseguimento da parte delle vittime, dopo 1′ accoltellamento, non essendo plausibile che «i due feriti potessero pensare di aggredire Angioni il quale era in macchina e, cioè, in una
posizione di forza [rispetto a Puddu e a Spiga i quali] erano in
motorino e avevano pure assunto bevande alcoliche» sicché «si trovavano in una situazione di minorata difesa».

2. — L’imputato ha proposto ricorso per cassazione, col ministero del difensore di fiducia, avvocato Marco Antonio Lisu,
mediante atto recante la data del 20 aprile 2012, col quale sviluppa due motivi, dichiarando promiscuamente di denunziare
ai sensi dell’articolo 606, comma 1, lettere b) ed e), cod. proc.
pen., inosservanza ed erronea applicazione della legge penale o
di altre norme giuridiche, di cui si deve tenere conto nella applicazione della legge penale, in relazione agli articoli 43, 56 e
575 cod. pen. (primo motivo), in relazione all’ articolo 52 cod.
pen. (secondo motivo), nonché mancanza, contraddittorietà e
manifesta illogicità della motivazione (con entrambi i mezzi di
impugnazione).

2.1 — Con il primo motivo il difensore sostiene: la condotta doveva essere derubricata ai sensi dell’articolo 582 cod. pen.; difetta l’ elemento psicologico del delitto tentato; infatti le coltellate inferte sono state superficiali e limitate a due colpi per ciascuna delle persone offese; costoro hanno inseguito il ricorrente, dopo che, in precedenza, lo avevano aggredito e percosso;
Puddu e Spiga non hanno corso, in dipendenza delle lesioni, alcun pericolo di vita; il consulente tecnico della difesa ha concluso nel senso della esclusione della volontà omicida; i termini
di guarigione delle lesioni sono contenuti; il giudicabile, «pur
avendone avuto la possibilità», non ha ulteriormente ferito le
vittime; la Corte territoriale ha trascurato di considerare che
Angioni era stato nella immediatezza aggredito da Puddu e da

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come lo aveva fatto dopo l’accoltellamento — quando», avendo udito la percussione sul finestrino «aveva preso il coltello ed era sceso» assertivamente «per difendersi colpendo gli antagonisti con
coltellate alla cieca».

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* Udienza del 18 settembre 2013

Spiga i quali «non volevano condividere la postazione di pesca»;
non ha offerto «esaustiva indicazione dei dati fattuali che giustificano la premessa maggiore [della inferenza] forza, reiterazione e
direzione dei colpi»; e contraddittoriamente ha supposto il dolo
alternativo in violazione del divieto della affermazione della
colpevolezza al di là di ogni ragionevole dubbio; per integrare il
dolo alternativo, infatti, non basta «la esclusione della sicurezza
e, quindi, della volontà di non provocare l’evento», bensì occorre
«la affermazione, in positivo della rappresentazione e della accettazione di un evento altamente probabile», circostanza non dimostrata.

2.2 — Col secondo motivo il difensore censura il diniego del riconoscimento della esimente della legittima difesa, opponendo:
non è dimostrata la possibilità del commodus discessus; Angioni
fu aggredito, proprio, mentre tentava di fuggire a bordo della
propria autovettura e fu costretto a difendersi dagli aggressori
armati con una catena e una bottiglia; la Corte territoriale ha
opposto un «un ragionamento di tipo circolare [..] per poi sostenere che, se la strada fosse stata effettivamente stretta, l’imputato non
sarebbe potuto scappare»; non è stato eseguito «adeguato sopralluogo per verificare le condizioni e le dimensioni della strada»;
Angioni riuscì a fuggire «proprio dopo aver ferito» Puddu e Spiga i quali lasciarono «ovviamente libero il passaggio per la sua
fuga»; la Corte di merito inoltre ha recepito la versione delle
persone offese, mentre il consulente del Pubblico Ministero aveva rilevato che «l’anamnesi dell’evento lesivo [..] era caratterizzata da imprecisioni, incoerenze ed [era] spesso contraddittoria»; è
inverosimile supporre che Angioni «sia scappato» per poi tendere un agguato a Puddu e a Spiga; furono, invece, loro ad inseguirlo «con il loro scooter nel tentativo di regolare definitivamente i conti»; pacificamente fu Angioni che, per primo, venne colpito con un pugno; la bottiglia e la catena branditi dagli antagonisti costituivano mezzi lesivi idonei a cagionare la morte; il
ricorrente nella concitazione del momento «non fece in tempo a
chiamare le Forze dell’ordine»; ritenne di «trovarsi in uno stto di
pericolo imminente e attuale»; fu costretto a impugnare il colte!-

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Ricorso n. 35.284/2012 R.G.

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* Udienza del 18 settembre 2013

lo per difendersi; la Corte di appello, confondendo «il piano
della ricostruzione del fatto [..] col piano della valutazione giuridica delle situazioni fattuali», ha incongruentemente disatteso
la tesi difensiva della legittima difesa, ritenuta «in insanabile
contrasto con la linea difensiva dell’assenza del commodus discessus seguita dall’imputato sin dall’inizio del processo», mentre il
giudicabile aveva la «facoltà di prospettare tesi difensive alternative» in funzione della ricostruzione del fatto operate dal giudice; l’assunzione di bevande alcoliche non comportava per Puddu e Spiga alcuna condizione di minorata difesa, ma provocava
l’allentamento dei freni inibitori e maggiore aggressività.
3. — Il ricorso è infondato.
3.1 — Non ricorre il vizio della violazione di legge:
—né sotto il profilo della inosservanza (per non aver il giudice a
quo applicato una determinata disposizione in relazione
all’operata rappresentazione del fatto corrispondente alla previsione della norma, ovvero per averla applicata sul presupposto dell’accertamento di un fatto diverso da quello contemplato dalla fattispecie);
—né sotto il profilo della erronea applicazione, avendo Corte di
appello esattamente interpretato le norme applicate, alla luce
dei principi di diritto fissati da questa Corte, né, oltretutto,
opponendo il ricorrente alcuna alternativa interpretazione a
quella correttamente seguita nel provvedimento impugnato.
3.2 — Neppure ricorre vizio alcuno della motivazione.
Il giudice a quo ha dato conto adeguatamente — come
illustrato nella narrativa che precede — delle ragioni della propria decisione, sorretta da motivazione congrua, affatto immune da illogicità di sorta, sicuramente contenuta entro i confini della plausibile opinabilità di apprezzamento e valutazione
(v. per tutte: Cass., Sez. I, 5 maggio 1967, n. 624, Maruzzella,
massima n. 105775 e, da ultimo, Cass., Sez. IV, 2 dicembre
2003, n. 4842, Elia, massima n. 229369) e, pertanto, sottratta
a ogni sindacato nella sede del presente scrutinio di legittimità.

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Ricorso n. 35.284/2012 R.G.

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Udienza del 18 settembre 2013

— né il vizio della contraddittorietà della motivazione
che consiste nel concorso (dialetticamente irrisolto) di proposizioni (testuali ovvero extra testuali, contenute in atti del procedimento specificamente indicati dal ricorrente), concernenti
punti decisivi e assolutamente inconciliabili tra loro,
tali che l’affermazione dell’una implichi necessariamente e univocamente la negazione dell’altra e viceversa;
— né il vizio della ill o gicit à m a ni festa che consegue alla
violazione di alcuno degli altri principi della logica formale e/o
dei canoni normativi di valutazione della prova ai sensi
dell’articolo 192 cod. proc. pen., ovvero alla invalidità (o
scorrettezza) dell’argomentazione per carenza di connessione tra le premesse della abduzione o di ogni plausibile nesso di
inferenza tra le stesse e la conclusione (v., per tutte, da ultima:
Sez. Un. n. 20804 del 29/11/2012 — dep. 14/05/13, Aquilina e altri, non massimata sul punto).
Epperò i rilievi, le deduzioni e le doglianze espressi dal ricorrente, benché inscenati sotto la prospettazione di vitia della
motivazione, si sviluppano tutti nell’orbita delle censure di
merito, sicché, consistendo in motivi diversi da quelli consentiti dalla legge con il ricorso per cassazione, sono inammissibili a’
termini dell’articolo 606, comma 3, cod. proc. pen.

3.3

Conseguono il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P. Q. M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali.
Così deciso, il 18 settembre 2013.

Questa Corte non rileva nel tessuto motivazionale del provvedimento impugnato:

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