Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 44907 del 30/10/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 44907 Anno 2013
Presidente: SERPICO FRANCESCO
Relatore: APRILE ERCOLE

SENTENZA

sul ricorso presentato da
Marchisella Luigi, nato a Barletta il 03/11/1971

avverso la sentenza del 07/05/2013 del Tribunale di Trani, sezione distaccata di
Barletta;

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Ercole Aprile;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale Luigi Riello, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO
E CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con la sentenza sopra indicata il Tribunale di Trani, sezione distaccata di
Barletta, disponeva, ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., l’applicazione della
pena di anni uno di reclusione nei confronti di Luigi Marchisella in relazione ai
reati contestatigli, unificati per continuazione, di cui agli artt. 75, comma 2,
d.P.R. n. 159 del 2011, e 116, comma 15, c.d.s. (per essere stato sorpreso, il

Data Udienza: 30/10/2013

20/04/2013, alla guida di un’autovettura senza patente, dopo essere stato
sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica
sicurezza con obbligo di soggiorno), accogliendo la richiesta delle parti che
prevedeva, per il più grave primo delitto, la pena base di anni uno di reclusione,
aumentata di mesi sei di reclusione per la continuazione con il secondo reato
contravvenzionale, ridotta di un terzo per il rito speciale.

2. Avverso tale sentenza ha presentato ricorso l’imputato Marchisella, con atto

violazione di legge, in relazione agli artt. 1, 81, comma 3, e 135 cod. pen., per
avere il Tribunale avallato la richiesta di patteggiamento concordemente
avanzata dalle parti sula base, però, di un calcolo della pena che ha violato il
precetto fissato dal citato art. 81, comma 3, e che ha condotto, così, ad un
risultato finale illegale.

3. Con conclusioni rassegnate per iscritto il 17/07/2013, il Pubblico Ministero,
in persona del Sostituto Procuratore generale Enrico Delehaye, ha chiesto
dichiararsi la inammissibilità del ricorso.

4. Ritiene la Corte che il ricorso sia inammissibile per la manifesta infondatezza
del relativo motivo.
Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di questa Corte, nel
procedimento di applicazione della pena su richiesta delle parti l’accordo si forma
non tanto sulla pena inizialmente indicata e sulle eventuali operazioni con le
quali essa viene determinata, bensì sul risultato finale delle operazioni stesse; ne
deriva che gli eventuali errori di calcolo commessi nel determinare la sanzione
concordata ed applicata dal giudice non assumono alcuna rilevanza, purché il
risultato finale non si traduca in una pena illegale (così Sez. 4, n. 518 del
28/01/2000, Carrello, Rv. 216881; in senso sostanzialmente conforme Sez. 3,
n. 28641 del 28/05/2009, Fontana, Rv. 244582).
Applicando tale regula iuris al caso di specie bisogna prendere atto come il
calcolo della pena, contenuto nella richiesta di patteggiamento recepita nella
sentenza in esame – basato sull’applicazione della disciplina del reato continuato
tra un delitto ed una contravvenzione – non ha condotto ad un risultato finale
contra legem, in quanto l’art. 81, comma 3, cod. pen., nello stabilire che “nei
casi preveduti da questo articolo, la pena non può essere superiore a quella che
sarebbe stata applicabile a norma degli articoli precedenti”, fa rinvio alla
disciplina del cumulo materiale di cui agli artt. 71 e segg. dello stesso codice, e,
in particolare, agli artt. 73, comma 1, e 74 cod. pen. che, fatti salvi i limiti
2

sottoscritto dal suo difensore avv. Nicola Mastropasqua, il quale ha dedotto la

massimi fissati dall’art. 78, stabiliscono che, se più reati in concorso comportano
pene temporanee detentive della stessa specie, si applica una pena unica per un
tempo uguale ala durata complessiva delle pene che si dovrebbero infliggere per
i singoli reati, e, se di specie diversa, si applicano tutte le pene indistintamente e
per intero.
La regola del cumulo materiale, dunque, pone un ‘limite insuperabile’ anche
nel caso di applicazione della disciplina del reato continuato, con la conseguenza
che, laddove sia riconosciuta l’esistenza di un medesimo disegno criminoso cui

fini degli aumenti per la continuazione per i reati satellite e, perciò, della
determinazione della pena finale sulla quale operare la riduzione derivante
dall’instaurazione del rito speciale premiale, i limiti edittali di pena fissati per
ciascuno degli altri reati diversi da quello più grave.
Nel caso di specie tale criterio è stato rispettato, in quanto il Tribunale ha
disposto l’applicazione di una pena finale di un anno di reclusione, accogliendo la
richiesta di patteggiamento che prevedeva la pena base di un anno di reclusione
per il più grave delitto di cui all’art. 73, comma 2, d.P.R. n. 159 del 2011, ed
aumentato, per continuazione, la pena di mesi di reclusione in relazione al reato
contravvenzionale di cui all’art. 116, comma 15, c.d.s., che, nella ipotesi di guida
con patente revocata, prevede la pena dell’arresto fino ad un anno.

3. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art.
616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento in favore dell’erario
delle spese del presente procedimento ed al pagamento in favore della cassa
delle ammende di una somma, che si stima equo fissare nell’importo indicato nel
dispositivo che segue.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa delle
ammende.
Così deciso il 30/10/2013

ascrivere uno o più delitti ed una o più contravvenzioni, si deve considerare, ai

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