Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4485 del 12/06/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 4485 Anno 2014
Presidente: ZAMPETTI UMBERTO
Relatore: TARDIO ANGELA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
RIZZO SALVATORE N. IL 25/04/1976
avverso l’ordinanza n. 15/2012 GIP TRIBUNALE di LAGONEGRO,
del 14/06/2012

dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANGELA TARDIO;

Data Udienza: 12/06/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 14 giugno 2012 il G.i.p. del Tribunale di Lagonegro, in
funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’istanza avanzata da Rizzo
Salvatore, in atto detenuto presso la Casa circondariale di Sala Consilina, volta al
riconoscimento del vincolo della continuazione tra i reati giudicati con le sentenze
indicate nella richiesta e riportate nella epigrafe della stessa ordinanza, avuto

ascritte a un originario e unitario disegno criminoso.
2.

Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione

personalmente l’interessato, che ha chiesto il riconoscimento del vincolo della
continuazione ai sensi degli artt. 81 cod. pen. e 671 cod. proc. pen.
3. In esito al preliminare esame presidenziale, il ricorso è stato rimesso a
questa Sezione per la decisione in camera di consiglio ai sensi degli artt. 591,
comma 1, e 606, comma 3, cod. proc. pen.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è manifestamente infondato.
1.1. La nozione di continuazione, delineata nell’art. 81, comma 2, cod. pen.,
richiede che i fatti siano riferibili a un “medesimo”, dunque originario, disegno
criminoso.
Detta unicità di disegno, necessaria per il riconoscimento della continuazione
in fase di cognizione e in fase esecutiva, non può identificarsi con la generale
tendenza a porre in essere determinati reati o comunque con una scelta di vita
che implica la reiterazione di determinate condotte criminose. Occorre, invece,
che si abbia una iniziale programmazione e deliberazione di compiere una
pluralità di reati, che possono essere anche non dettagliatamente ab origine
progettati e organizzati, purché siano almeno in linea generale previsti in
funzione di “adattamento” alle eventualità del caso, come mezzo al
conseguimento di un unico fine, prefissato e sufficientemente specifico.
1.2. Nella specie, il Giudice dell’esecuzione, che ha preso in considerazione i
reati, cui il ricorrente ha riferito la sua richiesta di unificazione, e i dati di fatto
tratti dalle sentenze in atti, ha logicamente e ragionevolmente ritenuto la non
riconducibilità delle condotte illecite a un medesimo disegno criminoso esistente
sin dal momento in cui è stato commesso il primo reato, valorizzando la natura,
l’epoca (tra il 1999 e il 2010) e le modalità di commissione dei reati giudicati.
1.3. Le linee argomentative dell’ordinanza, congrue sul piano logico e
corrette in diritto, resistono alle censure formulate dal ricorrente, che si risolvono
2

riguardo alla mancanza di elementi probativi della riconducibilità delle condotte

nella generica considerazione, non correlata alle ragioni della decisione, della non
autonoma sufficienza della notevole distanza temporale tra i reati per escludere
la identità del disegno criminoso.
2. Il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile, con condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché – valutato il
contenuto del ricorso e in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella
determinazione della causa d’inammissibilità – al versamento della somma,

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 12 giugno 2013

Il Consigliere estensore

Il Presidente

ritenuta congrua, di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

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