Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 44843 del 24/09/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 44843 Anno 2013
Presidente: DUBOLINO PIETRO
Relatore: BRUNO PAOLO ANTONIO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da

MONTALBANO Paolo, nato a Palermo il 15.12.1964,

avverso la sentenza del Tribunale di Termini-Imerese-sezione distaccta di Corleone
del 03/4/2012;

visti gli atti, la sentenza impugnata ed i ricorsi;
udita la relazione del consigliere dr. Paolo Antonio BRUNO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale, Francesco
Salzano, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
sentito, altresì, l’avv. Fabio Milazzo, che, nell’interesse del Montalbano, ha chiesto,
invece, l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

/. Paolo Montalbano era chiamato a rispondere, innanzi al Giudice di pace di
Piana degli Albanesi, del reato di cui all’art. 582 cod. pen. perché, colpendolo con
calci e pugni, cagionava a Lanzo Cosimo lesioni personali consistiti in “trauma

Data Udienza: 24/09/2013

cranico cervicale non commotivo-emitorace dx-regione sacrale-escoriazioni multiple,
dalle quali derivava una malattia con prognosi di gg. 7”.
Con sentenza de109/02/2010, il Giudice di pace mandava assolto l’imputato dal
reato a lui ascritto con formula ampiamente liberatoria.
A seguito di ricorso per cassazione del PM e di contestuale appello della parte
civile e di appello incidentale dell’imputato, questa Corte Suprema, convertiva in
appello il ricorso per cassazione , ai sensi dell’art. 580 cod. proc. pen.

il giudice territoriale, con la sentenza indicata in epigrafe, riformava l’impugnata
pronuncia, dichiarando l’imputato colpevole del reato a lui ascritto in rubrica e, per
l’effetto, lo condannava alla pena di C 1500,00 di multa nonché al risarcimento del
danno in favore delle costituite parti civili, in qualità di eredi del defunto Lanzo
Cosimo, liquidati nella misura di C 6000,00 oltre consequenziali statuizioni.

2. Avverso l’anzidetta pronuncia il difensore dell’imputato avv. Fabio Milazzo
ha proposto ricorso per cassazione, affidato alle ragioni di censura indicate in parte
motiva.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con unico motivo d’impugnazione, il ricorrente deduce violazione dell’art.
52, comma 2, cod. pen. in riferimento all’art. 606 lett. b) ed e) del codice di rito. Si
duole, in particolare, che sia stata negata l’esimente della legittima difesa,
nonostante fosse stato accertato che la persona offesa si era, arbitrariamente,
introdotta nella proprietà Montalbano dopo aver reciso un tratto della recinzione,
pretendendo di esercitare un diritto di servitù di passaggio a carico del fondo dello
stesso imputato. Alla stregua della nuova formulazione dell’art. 52 cod. pen., che
consente, persino, l’uso di armi per reagire alla violazione della proprietà privata, il
fatto in questione – caratterizzato da reazione per così dire a mani nude

avrebbe

dovuto ritenersi parimenti scriminato.

2. Il ricorso è destituito di fondamento.
Non merita, infatti, censura di sorta il costrutto argomentativo del giudice a quo
che, con motivazione logica e pertinente, ha escluso che, nel caso di specie, fossero
ravvisabili i presupposti giustificativi della legittima difesa, sia pure nella nuova
configurazione introdotta dall’art. 1 della I. 13 febbraio 2006, n. 59, in materia di
diritto all’autotutela in privato domicilio.
Ed infatti, anche a ritenere per certo che il terreno in cui è avvenuto il fatto
fosse pertinenza di un’abitazione – dunque, riconducibile all’alveo dei luoghi protetti
previsti dalla novella – il Tribunale, con insindacabile apprezzamento di merito, tale
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Rimessi gli atti al Tribunale di Termini Imerese-sezione distaccata di Corleone,

in quanto motivatamente espresso, ha escluso che, pur nella logica del nuovo
disposto normativo, richiamato dal difensore, ricorressero le ineludibili condizioni
della non desistenza e dell’attualità del pericolo di pregiudizio per l’incolumità fisica
propria od altrui.
L’aporia segnalata dallo stesso difensore all’odierna udienza – con riferimento
alla parte della motivazione in cui si assume che il Lanzo non aveva armi o
strumenti atti ad offendere, in rapporto alla successiva affermazione che egli fosse

utilizzabili come arma impropria – è solo apparente alla luce della chiara intenzione
del giudice di appello di escludere che il comportamento dello stesso Lanzo
lasciasse trasparire la volontà di aggredire il Montalbano, non risultando in atti
alcunché che consentisse di ipotizzare, sia pure in chiave putativa, un siffatto
intendimento.
A dipanare ogni dubbio al riguardo è sufficiente il richiamo alla complessiva
ricostruzione della vicenda, che ha visto il Lanzo introdursi, clandestinamente, nella
proprietà del Montalbano, dopo aver reciso, con gli attrezzi in suo possesso, un
tratto della recinzione. Incontestato – e, dunque, certo – è che egli, ciò facendo,
intendesse esercitare un preteso diritto di servitù di passaggio sul fondo dell’odierno
ricorrente. Dalle riferite dichiarazioni dibattimentali dello stesso imputato è, poi,
emerso che questi aveva affrontato l’intruso, invitandolo ad allontanarsi, dopo avere
chiamato i Carabinieri per telefono; e che il Lanzo dopo aver raccolto i suoi attrezzi,
aderendo evidentemente all’invito, stava per allontanarsi, ricevendo nondimeno
spintoni ed anche pugni e calci, che gli procuravano le lesioni descritte in rubrica.
Se così è, balza evidente – sulla base dell’incontestata versione dei fatti ritenuta in
sentenza – che tra la sorpresa dell’intruso e l’aggressione fisica dello stesso vi è
stato uno iato, rappresentato dalle verbali contestazioni e dal tempo occorrente per
la telefonata ai Carabinieri. Ed allora, mancava, eo ispo, il requisito dell’attualità del
pericolo di aggressione, che pertanto è stato, correttamente, escluso dal giudice di
merito. E faceva, altresì, difetto l’altro requisito della mancata desistenza, posto che
il Lanzo dopo aver raccolto i suoi attrezzi (che, evidentemente, non teneva in
mano), stava per allontanarsi.
L’attualità del pericolo di pregiudizio all’incolumità fisica di chi reagisca con
violenza all’indebita, altrui, intrusione è presupposto ineludibile ai fini
dell’applicabilità della scriminante della legittima difesa anche nella nuova
configurazione normativa, la cui ratio non è certamente quella di legittimare,
indiscriminatamente, il ricorso all’uso delle armi o, comunque, alla violenza fisica,
per il solo fatto della violazione degli spazi privati, la cui tutela, peraltro,
l’ordinamento giuridico già riserva all’esercizio delle ordinarie azioni civilistiche,
possessorie e petitorie. È necessario, invece, che vi sia in concreto “pericolo
d’aggressione”, da interpretare non già come paventato, attuale, pregiudizio per

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i

in possesso degli attrezzi usati per il taglio della recinzione, ipoteticamente

beni propri od altrui, giacché, se così fosse, il requisito sarebbe tautologico, siccome
inutilmente ripetitivo di condizione già insita nell’abusiva introduzione nell’altrui
proprietà, ma come paventato, attuale, pregiudizio per l’incolumità della persona, il
cui accertamento è demandato alla prudente valutazione discrezionale del giudice
(cfr. sulla “necessità della difesa”, Cass. Sez. 5, n. 25653 del 14/05/2008, Rv.
240447).
D’altronde, non è revocabile in dubbio che il complessivo giudizio sull’esistenza

rapportato alle peculiarità della fattispecie concreta, secondo una valutazione
relativistica, rimessa al prudente apprezzamento del giudice di merito, cui spetta
esaminare, oltre che le modalità del singolo episodio in se considerato, anche tutti
gli elementi fattuali antecedenti all’azione che possano aver avuto concreta
incidenza sull’insorgenza dell’erroneo convincimento di dover difendere sé o altri da
un’ingiusta aggressione, senza tuttavia che possano considerarsi sufficienti gli stati
d’animo e i timori personali (cfr. Cass. Sez. 1, n. 13370 del 05/03/2013 Rv.
255268); considerato che l’art. 1 della I. 13.3.2006, n. 59, si è limitato ad
introdurre, per l’ipotesi della violazione degli spazi protetti, di cui ai commi secondo
e terzo dell’art. 52, la sola tipizzazione del requisito della proporzionalità, attraverso
la previsione di una presunzione non già assoluta, ma relativa, fermi restando i
presupposti dell’attualità dell’offesa e dell’inevitabilità dell’uso dell’arma come
mezzo di difesa della propria e dell’altrui incolumità (così Cass. Sez. 1, n. 23221 del
27/05/2010, Rv. 247571; id. Sez. 1, n. 16677 del 08/03/2007 Rv. 236502; id. Sez.
1, n. 12466 del 21/02/2007, Rv. 236217).
Anche in relazione alla nuova fattispecie normativa si richiede, quindi, una
valutazione squisitamente di fatto, che sfugge al sindacato di legittimità ove
assistita, come nel caso di specie, da giustificazione adeguata e plausibile.

3. Per quanto precede, il ricorso deve essere rigettato con le conseguenziali
statuizioni espresse in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 24/09/2013

della scriminante in parola, anche nella nuova formulazione normativa, deve essere

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