Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 44841 del 24/09/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 44841 Anno 2013
Presidente: DUBOLINO PIETRO
Relatore: PISTORELLI LUCA

SENTENZA

sul ricorso proposto dal difensore di:
Flagiello Giovanni, nato a Sant’Antimo, il 22/5/1961;
Verde Pasquale, nato a Sant’Antimo, il 10/6/1958;
Puca Vincenzo, nato ad Aversa, il 30/12/1986;

Data Udienza: 24/09/2013

avverso la sentenza del 24/9/2012 della Corte d’appello di Torino;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Luca Pistorelli;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.
Francesco Salzano, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza del 24 settembre 2012 la Corte d’appello di Torino confermava la
condanna alle pene di giustizia di Flagiello Giovanni, Verde Pasquale e Puca Vincenzo

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per il reato di furto pluriaggravato in concorso ad oggetto un elevato numero di
bottiglie di spumante sottratte nei locali di un supermercato.
2. Avverso la sentenza ricorrono gli imputati a mezzo del comune difensore articolando
due motivi. Con il primo deducono l’errata qualificazione giuridica dei fatti come furto
aggravato dal mezzo fraudolento e dal numero degli autori, rilevando come più
correttamente gli stessi avrebbero dovuto essere ricondotti all’alveo della fattispecie di
truffa. Con il secondo lamentano invece il mancato riconoscimento della prevalenza

senso il valore assorbente dell’intervenuta confessione da parte di tutti e tre gli
imputati.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è inammissibile in quanto assolutamente generico e manifestamente
infondato.
1.1 Quanto al primo motivo va infatti ribadito come sia inammissibile il ricorso per
cassazione quando, limitandosi a riprodurre le censure dedotte in appello, manchi
l’indicazione della correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e
quelle poste a fondamento dell’atto d’impugnazione, che non può ignorare le
affermazioni del provvedimento censurato (Sez. 6, n. 8700 del 21 gennaio 2013,
Leonardo e altri, Rv. 254584; Sez. 2, n. 19951 del 15 maggio 2008, Lo Piccolo, Rv.
240109; Sez. 1 n. 39598 del 30 settembre 2004, Burzotta, Rv. 230634).
1.2 In tal senso la sentenza impugnata ha puntualmente e diffusamente argomentato
sulla qualificazione giuridica del fatto accolta sin dal primo grado di giudizio,
evidenziando gli elementi che imponevano di sussumere la fattispecie contestata nello
schema del furto pluriaggravato e non in quello della truffa, come suggerito dalla
difesa. Argomentazioni con le quali il ricorso ha omesso di confrontarsi riproponendo in
maniera apodittica la propria tesi, la quale è peraltro destituita di qualsiasi fondamento,
atteso che, come correttamente rilevato dalla Corte territoriale, la frode perpetrata nei
confronti della cassiera è servita semplicemente a distrarla onde consentire al Puca di
transitare per le casse con la refurtiva eludendo il suo controllo e dunque in alcun modo
può ritenersi che l’impossessamento dei beni sottratti sia avvenuto con la
collaborazione del soggetto passivo, come invece necessario per la sussistenza del
delitto di truffa (ex multis Sez. 5, n. 16315 del 14 febbraio 2006, Jacovitti, Rv.
234425).

2. Anche le doglianze relative all’esito del giudizio di equivalenza si rivelano generiche,
in quanto meramente assertive e non correlate all’ampia motivazione offerta dalla
sentenza impugnata sulle ragioni che giustificavano la valutazione di mera equivalenza

delle pur concesse attenuanti generiche sulle contestate aggravanti, rilevando in tal

delle attenuanti generiche. In particolare la Corte territoriale ha spiegato, in maniera
logica e coerente alle risultanze processuali, perché alla confessione resa dagli imputati
non potesse attribuirsi valenza tale da annullare il giudizio negativo sull’oggettiva
gravità del fatto contestato. Spiegazione che ancora una volta i ricorrenti non hanno
saputo confutare.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue ai sensi dell’art. 616 c.p.p. la
condanna dei ricorrenti al pagamento ciascuno delle spese processuali e al versamento

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di euro 1.000 in favore della Cassa
delle Ammende.
Così deciso il 24/9[2O-1-3-Il Consigliere stenso(é

della somma, ritenuta congrua, di euro mille alla cassa delle ammende.

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