Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 44837 del 22/10/2015


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 44837 Anno 2015
Presidente: ROMIS VINCENZO
Relatore: PICCIALLI PATRIZIA

Data Udienza: 22/10/2015

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CERAUDO GIUSEPPE N. IL 01/04/1983
avverso l’ordinanza n. 646/2014 TRIB. LIBERTA’ di CATANZARO,
del 04/12/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PATRIZIA PICCIALLI;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

A

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Udig fensor Avv.; t3
Orsi- A-e_

3

U1A-e V1-42 Cst..)

Ritenuto in fatto

CERAUDO Giuseppe ricorre avverso l’ordinanza di cui in epigrafe con cui il tribunale ha
parzialmente accolto l’appello cautelare proposto dal PM nei confronti dell’ordinanza con
la quale il GIP aveva rigettata la richiesta di applicazione di misura cautelare in carcere
nei suoi confronti, per l’effetto applicandogliela limitatamente alle ipotesi delittuose

Sul punto, il Tribunale, dopo avere premesso tra l’altro che dovevano dichiararsi
inammissibili le censure articolate dal PM impugnante in modo generico e aspecifico,
attraverso un generico richiamo per relationem agli argomenti addotti a fondamento
della originaria richiesta cautelare, nel rigettare e/o dichiarare inammibbili la maggior
parte delle censure, riteneva di dover accogliere l’impugnazione appunto limitatamente
alle succitate contestazioni.

A supporto, riteneva di non poter condividere la valutazione del GIP, valorizzando in
senso contrario una serie di elementi che, rispetto alle condotte estorsive riconducibili a
esponenti della mafia locale, consentivano di ravvisare il coinvolgimento soggettivo
dell’indagato [le sit rese da un soggetto che aveva subito l’incendio della propria
autovettura, che aveva riferito del comportamento “minaccioso” dell’indagato in un
contesto temporale prossimo, i rapporti parentali dell’indagato con esponenti della mafia
locale, lettura degli esiti di conversazioni intercettate, presenza dell’indagato attraverso
l’utilizzo del suo cellulare in un episodio di commercializzazione delle castagne, oggetto
della contestata attività incriminata] e, inoltre, con specifico riferimento alla contestata
partecipazione all’associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacente [capo E]
una serie di conversazioni intercettate, lette in termini compatibili con il riconosciuto ruolo
strutturale svolto dal prevenuto.

Con il ricorso, con il primo motivo, si evoca il tema dell’inammissibilità dell’appello, per
genericità.
Con il secondo motivo si contesta l’apprezzamento del compendio indiziario, che, al
contrario, avrebbe dovuto condurre a ritenere l’estraneità del prevenuto ai fatti
contestati. Sotto quest’ultimo profilo, il gravame è articolato prospettando l’illogicità
della decisione, per quanto attiene alla condotta estorsiva, vuoi rileggendo in termini
diversi le sit rese dalla vittima dell’incendio, vuoi valorizzando le diverse conclusioni
assunte dal Tribunale rispetto a coindagato.
Con il terzo motivo,

con specifico riguardo all’ipotesi associativa, si censura la

motivazione proponendo a supporto gli argomenti di segno contrario sviluppati dal

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contestategli ai capi B3), B4), B5) e E).

Tribunale rispetto ad altro coindagato, la cui posizione si considera inscindibilmente
legata a quella del ricorrente.

All’odierna udienza il difensore dell’imputato ha depositato l’ordinanza in data 20 maggio
2015 con la quale il GIP del Tribunale di Catanzaro ha dichiarato la perdita di efficacia
della misura cautelare degli arresti domiciliari applicata nei confronti del Ceraudo con
riferimento ai reati di cui all’art. 416 bis c.p.( capo A) e agli artt. 629 c.p. e 7 legge n.

203/91 ( capo B7).

Considerato in diritto

Il ricorso è infondato.

Quanto al motivo processuale, lo stesso Tribunale ha correttamente affrontate la
tematica della compiutezza e/o, per converso / genericità dell’appello[tanto che per alcuni
reati l’impugnazione è stata dichiarata inammissibile].

Ciò è stato fatto in ossequio al principio pacifico secondo cui l’ appello del PM avverso
ordinanza di rigetto di misura cautelare, motivato con il mero richiamo al contenuto della
originaria richiesta cautelare, è inammissibile perchè non soddisfa i requisiti di specificità
tranne che nel caso in cui, per motivi formali ritenuti assorbenti o per l’apoditticità della
decisione del GIP, sia mancata qualsiasi valutazione della richiesta medesima (Sezione
VI, 7 novembre 2013, Clema, rv. 257772).

Risulta peraltro evidente dalla motivazione della decisione che questa, limitatamente al
punto di interesse, si è proprio basata su una censura sviluppata rispetto ad una
argomentazione del GIP elusiva e non coerente rispetto alla richiesta cautelare, sì da
derivarne il pieno rispetto di detto principio.

Quanto al compendio indiziario, anche con riferimento a decisione adottata dal Tribunale
in sede di appello, vale il principio secondo cui il ricorso per cassazione è ammissibile
soltanto se denuncia la violazione di specifiche norme di legge, ovvero la manifesta
illogicità della motivazione del provvedimento secondo i canoni della logica ed i principi di
diritto, ma non anche quando propone censure che riguardino la ricostruzione dei fatti
ovvero si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di
merito. In questa prospettiva, alla Corte spetta solo il compito di verificare, in relazione
alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, se il
giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad
affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato e di controllare la
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congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto
ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle
risultanze probatorie. Tale controllo di logicità, comunque, deve rimanere “interno” al
provvedimento impugnato, non essendo possibile procedere ad una nuova o diversa
valutazione degli elementi indizianti o ad un diverso esame degli elementi materiali e
fattuali delle vicende indagate (Sezione III, 2 dicembre 2014, Castorina).

Ciò che qui risulta, a fronte di motivazione esauriente, che ha letto in modo non illogico

indiziario grave per alcuni degli addebiti.

E questo il Tribunale ha fatto senza incorrere in violazioni di norme, rientrando nella
competenza del giudice di merito quella di interpretare sia il contenuto delle dichiarazioni
testimoniali, che quello delle intercettazioni, senza che qui si possa sostituire una rilettura
da parte della Corte.

Rilettura tanto più impraticabile ove si consideri che l’argomento principale posto a base
del gravame è essenzialmente quello del diverso apprezzamento sviluppato a proposito di
coindagato. E’ operazione logica impraticabile anche tenuto conto dei limitati spazi di
conoscenza che sono qui attribuiti alla Corte di cassazione, che non può certo procedere
ad una disamina del compendio indiziario sviluppato nei confronti di soggetti estranei al
presente giudizio.

Vale precisare, infine, che la documentazione prodotta dal difensore all’odierna udienza
non è immediatamente conferente non riguardando l’ordinanza del 20 maggio 2015 i
reati oggetto del provvedimento impugnato.

Al rigetto del ricorso consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti ex art. 92 disp. att.
c.p.p.

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gli elementi fattuali valorizzati a supporto della ravvisata sussistenza di compendio

P. Q. M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmessoval competente
Tribunale Distrettuale del riesame perché provveda a quanto stabilito dall’art. 92 disp. att.
c.p.p.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti a mezzo fax.

Il Consigliere estensore

Il Presidente

Così deciso in data 22 ottobre 2015

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