Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 44827 del 17/09/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 44827 Anno 2013
Presidente: BEVERE ANTONIO
Relatore: MICHELI PAOLO

SENTENZA

sul ricorso proposto nell’interesse di
Bastianini Paolo, nato a Foligno il 16/07/1973

avverso la sentenza emessa il 01/12/2010 dal Tribunale di Perugia, sezione
distaccata di Foligno

visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Paolo Micheli;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.
Edoardo Scardaccione, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del
ricorso;
udito per il ricorrente l’Avv. Leonardo Fava, che ha concluso chiedendo
l’accoglimento del ricorso e l’annullamento della sentenza impugnata, in
subordine associandosi alle richieste del P.g.

RITENUTO IN FATTO

Data Udienza: 17/09/2013

Il difensore di Paolo Bastianini ricorre avverso la sentenza indicata in
epigrafe, recante la parziale riforma della condanna dell’imputato alla pena di
euro 1.500,00 di multa (per i delitti di ingiuria, minaccia e danneggiamento, in
ipotesi commessi in danno di Fulvio Rosi), di cui alla pronuncia del Giudice di
pace di Foligno in data 18/07/2008. Il Tribunale assolveva invece l’imputato
quanto al reato di cui all’art. 594 cod. pen., escludendo la valenza offensiva della
frase contestata in rubrica, e conseguentemente rideterminando la pena in euro
1.400,00 di multa.

violazione dell’art. 192, comma 3, cod. proc. pen., nella parte in cui il
Tribunale dà atto che il giudizio di attendibilità della persona offesa
dovrebbe ricavarsi dalla precisione e linearità delle sue dichiarazioni,
collimanti con le ulteriori acquisizioni istruttorie; al contrario, secondo la
difesa, gli altri testimoni indotti dal P.M. avevano deposto solo sul
presunto danneggiamento della vetrina del bar del Rosi (ad opera di uno
scooterista, comunque non riconosciuto da alcuno), condotta certamente
distinta e svoltasi in altro luogo rispetto ai fatti oggetto della dichiarazione
di penale responsabilità ex art. 612 cod. pen., che lo stesso Rosi aveva
sostenuto essersi verificati presso la sua abitazione. La genericità delle
asserzioni dei suddetti dichiaranti, da ritenere inidonee a far pervenire ad
una compiuta identificazione del Bastianini come autore materiale del
danneggiamento, viene ribadita dal ricorrente riportando il contenuto
essenziale delle varie testimonianze intervenute all’udienza
dell’11/07/2008: in proposito, il difensore dell’imputato deduce un
travisamento della prova in cui sarebbe incorso il giudicante in ordine alla
testimonianza di Nello Gambacorta, il quale sostenne fin dall’inizio di
essere consapevole che qualcuno aveva dato un calcio od una botta alla
vetrina del bar, aggiungendo però – contrariamente a quanto ritenuto in
sentenza, dove si indica il Gambacorta come soggetto che aveva
riconosciuto il Bastianini, segnalando la circostanza ad un vigile urbano di non aver visto l’autore della condotta
mancanza della motivazione in punto di statuizioni civili, avendo il giudice
di secondo grado apoditticamente affermato che la somma liquidata alla
parte civile risultava proporzionata al danno, a dispetto della specifica
doglianza mossa con l’atto di appello.

CONSIDERATO IN DIRITTO

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Il ricorrente lamenta:

1. Il ricorso deve qualificarsi inammissibile.
1.1 Deve rilevarsi che il ricorrente mira a sottoporre al giudizio di legittimità
aspetti che riguardano la ricostruzione del fatto e l’apprezzamento del materiale
probatorio, da riservare alla esclusiva competenza del giudice di merito e già
adeguatamente valutati sia in primo che in secondo grado.
Alla Corte di Cassazione deve ritenersi preclusa la rilettura degli elementi di
fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di
nuovi o diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, ritenuti

giudice di legittimità soltanto controllare se la motivazione della sentenza di
merito sia intrinsecamente razionale e capace di rappresentare e spiegare l’iter
logico seguito. Quindi non possono avere rilevanza le censure che si limitano ad
offrire una lettura alternativa delle risultanze probatorie, e la verifica della
correttezza e completezza della motivazione non può essere confusa con una
nuova valutazione delle risultanze acquisite: la Corte, infatti, «non deve
accertare se la decisione di merito propone la migliore ricostruzione dei fatti, né
deve condividerne la giustificazione, ma limitarsi a verificare se questa
giustificazione sia compatibile con il senso comune e con i limiti di una plausibile
opinabilità di apprezzamento» (v., ex plurimis, Cass., Sez. IV, n. 4842 del
02/12/2003, Elia).
Né i parametri di valutazione possono dirsi mutati per effetto delle modifiche
apportate all’art. 606 cod. proc. pen. con la legge n. 46 del 2006, essendo stato
affermato e più volte ribadito che anche all’esito della suddetta riforma «gli
aspetti del giudizio che consistono nella valutazione e nell’apprezzamento del
significato degli elementi acquisiti attengono interamente al merito e non sono
rilevanti nel giudizio di legittimità se non quando risulti viziato il discorso
giustificativo sulla loro capacità dimostrativa e […], pertanto, restano
inammissibili, in sede di legittimità, le censure che siano nella sostanza rivolte a
sollecitare soltanto una rivalutazione del risultato probatorio» (Cass., Sez. V, n.
8094 dell’11/01/2007, Ienco, Rv 236540).
Nella fattispecie, il ricorrente si sofferma sulla valutazione compiuta dal
giudice di appello in ordine alla credibilità degli assunti del denunciante,
rappresentando che i testimoni indifferenti, escussi nel corso del dibattimento,
non avrebbero comunque riferito alcunché sulla minaccia realizzata dal Bastianini
in danno del Rosi; inoltre, nessuno fra costoro avrebbe in concreto riconosciuto
l’imputato come autore del danneggiamento della vetrina del bar. Si tratta,
all’evidenza, di censure in fatto, che si rivelano financo manifestamente
infondate laddove non tengono conto che:

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maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa, dovendo il

- il Tribunale risulta avere riconosciuto intrinseca linearità e congruenza alle
dichiarazioni del Rosi, e sul punto la difesa dell’imputato non ha dedotto
argomenti contrari;
– è pacifico che al momento della minaccia non vi fossero testimoni oculari,
perciò è del tutto ragionevole che la credibilità della persona offesa, in parte qua,
venga ricavata dagli elementi che convergono nell’individuare nel Bastianini il
responsabile del danneggiamento realizzato immediatamente prima (tanto più
che il giudice di appello sottolinea la logica successione degli accadimenti, con

non avendo trovato il Rosi presso l’esercizio, e quindi si portò presso l’abitazione
di quest’ultimo aggredendolo a parole);
– tutt’altro che illogica (anzi, ineccepibile) è la sintesi degli elementi di gravità
indiziaria a carico del Bastianini, compiuta dal Tribunale quanto al delitto ex art.
635 cod. pen., anche non tenendo conto del contributo del Gambacorta: il
giudice di appello ne evidenzia non a caso la palese ritrosia a confermare di
avere segnalato ai vigili l’autore di quel gesto, rappresentando al contempo la
decisività del particolare del controllo del Bastianini da parte della stessa Polizia
Municipale di lì a pochissimi minuti (con l’imputato che non si era neppure
fermato all’alt).
1.2 Manifestamente infondata appare altresì la censura del ricorrente in
ordine all’indicazione del quantum del danno subito dal Rosi: il Tribunale ha
opportunamente affermato che la somma liquidata dal Giudice di pace appariva
«proporzionata in relazione ai presumibili costi di sostituzione della serranda
danneggiata», motivazione del tutto adeguata rispetto al profilo di doglianza
spiegato nell’atto di appello, dove la difesa si limitava a segnalare che la parte
civile aveva depositato un preventivo per una riparazione da compiere, e non già
una fattura a riparazione avvenuta.
Non è possibile prendere atto della prescrizione dei reati

de quibus

(sopravvenuta il 30/05/2012), giacché per pacifica giurisprudenza di questa
Corte un ricorso per Cassazione inammissibile, vuoi per manifesta infondatezza
dei motivi vuoi per altra ragione, «non consente il formarsi di un valido rapporto
di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le
cause di non punibilità a norma dell’art. 129 cod. proc. pen.» (Cass., Sez. U, n.
32 del 22/11/2000, De Luca, Rv 217266, relativa appunto ad una fattispecie in
cui la prescrizione del reato era maturata successivamente alla sentenza
impugnata con il ricorso; v. anche, negli stessi termini, Cass., Sez. IV, n. 18641
del 20/01/2004, Tricorni).

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l’imputato che prima sfogò il suo atteggiamento violento contro la vetrina del bar

2. Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., segue la condanna del Bastianini al
pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi profili di colpa
nella determinazione della causa di inammissibilità, in quanto riconducibile alla
volontà del ricorrente (v. Corte Cost., sent. n. 186 del 13/06/2000) – al
pagamento in favore della Cassa delle Ammende della somma di € 1.000,00,
così equitativamente stabilita in ragione dei motivi dedotti.

Dichiara inammissibile il ricorso, e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di € 1.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.

Così deciso il 17/09/2013.

P. Q. M.

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