Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 44820 del 17/09/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 44820 Anno 2013
Presidente: BEVERE ANTONIO
Relatore: BRUNO PAOLO ANTONIO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da

PARIS Massimo, nato a Roma il 06/02/1964

avverso la sentenza del Tribunale di Roma del 15/10/2012;

visti gli atti, la sentenza impugnata ed il ricorso;
udita la relazione del consigliere dr. Paolo Antonio BRUNO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Eduardo
Scardaccione, che ha chiesto l’annullamento senza rinvio per prescrizione;
sentito, altresì, l’avv. Francesco Missori, difensore della parte civile, che ha chiesto
la conferma della sentenza impugnata.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza indicata in epigrafe il Tribunale di Roma confermava la
sentenza del 31/01/2012 con la quale Giudice di pace di questa stessa città aveva
dichiarato Massimo Paris colpevole dei seguenti reati:

Data Udienza: 17/09/2013

a)

ai sensi dell’art. 582 cod. pen. perché, colpendolo violentemente al collo,

cagionava a Di Consiglio Alberto una contusione facciale, con il coinvolgimento della
piramide nasale e della regione occipitale nonché la distorsione del rachide
cervicale, lesioni personali guaribili in gg. 5, come da referto del pronto soccorso
indicato tra le fonti di prova;
b) ai sensi dell’art. 612 cod. pen. perché prospettava a Di Consiglio Alberto un
male ingiusto, pronunciando le seguenti espressioni “adesso mi hai rotto il cazzo, vi
“Se mi denunci e mi mandi le guardie ti vengo a cercare ti ammazzo”

e, per l’effetto, l’aveva condannato alla pena di C in 450,00 di multa nonché al
risarcimento dei danni in favore della persona offesa, costituitasi parte civile,
liquidati in C 500,00.

2. Avverso la pronuncia anzidetta il difensore dell’imputato, avv. Sandro
D’Aloisi, ha proposto ricorso per cassazione affidato alle ragioni di censura indicate
in parte motiva.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con unico motivo d’impugnazione, il ricorrente eccepisce nullità della
sentenza per violazione od erronea applicazione della legge penale, ai sensi
dell’art. 606 lett. b) cod. proc. pen., in relazione agli artt. 157 e 159 cod. pen.
Deduce, al riguardo, che, con apposito motivo di gravame, era stata eccepita
l’intervenuta prescrizione. Tale istanza era stata, però, disattesa dal Tribunale sul
rilievo che al termine massimo di prescrizione, pari ad anni sette e mesi sei,
dovesse sommarsi un periodo di sospensione per complessivi mesi dieci e giorni
nove, a seguito di rinvii dell’udienza del 10 e del 25 maggio 2010 a causa della
mancata traduzione dell’imputato detenuto. A dire del ricorrente, la sentenza era
viziata nella parte in cui aveva omesso di considerare che il Giudice di pace, nel
disporre il rinvio per mancata traduzione dell’imputato, aveva omesso di specificare
con apposito provvedimento la sospensione del termine prescrizionale. Peraltro, la
mancata traduzione non avrebbe potuto considerarsi legittimo impedimento
dell’imputato detenuto, ma era circostanza addebitabile alla negligenza dell’ufficio
che non aveva provveduto ad inviare al carcere la richiesta di traduzione. Inoltre, a
tutto concedere, anche nel caso di ritenuta legittimità della sospensione del decorso
del termine prescrizionale, la detta sospensione, ai sensi dell’art. 159 cod. pen., non
poteva essere superiore ai giorni sessanta; di talché il reato era, comunque,
prescritto.
Con il secondo motivo si eccepisce nullità della sentenza, ai sensi dell’art. 606
lett. b) in relazione all’art. 336 cod. proc. pen., con riferimento al mancato rilievo
dell’improcedibilità dell’azione penale per difetto delle condizioni di legge, giacché la

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ammazzo”

persona offesa non aveva mai espresso la sua volontà di perseguire penalmente
l’imputato, limitandosi ad esporre quanto accaduto all’autorità competente. Era
mancata, dunque, l’espressione di volontà chiara ed univoca, ritenuta necessaria
dal prevalente orientamento della giurisprudenza di legittimità.

2. La seconda censura, da esaminare preliminarmente per il suo carattere

potenzialmente pregiudiziale, afferendo a questione relativa a condizione di

il rilievo del giudice a quo che ha rilevato come la volontà punitiva del querelante
fosse stata chiaramente manifestata nel verbale di ricezione dell’atto querelatorio, a
cura della polizia giudiziaria.
E’ invece fondato il primo motivo che lamenta il mancato rilievo della
prescrizione. Al riguardo, non è revocabile in dubbio l’errore di valutazione del
Tribunale, che, nel rigettare identica eccezione difensiva espressa nei motivi di
gravame, aveva computato nei periodi di sospensione anche il rinvio delle udienze
per mancata traduzione dell’imputato detenuto per altra causa, indebitamente
equiparando, dunque, rinvii imputabili ad inefficienze dell’ufficio alle ragioni di
legittimo impedimento delle parti o dei loro difensori o ad altro motivo di
sospensione previsto dall’art. 159 cod. pen. Pertanto, detratto dal computo del
giudice di merito il periodo di mesi dieci e giorni nove, il termine prescrizionale era
maturato il 21.4.2012, dunque antecedentemente alla sentenza impugnata, che,
pertanto, avrebbe dovuto rilevarla.
Non v’è bisogno di osservare, a questo punto, che, in ogni caso, la prescrizione è
maturata il 4.6.2012.
3. Al mancato rilievo deve provvedersi in questa sede, previo annullamento

senza rinvio della sentenza impugnata, non risultando in atti – tanto più a fronte di
doppia conforme in punto di penale responsabilità – le condizioni per una più

favorevole pronuncia di proscioglimento nel merito, ai sensi dell’art. 129, comma 2,
cod. proc. pen.
4. Nondimeno, il ricorso deve essere, comunque, delibato agli effetti delle

statuizioni civili, a norma dell’ad 578 del codice di rito. Nella prospettiva di siffatto
giudizio assume rilievo la sola ragione di censura apprezzabile in quest’ottica,
ovverosia quella contenuta nella seconda doglianza, attenendo la prima al mancato
rilievo della prescrizione, che, ove effettuato dal giudice di merito, avrebbe
comunque postulato il giudizio di cui al menzionato art. 578 cod. proc. pen.
La censura è infondata per le stesse ragioni che militano a sostegno della
ritenuta infondatezza nell’ottica penale; e di ciò non resta che prendere atto.

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procedibilità dell’azione penale, è destituita di fondamento in quanto è ineccepibile

5.

Per quanto precede, occorre provvedere come da dispositivo, con le

conseguenziali statuizioni anche in ordine alla condanna del ricorrente alla rifusione
delle spese di parte civile, che si reputa congruo ed equo determinare come da
dispositivo.

P.Q.M.

prescrizione. Rigetta il ricorso agli effetti civili e condanna il ricorrente alla rifusione
delle spese della parte civile, liquidate in C 1.700,00, oltre accessori di legge.

Così deciso il 17/09/2013

Annulla la sentenza impugnata senza rinvio per essere i reati estinti per

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