Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 44814 del 13/03/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 44814 Anno 2013
Presidente: BEVERE ANTONIO
Relatore: MICHELI PAOLO

SENTENZA

sul ricorso proposto nell’interesse di
Fuin Debora, nata a Venezia il 30/04/1984

avverso la sentenza emessa il 17/01/2012 dalla Corte di appello di Trieste

visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Paolo Micheli;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.
Gioacchino Izzo, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del
ricorso

RITENUTO IN FATTO

Il difensore di Debora Fuin ricorre avverso la sentenza emessa nei suoi
confronti il 17/01/2012 dalla Corte di appello di Trieste: con detta pronuncia,
risulta essere stata confermata la sentenza del Tribunale di Udine, sezione
distaccata di Palmanova, del 27/10/2010, recante la condanna dell’imputata alla

Data Udienza: 13/03/2013

pena di mesi 6 di reclusione ed euro 300,00 di multa (oltre che al pagamento
delle spese processuali) per il reato di furto aggravato di una somma di denaro,
in ipotesi trafugata dalla cassa di una stazione di rifornimento carburanti. La
pena era stata dichiarata interamente condonata ai sensi della legge n. 241 del
2006.
La Corte territoriale non accoglieva i motivi di gravame, fondati sulla dedotta
insufficienza degli elementi acquisiti per identificare l’imputata quale
responsabile dei fatti in rubrica, nonché sulla ritenuta inadeguatezza del

persona offesa, Stefano Zucchetto.
Con l’odierno ricorso, articolato in unico motivo, la difesa lamenta mancanza
e/o contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata, dal momento
che gli stessi elementi acquisiti tanto per la Fuin che per Ivanka Brusadin
(iniziale coimputata) sarebbero stati ritenuti congrui per la declaratoria di penale
responsabilità della ricorrente, ma al contempo insufficienti per giungere ad
analoghe conclusioni sul conto della Brusadin, assolta già in primo grado
malgrado si dia atto che lo Zucchetto aveva riconosciuto entrambe le donne in
base al fascicolo fotografico che gli era stato sottoposto. A nulla potrebbe
rilevare la circostanza che le immagini tratte dall’impianto TV dell’esercizio
avevano registrato la presenza in loco dell’autovettura intestata alla Fuin, visto
che quel veicolo ben avrebbe potuto essere stato utilizzato da altri, stante il
notorio uso comune di mezzi di trasporto fra più soggetti, in ambienti di etnia
nomade.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso deve qualificarsi inammissibile, perché fondato su motivi
generici e manifestamente infondati.
1.1 In primis, si rileva che nell’interesse della ricorrente si riproducono le
stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame (a
proposito della presunta non significatività della presenza in loco dell’autovettura
intestata alla Fuin): detti motivi debbono perciò considerarsi non specifici, in
quanto il difetto di specificità del motivo – rilevante ai sensi dell’art. 581, lett. c),
cod. proc. pen. – va apprezzato non solo in termini di indeterminatezza, ma
anche «per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla
decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, dal
momento che quest’ultima non può ignorare le esplicitazioni del giudice

2

trattamento sanzionatorio: la Fuin era stata infatti riconosciuta in foto dalla

censurato, senza cadere nel vizio di aspecificità che conduce, a norma dell’art.
591, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., all’inammissibilità dell’impugnazione»
(Cass., Sez. II, n. 29108 del 15/07/2011, Cannavacciuolo).
Nel caso in esame, è appena il caso di rilevare che la difesa non coglie – e
sostanzialmente non prova neppure a confutare – gli argomenti ritenuti decisivi
dalla Corte di appello, a conferma della decisione di primo grado: in quella sede,
infatti, si era correttamente segnalato che l’utilizzo (da parte delle autrici del
furto) di una vettura risultata appartenere alla Fuin non poteva assurgere a

indiziaria a riscontro degli elementi già emersi a carico della medesima. E, fra
tali elementi, i giudici di appello avevano diffusamente illustrato come la Fuin
fosse direttamente riconoscibile nelle riprese video dell’impianto allestito presso
l’area di servizio, e dovesse financo identificarsi nella persona che – entrata nel
raggio d’azione del sistema di ripresa – risultava avere aperto la cassa
rovistando con una mano all’interno.
1.2 Del tutto inconsistente è poi la censura che la difesa muove in punto di
contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata, a proposito della
avvenuta ricognizione fotografica della Fuin da parte del teste Zucchetto; vero è
che secondo i giudici di appello quel teste aveva riconosciuto “entrambe le
imputate”, ma – a tutto voler concedere, e senza considerare gli elementi
ulteriori a carico dell’odierna ricorrente – avrebbe dovuto semmai intendersi
erronea la pronuncia di primo grado nel mandare assolta la coimputata, a
dispetto di una individuazione operata anche nei suoi confronti. Va peraltro
rilevato che, dall’esame della pronuncia emessa dal Tribunale, risulta come la
Fuin venne «riconosciuta in un’immagine fotografica, esibita insieme ad altre […]
all’addetto al market con il quale ella aveva interloquito», mentre nessun
elemento era stato acquisito sulla posizione della Brusadin (il che fa pensare che
analogo riconoscimento fotografico non vi fosse stato).

2. Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., segue la condanna della Fuin al
pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi profili di colpa
nella determinazione della causa di inammissibilità, in quanto riconducibile alla
volontà della ricorrente (v. Corte Cost., sent. n. 186 del 13/06/2000) – al
pagamento in favore della Cassa delle Ammende della somma di C 1.000,00,
così equitativamente stabilita in ragione dei motivi dedotti.

P. Q. M.

3

prova inequivoca della responsabilità dell’imputata, avendo però valenza

Dichiara inammissibile il ricorso, e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.

Così deciso il 13/03/2013.

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