Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 44807 del 22/10/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 44807 Anno 2013
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: DELL’UTRI MARCO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Spinali Antonino n. il 6.11.1974
avverso l’ordinanza n. 74/2011 pronunciata dalla Corte d’appello di
Roma il 3.10.2011;
sentita nella camera di consiglio del
Cons. dott. Marco Dell’Utri;

22.10.2013

la relazione fatta dal

lette le conclusioni del Procuratore Generale, in persona del dott. V.
D’Ambrosio, che ha richiesto il rigetto del ricorso.

Data Udienza: 22/10/2013

Ritenuto in fatto
1. — Con decisione resa in data 3/5.10.2011, la Corte d’appello
di Roma ha rigettato l’istanza di riparazione avanzata da Antonino
Spinali per l’asserita ingiusta detenzione dello stesso subita, in relazione alla giornata dal 12.1.2009 al 13.1.2009, a seguito dell’arresto in
flagranza eseguito nei suoi confronti in relazione alle imputazioni di
resistenza a pubblico ufficiale e lesioni personali aggravate, dalle quali lo stesso era stato prosciolto per difetto di querela a seguito della
riqualificazione, in sede dibattimentale, del reato di resistenza in
quello di violenza privata e con l’esclusione delle circostanze aggravanti in relazione al reato di lesioni personali.
Con il provvedimento impugnato, la corte territoriale ha accertato il ricorso della colpa grave dell’istante nell’aver concorso, con il
proprio comportamento violento, a dar causa all’adozione del provvedimento precautelare adottato nei suoi confronti, rilevando come
tale causa ostativa valesse, oltre che per il caso dell’ingiusta detenzione di cui all’art. 314 comma 1, c.p.p., anche in relazione alla c.d. ‘ingiusta detenzione formale’ di cui all’art. 314 comma 2, c.p.p..
Avverso tale decisione, a mezzo del proprio difensore, ha interposto ricorso per cassazione lo Spinali, censurando l’ordinanza
impugnata per violazione di legge e vizio di motivazione in relazione
agli artt. 314 c.p.p., avendo la corte territoriale erroneamente richiamato il principio sul punto statuito dalle sezioni unite della corte di
cassazione (Cass., sent. n. 32383/2010), che nell’estendere l’applicabilità della condizione ostativa della colpa grave di cui all’art. 314,
comma i, c.p.p., all’ipotesi della c.d. ‘ingiusta detenzione formale’ (di
cui all’art. 314 comma 2, c.p.p.), ne ha tuttavia limitato l’operatività ai
soli casi in cui l’ingiustizia della detenzione non sia riconosciuta sulla
base degli stessi elementi originariamente già a disposizione del giudice della cautela.
Hanno depositato memoria il procuratore generale presso la
corte di cassazione e il Ministero dell’economia e delle finanze, che
hanno concluso per il rigetto del ricorso.
Considerato in diritto
2. – Il ricorso è infondato.
L’odierno ricorrente fonda la pretesa riparatoria avanzata in
questa sede in relazione al disposto di cui all’art. 314, comma 2,
c.p.p., così come inciso dalla sentenza della Corte Costituzionale n.
109/1999, là dove ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della

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norma nella parte in cui non prevede che la riparazione spetti al prosciolto per qualsiasi causa o al condannato che, nel corso del processo, sia stato sottoposto ad arresto in flagranza (o a fermo di indiziato
di delitto) quando, con decisione irrevocabile, siano risultati insussistenti le condizioni per la convalida.
È appena il caso di evidenziare, come anche in relazione a tali
ipotesi, trovi applicazione il principio statuito dalle sezioni unite di
questa corte di legittimità (richiamato nel provvedimento impugnato
e nello stesso ricorso introduttivo dell’odierno giudizio) in forza del
quale la circostanza di aver dato causa (o concorso a dare causa) alla
custodia cautelare (nel caso di specie, alla misura precautelare
dell’arresto in flagranza) per dolo o colpa grave opera, quale condizione ostativa al riconoscimento del diritto all’equa riparazione per
ingiusta detenzione, anche in relazione alle misure disposte in difetto
delle condizioni di applicabilità previste dagli artt. 273 e 280 c.p.p.
(nel caso di specie, delle condizioni per la convalida dell’arresto). Tale
operatività, tuttavia, non può concretamente esplicarsi, in forza del
meccanismo causale che governa l’indicata condizione ostativa, nei
casi in cui l’accertamento dell’insussistenza ab origine delle condizioni di applicabilità della misura (o per la convalida dell’arresto) avvenga sulla base dei medesimi elementi trasmessi al giudice che ha
reso il provvedimento cautelare, in ragione unicamente di una loro
diversa valutazione (v. Cass., Sez. Un., n. 32383/2010, Rv. 247663).
In breve, la condizione ostativa della colpa grave dell’istante
deve ritenersi sussistente laddove l’accertamento dell’inesistenza dei
presupposti per l’adozione della misura restrittiva nei confronti
dell’istante (o per la convalida del relativo arresto in flagranza) sia
stato raggiunto sulla base di elementi acquisiti successivamente
all’adozione della misura; in caso contrario dovendosi dar corso alla
riparazione, indipendentemente dalla valutazione in termini di colpa
del comportamento dell’istante.
Nel caso di specie, la corte territoriale ha evidenziato esplicitamente come il definitivo proscioglimento dell’imputato per difetto
di querela fosse dipeso direttamente dalla circostanza, “riportata in
sentenza e acquisita successivamente all’arresto, nel corso del dibattimento (cfr. esame imputato all’udienza del 25.3.2009), per cui
l’imputato si sarebbe opposto agli operanti dopo che era stato già
identificato, cioè dopo che i pubblici ufficiali avevano compiuto l’atto

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Solo a seguito dell’espletamento dell’esame dell’imputato (avvenuto successivamente alla convalida dell’arresto), il giudice sarebbe
stato quindi indotto a prendere atto della mancanza di quella “valenza ostativa tipica, richiesto dall’illecito” di resistenza, procedendo alla
riqualificazione del fatto alla stregua del delitto di minaccia semplice
(cfr. pag. 3 del provvedimento impugnato).
Sulla base di tali premesse, deve dunque rilevarsi come, nella
specie, l’accertamento dell’insussistenza delle condizioni per la convalida dell’arresto in flagranza dello Spinali sia stato raggiunto solo
successivamente all’adozione del provvedimento di convalida, sulla
base di elementi (l’esame dibattimentale dell’imputato) diversi da
quelli originariamente a disposizione del giudice ch’ebbe ad assumere
il provvedimento precautelare, con la conseguenza che (sulla scorta
del richiamato principio statuito dalle sezioni unite di questa corte di
legittimità) l’odierna pretesa riparatoria del ricorrente non può che
ritenersi preclusa dall’avvenuto accertamento (in questa sede totalmente incontestato) della condizione ostativa costituita dal ricorso di
un comportamento gravemente colposo dell’istante idoneo a dar causa (o a concorrere a dar causa) all’adozione del provvedimento precautelare dallo stesso sofferto.
3. — Al riscontro dell’infondatezza dei motivi di doglianza
avanzati dal ricorrente segue il rigetto del ricorso e la condanna dello
stesso al pagamento delle spese processuali.
Sussistono, viceversa, giusti motivi, in ragione della complessità delle questioni giuridiche trattate, per la compensazione tra le parti delle spese del giudizio.
Per questi motivi
la Corte Suprema di Cassazione, rigetta il ricorso e condanna il
ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Compensa le spese tra le parti.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 22.10.2013.

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