Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 44804 del 10/10/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 44804 Anno 2013
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: MARINELLI FELICETTA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
GERRATANA ANTONINO N. IL 19/06/1972
nei confronti di:
MINISTERO ECONOMIA E FIANZE
avverso l’ordinanza n. 70/2010 CORTE APPELLO di CATANIA, del
05/08/2010
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FELICETTA
MARINELLI;
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Data Udienza: 10/10/2013

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La Corte di Appello di Catania, con ordinanza resa
all’udienza camerale del giorno 6.07.2011 rigettava
l’istanza di riparazione presentata da Gerratana
Antonino per ingiusta detenzione in regime di
custodia in carcere dal 21/06/03 al 7/07/03 (per un
totale di giorni 17) perché sospettato dei reati di
cui agli articoli 346 commi l e 2, 644 e 629 comma l
c.p..
Il Tribunale del riesame aveva annullato l’ordinanza
di custodia cautelare emessa dal G.I.P. del Tribunale
di Modica per i reati sopra indicati, ritenendo la
carenza dei gravi indizi per i reati di cui agli
articoli 644 e 629 comma l c.p., nonché per la
circostanza aggravante del reato di millantato
credito, in ordine al quale nella forma semplice
riconosceva la gravità indiziaria.
Il Gerratana veniva poi prosciolto in udienza
preliminare con sentenza di non luogo a procedere per
il delitto di usura; assolto dal Tribunale di Modica
per il delitto di estorsione e condannato per il
millantato credito con l’esclusione dell’aggravante.
Da tale ultimo reato veniva assolto dalla Corte di
appello di Catania ai sensi dell’art.530 cpv c.p.p.
con sentenza del 28.10.2008, irrevocabile il
13.02.2009.
Gerratana Antonino,a mezzo del suo difensore,
proponeva quindi ricorso per cassazione avverso
l’ordinanza della Corte di appello di Catania e
concludeva chiedendone l’annullamento.
Il ricorrente censurava l’ordinanza impugnata per
violazione ed erronea applicazione degli articoli 314
e 315 cod.proc.pen. e per manifesta illogicità della
motivazione ex art. 606 comma l lett. e)
cod.proc.pen., in particolare nella parte in cui la
Corte di appello rimproverava in termini di colpa
grave condotte insuscettibili di essere riguardate
alla stregua di macroscopica negligenza e
trascuratezza. Pertanto, ad avviso del ricorrente,
non sussisterebbe la colpa grave, impeditiva del
riconoscimento del diritto all’equa riparazione.

Ritenuto in fatto

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze a mezzo
dell’Avvocatura Generale dello Stato presentava
tempestiva memoria e concludeva chiedendo di voler
dichiarare inammissibile il proposto ricorso ovvero
di rigettarlo.

N

Il ricorso è infondato.
Osserva la Corte che il diritto a equa riparazione
per l’ingiusta detenzione, regolato dagli artt. 314
e ss. c.p.p., trova fondamento nella condizione
soggettiva della persona sottoposta a detenzione
immeritata e in tal senso ingiusta. Il quadro
sistematico di riferimento è un quadro di diritto
civile ma non è quello dell’art. 2043 c.c. che
appresta sanzioni contro chi produce per dolo o colpa
un danno ingiusto ad altri. Il principio regolatore è
piuttosto quello della riparazione legata ad eventi
che producono il sorgere, quali conseguenze di
principi di solidarietà e di giustizia distributiva,
di responsabilità da atto lecito ( la distinzione
tra responsabilità per danno ingiusto ex art. 2043
c.c. e responsabilità per atto lecito è ben chiarita
da Cass. SS.UU. civ. 11/6/2003 n. 9341). E’ ben
fermo, in materia, l’assetto delle regole
generalissime che disciplinano l’onere della prova
civile ex art. 2697 c.c. posto che il procedimento
relativo alla riparazione per l’ingiusta detenzione,
quantunque si riferisca ad un rapporto
comporti
e
di diritto pubblico
obbligatorio
il
rafforzamento
dei
poteri
officiosi
del
perciò
tuttavia ispirato ai principi del
giudice,
e’
processo civile, con la conseguenza che l’istante
della
ha l’onere di provare i fatti costitutivi
domanda, la custodia cautelare subita e la
successiva assoluzione ( Corte Cass. Sez. 4 sent. n.
23630 02/04/2004 – 20/05/2004 ). Peraltro il
sorgere del diritto è condizionato alla esistenza di
una condotta del richiedente che al tempo del
processo in nulla abbia dato causa o concorso a dare
causa a quella ingiusta detenzione. L’operazione
intesa a cogliere tali condizioni deve scandagliare
solo l’eventuale efficienza causale delle condotte
dell’imputato che possano aver indotto, anche nel
concorso dell’altrui errore, secondo una valutazione
il giudice a
ragionevole e non congetturale
(Cass. SSUU
stabilire la misura della detenzione
13/12/95 n. 43, Sez IV 10/3/2000 n. 1705) .
Il giudice,pertanto, deve fondare la sua decisione su
fatti concreti e precisi e non su mere supposizioni,
esaminando la condotta del richiedente, sia prima e
sia dopo la perdita della libertà personale,
indipendentemente dall’eventuale conoscenza che
quest’ultimo abbia avuto dell’attività di indagine,
al fine di stabilire, con valutazione ex ante, non se
tale condotta integri estremi di reato, ma solo se

Considerato in diritto

sia stato il presupposto che ha ingenerato, ancorchè
in presenza di errore dell’autorità procedente, la
falsa apparenza della sua configurazione come
illecito penale, dando luogo alla detenzione con
rapporto di causa ad effetto (cfr. Cass. Sezioni
Unite, Sent. n.34559/2002; Cass., Sez.4, Sent.
n.17552 del 2009)
Tanto premesso si osserva che la Corte di Appello di
Catania, con motivazione adeguata, ha enucleato,con
congrua verifica degli accertati elementi di
riferimento, la condotta del richiedente ostativa
all’accoglimento dell’istanza di equa riparazione. In
primo luogo ha posto in rilievo che il Gerratana
vantava le proprie relazioni con il senatore Minardo
e le proprie conoscenze nell’ambiente
di cui frequentava
dell’Amministrazione locale,
abitualmente gli uffici. L’ordinanza impugnata
evidenziava altresì che il Gerratana aveva anche
sollecitato, pur senza ottenerla, la revoca di una
penale imposta alla ditta del Savarino, aveva chiesto
la riscossione di crediti, anche in questo caso senza
ottenerla, si era proposto quale persona accreditata
presso la Pubblica Amministrazione, aveva quindi
tenuto comportamenti che, alla luce delle
dichiarazioni accusatorie del Savarino, inducevano a
ritenere sussistenti i reati che gli erano stati
contestati.
caS P
Questo essendo il quadro accusatorio, il motivo
proposto dall’odierno ricorrente non può essere
accolto.
il
definisce
impugnato,
che
provvedimento
Il
dell’ingiusta
riparazione
per
la
procedimento
detenzione, supera quindi il vaglio di questa Corte
che è limitato alla correttezza del procedimento
logico giuridico con cui il Giudice è pervenuto ad
accertare o negare i presupposti per l’ottenimento
del beneficio indicato. Resta invece nelle esclusive
attribuzioni del giudice di merito, che è tenuto a
il
suo
logicamente
e
adeguatamente
motivare
convincimento, la valutazione sull’esistenza e la
gravità della colpa e sull’esistenza del dolo.
riconosciuto
infatti
non
ha
legislatore
Il
incondizionatamente il diritto all’equa riparazione,
ma l’ha esplicitamente escluso allorquando il
come appunto nella
comportamento dell’indagato,
fattispecie de qua, abbia indotto in errore il
giudice circa l’esistenza dei gravi indizi di
colpevolezza a suo carico.
Il ricorso deve essere pertanto rigettato e il
ricorrente deve essere condannato al pagamento delle
spese processuali e alla rifusione delle spese di

ri

questo giudizio in favore del Ministero resistente
che si liquidano in complessivi euro 750,00.
PQM

Così deciso in Roma il 10.10.2013

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali, nonché alla
rifusione delle spese sostenute per questo giudizio
di Cassazione dal Ministero dell’Economia liquidate
in euro 750,00.

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