Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 44802 del 10/10/2013
Penale Sent. Sez. 4 Num. 44802 Anno 2013
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: MARINELLI FELICETTA
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
BEN SLIMEN ADEL N. IL 30/11/1975
avverso l’ordinanza n. 19/2011 CORTE APPELLO di MILANO, del
24/05/2011
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FELICETTA
MARINELLI;
lettel.seetite le conclusioni del PG Dott. edlirtraitAAx.:, 2′ i
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Data Udienza: 10/10/2013
Uditi difensor Avv.;
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Ritenuto in fatto
La Corte di Appello di Milano, con ordinanza resa all’udienza
camerale del
giorno 24.05.2011
rigettava
l’istanza di
riparazione presentata da Ben Slimen Adel per ingiusta
detenzione dal 6/11/2007 all’8/07/2010 in regime di custodia in
carcere perché sospettato del delitto previsto dall’articolo
non aver commesso il fatto dalla Corte di Assise di Milano con
sentenza in data 8.07.2010.
Ben Slimen Adel proponeva quindi personalmente ricorso per
cassazione avverso l’ordinanza di cui sopra e concludeva
chiedendo di volerla annullare con l’adozione dei provvedimenti
conseguenti.
Il ricorrente censurava l’ordinanza impugnata per violazione
degli articoli 314 e seguenti c.p.p. in relazione all’articolo
606 lett e) cod.proc.pen..
Lamentava
in
sostanza vizi
di motivazione
dell’atto,
consistenti in una errata valutazione della sua condotta, in
quanto, a suo avviso, la Corte territoriale, non poteva
ritenere sussistente il dolo o la colpa grave, impeditivi del
riconoscimento del diritto all’equa riparazione.
Il difensore del ricorrente presentava poi due memorie, una in
data 18 settembre 2012 e l’altra in data 10 settembre 2013 in
cui
sosteneva
la
tesi
della
ricorribilità
diretta
dell’interessato per la salvaguardia del proprio interesse
patrimoniale,
poiché
lo
stesso
è
strettamente
ed
inscindibilmente connesso al bene della libertà personale
270 bis c.p., delitto da cui lo stesso era stato assolto per
ingiustamente compressa nel corso del giudizio di merito.
L’Avvocatura Generale dello Stato in rappresentanza del
Ministero dell’Economia e delle Finanze presentava tempestiva
memoria e concludeva chiedendo di dichiarare inammissibile il
ricorso ovvero di rigettarlo.
Considerato in diritto
Il proposto ricorso è inammissibile poiché è stato sottoscritto
dalla parte personalmente.
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(
Tanto premesso osserva la Corte che il presente ricorso è stato
proposto dalla parte personalmente e non già da difensore
iscritto nell’albo speciale della Corte di Cassazione. La
giurisprudenza di questa Corte sul punto è concorde nel
ritenere che ” in tema di riparazione per ingiusta detenzione,
il ricorso per cassazione avverso la decisione della Corte di
appello deve essere proposto, a pena di inammissibilità, da un
può essere sottoscritto personalmente dall’interessato, a nulla
rilevando che la sottoscrizione sia autenticata in calce da un
difensore iscritto nel predetto albo” (cfr. Cass., Sez.4, Sent.
n.13197 del 28.03.2008; Cass., Sez.4, Sent. N.41636 del
3.11.2010, Rv.248449).
Questo principio di diritto è coerente con quanto sancito, in
subiecta materia, dalle SS.UU. di questa Corte con statuizione
del 24.09.2001 in cui è stato stabilito che l’unica deroga alla
disposizione generale secondo cui la proposizione del ricorso
per cassazione è riservata ad un avvocato iscritto nell’albo
speciale della cassazione è quella prevista dall’art.571 c.1
c.p.p. che riconosce al solo imputato la facoltà di proporre
personalmente l’impugnazione.
Il ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile.
Segue, a norma dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna
del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed al
pagamento, a favore della Cassa delle ammende, della somma di
euro 500,00 a titolo di sanzione pecuniaria, trattandosi
di
causa di inammissibilità riconducibile alla volontà, e quindi a
(cfr. Corte
colpa, del ricorrente stesso
Costituzionale
difensore iscritto nell’albo speciale della cassazione, e non
sent. n. 186 del 7 – 13 giugno 2000 ), nonché alla rifusione
delle spese del presente giudizio in favore del Ministero
dell’Economia e Finanze liquidate in euro 750,00.
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Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro 500,00
in favore della Cassa delle ammende, nonché alla rifusione
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delle spese sostenute per questo giudizio di Cassazione dal
Ministero dell’Economia, spese liquidate in euro 750,00.
Così deciso in Roma, il 10 ottobre 2013.