Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 44794 del 03/10/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 44794 Anno 2013
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: BIANCHI LUISA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
POLLICHIENI PAOLO N. IL 09/05/1957
nei confronti di:
MINISTERO ECONOMIA E FINANZE
avverso l’ordinanza n. 142/2007 CORTE APPELLO di REGGIO
CALABRIA, del 07/04/2011
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUISA BIANCHI;
lette/9030e le conclusioni del PG Dott.

A-12_

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 03/10/2013

39001/2011

1.La Corte di appello di Reggio Calabria ha rigettato l’istanza di Pollichieni
Paolo volta ad ottenere la riparazione per l’ingiusta detenzione subita agli
arresti domiciliari dal 7.11.2000 al 31.1.2001 per il reato di cui all’art. 416 e
611 cod.pen. ritenendo ostativa la colpa grave del prevenuto nel dar causa alla
detenzione.
Il Pollichieni era stato attinto da provvedimento di custodia cautelare perché
accusato di far parte di una associazione a delinquere, che avvalendosi delle
competenze e degli specifici ambiti di intervento dei singoli sodali, era in grado
di condizionare le scelte gestionali dell’Azienda Ospedaliera di Reggio Calabria,
anche attraverso condotte intimidatorie, allo scopo di acquisire il controllo dei
relativi appalti e servizi e di pilotare le nomine dei dirigenti; secondo
l’ordinanza custodiale il ruolo esercitato dal Pollichieni all’interno del sodalizio
sarebbe stato quello di condizionare l’attività di organi pubblici anche
attraverso la capacità di influenza che gli derivava dalla sua professione di
giornalista.
Riferisce l’ordinanza del giudice della riparazione che il quadro probatorio a
suo carico era rappresentato dalle accuse che gli erano state rivolte da
Giuseppe Costantino, all’epoca dei fatti direttore generale dell’Azienda
Ospedaliera di Reggio Calabria, il quale aveva riferito di aver subito indebite
pressioni dal Pollichieni affinché affidasse l’appalto pluriennale per i servizi di
conduzione degli impianti termici, di condizionamento, idrici e antincendio delle
strutture ospedaliere di Reggio Calabria, con una previsione di spesa di 8.
3.433.573.800, all’impresa Edil Minniti di cui era titolare Giovanni Minniti, anch’
egli coinvolto nell’indagine. Alle dichiarazioni del Costantino si aggiungevano i
contributi testimoniali di altre persone informate dei fatti e i risultati di alcune
intercettazioni, da cui emergevano gli assidui contatti che il Pollichieni
intratteneva con Giovanni Minniti e con altri soggetti indagati nell’ambito dello
stesso procedimento e considerati inseriti nel medesimo sodalizio criminoso;
che il giudice di primo grado affermava la responsabilità del Pollichieni sia in
ordine alla fattispecie associativa, sia in relazione alle due ipotesi di cui all’art.
611 c.p. allo stesso contestate, reputando attendibili le propalazioni del
Costantino; che la Corte di appello giungeva a conclusioni opposte in quanto
riteneva il Costantino imputato di reato connesso e le dichiarazioni
accusatorie del medesimo non corredate dei necessari riscontri e pertanto non
utilizzabili.
Tanto premesso, il giudice della riparazione riteneva che il prevenuto avesse
contribuito, quanto meno colposamente, a dare causa all’emissione della
misura cautelare; infatti il quadro indiziario era rappresentato non solo dalle
accuse del Costantino ma anche da una serie di elementi che facevano
emergere un interessamento anomalo del Pollichieni verso le sorti
imprenditoriali del Minniti; e ciò non tanto in ragione degli assidui rapporti tra i
due accertati tramite pedinamenti e intercettazioni o per il diretto
interessamento del Pollichieni per le vicende relative ad un ricorso al Tar del
Minniti; ma soprattutto per le indebite interferenze che il primo mise in atto
2

Motivi della decisione

;

2.Avverso tale ordinanza ha presentato ricorso per Cassazione il Pollichieni
per il tramite del difensore di fiducia.
Eccepisce la erronea applicazione della legge penale e il difetto di motivazione
con riferimento alla ritenuta colpa grave. Il giudice ha omesso di valutare la
idoneità della condotta in questione a trarre in inganno l’autorità giudiziaria,
valutazione che deve avvenire ex ante e tenendo conto del materiale
probatorio apprezzato dal giudice della cuatela; nella specie tale giudice non ha
nemmeno considerato la condotta ritenuta invece rilevante e colposa dal
giudice della riprazione. Con un secondo motivo lamenta che non si è tenuto
conto, ai fini del mantenimento della custodia cautelare, dei chiarimenti che
erano stati forniti in sede di interrogatorio di garanzia.
2. Il Ministero dell’economia e delle finanze resiste al ricorso invocando il
disposto dell’art. 314, co.3 e 4, cpp.
3. Il Pubblico ministero presso questa Corte ha chiesto il rigetto del ricorso
rilevando che l’ordinanza aveva correttamente ritenuto la colpa grave
dell’istante in considerazione non solo degli stretti contatti tra l’istante e il
Minniti ma anche e specialmente per il comportamento millantatorio e di
interferenza dal medesimo assunto con le forze dell’ordine.
4. Il ricorrente ha presentato una memoria illustrativa in data 26.3.2012, una
in data 3.4.2012 in replica a quelle del Procuratore Generale e del Ministero
delle Finanze e una memoria difensiva in vista dell’odierna udienza in data
29.9.2012; in tutte sostiene ulteriormente i motivi già proposti facendo in
particolare presente che con sentenza n.4008 del 2012 questa Corte ha
annullato con rinvio la decisione della Corte di appello che negava la
riparazione a Cosentino Francesco, coimputato la cui posizione è sovrapponibile
a quella del Pollichieni, con argomentazioni circa la irrilevanza delle
frequentazioni con l’imprenditore Minniti applicabili anche nel presente caso;
inoltre la Corte di appello di Reggio Calabria ha riconosciuto il diritto alla
riparazione al predetto Minniti e altresì, nel giudizio di rinvio seguito al predetto
annullamento, al Cosentino con decisione che il Ministero dell’Economia ha
già messo in esecuzione; quanto all’esercizio delle “indebite interferenze nei
confronti dei Dirigenti della Polizia di Stato di Reggio Calabria” , richiamate
anche nella requisitoria del Procuratore Generale, ribadisce che il giudice
della cautela al tempo dell’adottata misura cautelare non aveva nemmeno
considerato siffatta condotta che, invece, nel provvedimento di rigetto della
chiesta riparazione dell’ingiusta detenzione da parte della Corte di Appello di
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nei confronti dei dirigenti la Polizia di Stato, tra cui lo stesso Questore e il
dirigente della squadra mobile, non appena venne a sapere che era stata
depositata una informativa di reato con cui si evidenziavano i rapporti tra
Minniti e tale Audino Mario considerato inserito nella malavita organizzata
locale; il Pollichieni andò a lamentarsi perché le indagini si stavano
indirizzando verso l’amico Minniti che egli definiva una brava persona, parente
dell’allora sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei Ministri, legame poi
smentito dalla stesso uomo politico.

5.11 ricorso è infondato per le ragioni di seguito indicate.
Giova premettere che questa Corte (sez. IV 10 dicembre 2008, Zappella,
rv.242746) ha già chiarito il rapporto tra giudizio penale e giudizio per l’equa
riparazione, è connotato da totale autonomia ed impegna piani di indagine
diversi e che possono portare a conclusioni dei tutto differenti (assoluzione nel
processo, ma rigetto della richiesta riparatoria) sulla base dello stesso
materiale probatorio acquisito agli atti, ma sottoposto ad un vaglio
caratterizzato dall’utilizzo di parametri di valutazione differenti. In particolare,
è consentita al giudice della riparazione la rivalutazione dei fatti non nella loro
valenza indiziaria o probante (smentita dall’assoluzione), ma in quanto idonei a
determinare, in ragione di una macroscopica negligenza od imprudenza
dell’imputato, l’adozione della misura, traendo in inganno il giudice. Inoltre,
quanto alla utilizzabilità del materiale probatorio, va osservato che la
procedura riparatoria presenta connotazioni di natura civilistica, e, quindi, nei
suo ambito non possono operare automaticamente i divieti previsti dal codice
di rito esclusivamente per la fase processuale penale dibattimentale, e tra di
essi, il divieto di utilizzo degli atti delle indagini, ben potendo invece trovare
ingresso nell’alveo di una causa con impronta civilistica, quali fonti di prova
inquadrabili nella categoria delineata dall’art. 2712 c.c..
Tale
possibilità
limiti:
però
incontra
due
– il primo è costituito dalla inutilizzabilità patologica di atti probatori assunti in
violazione di espressi divieti di legge (art. 291 c.p.p.), come ad esempio
intercettazioni captate illegalmente (art. 271 c.p.p.: sul punto cfr. Cass. Sez.
Un. 1153/09, Racco);
– il secondo è costituito dalla verifica che gli elementi di prova acquisiti nelle
indagini e da utilizzare nel procedimento riparatorio, non siano smentiti (non
semplicemente non confermati) inequivocabilmente da acquisizioni dei
processo dibattimentale. In tal caso, infatti, la verità acclarata nel pieno
contraddittorio tra le parti deve avere la prevalenza sulle acquisizioni
probatorie captate nella fase inquisitoria.
Sulla base di tali considerazioni, che il Collegio interamente condivide, devono
ritenersi utilizzabili nel presente procedimento le dichiarazioni accusatorie del
Costantino, ampiamente riportate dall’ordinanza impugnata e dalla stessa
tenute in considerazione, sia pure unitamente ad altri elementi, ma del tutto
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Reggio Calabria, è stato erroneamente ritenuto abbia contributo a formare il
convincimento del Gip di Reggio Calabria circa la fondatezza delle accuse.
Nessun riferimento vi è, infatti, nell’ordinanza custodiale al detto
intervento del ricorrente presso gli organi di Polizia, di guisa che tale
condotta possa essere considerata in rapporto sinergico di accusa ed
effetto tra condotta e detenzione. Ne consegue che erroneamente la Corte
territoriale ha dato rilievo, ai fini della configurazione della colpa grave, alla
sopradetta condotta di ritenuta interferenza, la quale, di contro, non può
essere assolutamente intesa come “fattore condizionante” rispetto al
provvedimento che ha disposto la detenzione, non avendo, in alcun modo
inciso sulla valutazione del Giudice della cautela, sicchè non poteva in alcun
modo essere considerata idonea a trarre in inganno l’Autorità Giudiziaria; vi
sarebbe stato dunque un travisamento dei fatti.

ignorate dal ricorrente; si tratta di dichiarazioni che indicavano il Pollichieni
quale soggetto che aveva fatto pressioni, dall’ordinanza correttamente ritenute
indebite indebite, per ottenere l’assegnazione di appalti a favore di propri
conoscenti. Risulta dunque correttamente motivata l’ordinanza impugnata che
ha fondato la valutazione della sussistenza della colpa grave del ricorrente su
un insieme di elementi (le dichiarazioni del Costantino, gli assidui rapporti tra
Pollichieni e Minniti e le indebite interferenze del primo nei confronti di dirigenti
della polizia di Stato in favore del Minniti). Quanto a queste ultime il ricorrente
ne sostiene la inutilizzabilità in quanto le stesse non erano state menzionate
dalla ordinanza cautelare. Ma la tesi del ricorrente, cioè che al fine di
escludere il diritto alla riparazione si debba tenere conto dei soli
comportamenti risultanti dall’ordinanza applicativa della misura cautelare, è
infondata avendo questa Corte già avuto modo di precisare (sez. III,
12.9.2009 n.15722 Rv. 243438 ) che in tema di riparazione per l’ingiusta
detenzione, la condizione ostativa al riconoscimento del diritto all’indennizzo,
rappresentata dall’avere il richiedente dato causa all’ingiusta carcerazione, può
concretarsi anche in un comportamento non specificamente indicato nel
provvedimento cautelare, a condizione che non sia stato escluso dal giudice
della cognizione e che abbia contribuito all’adozione della misura cautelare e
ciò perché le condizioni ostative possano essere anche di tipo extra processuale (grave leggerezza o macroscopica trascuratezza, tali da aver
determinato l’imputazione), o di tipo processuale (auto-incolpazione, silenzio
consapevole sull’esistenza di un alibi, ecc.).
Quanto poi alla mancata considerazione da parte della Corte di Reggio Calabria
dei chiarimenti forniti dal Pollichieni con l’interrogatorio di garanzia reso in
data 14.12.2000, sembra sufficiente rilevare che la scarcerazione del
Pollichieni è intervenuta il 31.1.2001 e cioè in epoca di poco successiva al
predetto interrogatorio, il che fa presumere che anche sulla base di quanto dal
Pollichieni dichiarato sia intervenuto, nei tempi tecnici resi necessari a
consentirne la valutazione da parte del giudice, il provvedimento di
scarcerazione.
6.Alla stregua delle considerazioni svolte il ricorso deve essere rigettato
avendo la Corte di merito motivato in modo congruo e logico in ordine alla
idoneità della condotta posta in essere dall’istante ad ingenerare nel giudice
che emise il provvedimento restrittivo della libertà personale il convincimento
di un suo probabile coinvolgimento nei reati allo stesso contestati. Al rigetto
del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali e alla rifusione delle spese in favore del Ministero dell’ Economia
liquidate come al dispositivo .
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
nonché alla rifusione delle spese sostenute per questo giudizio di Cassazione
dal Ministero dell’Economia e liquidate in ero 750,00.

5

;

Così deciso il 3.10.2013.

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