Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 44773 del 01/10/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 44773 Anno 2013
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: MONTAGNI ANDREA

Data Udienza: 01/10/2013

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
LA BARBERA ANTONINO N. IL 14/06/1941
avverso la sentenza n. 1206/2012 GIUDICE UDIENZA
PRELIMINARE di PALERMO, del 28/11/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA MONTAGNI;
lette/sentite-le conclusioni del PG Dott. E i,,41 ,-„ 9 0 ee 1•27, c
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Ritenuto in fatto
1. La Barbera Antonino ha proposto ricorso per cassazione avverso la
sentenza del G.i.p. presso il Tribunale di Palermo in data 28.11.2012, con la quale,
ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., è stata applicata la pena concordata dalle
parti, in ordine al reato di cui all’art. 73, d.P.R. n. 309/1990. Il ricorrente denuncia
la violazione di legge in ordine al mancato apprezzamento della ricorrenza dei
presupposti legittimanti l’adozione di sentenza liberatoria, ai sensi dell’art. 129 cod.

2.

Il Procuratore Generale, con requisitoria scritta, ha chiesto che la

Suprema Corte dichiari inammissibile il ricorso.
Considerato in diritto
3. Il ricorso è inammissibile.
Come noto, questa Suprema Corte ha ripetutamente affermato il principio
che l’obbligo della motivazione della sentenza non può non essere conformato alla
particolare natura giuridica della sentenza di patteggiamento: lo sviluppo delle
linee argomentative è necessariamente correlato all’esistenza dell’atto negoziale
con cui l’imputato dispensa l’accusa dall’onere di provare i fatti dedotti
nell’imputazione. Ciò implica che il giudizio negativo circa la ricorrenza di una delle
ipotesi di cui al richiamato art. 129 cod. proc. pen. deve essere accompagnato da
una specifica motivazione solo nel caso in cui dagli atti o dalle deduzioni delle parti
emergano concreti elementi circa la possibile applicazione di cause di non
punibilità, dovendo invece ritenersi sufficiente, in caso contrario, una motivazione
consistente nella enunciazione, anche implicita, che è stata compiuta la verifica
richiesta dalla legge e che non ricorrono le condizioni per la pronunzia di
proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. (Cass. Sez. U, sentenza n. 5777 del
27.03.1992, dep. 15.05.1992, Di Benedetto, Rv. 191135; Cass. Sez. U, sentenza
n. 10372 del 27.09.1995, dep. 18.10.1995, Serafino, Rv. 202270). Tale
orientamento è stato concordemente accolto dalla giurisprudenza successiva.
Anche per ciò che riguarda gli altri tratti significativi della decisione, che riguardano
precipuamente la qualificazione giuridica del fatto, la continuazione, l’esistenza e la
comparazione delle circostanze, la congruità della pena e la sua sospensione, la
costante giurisprudenza di questa Corte, nel solco delle enunciazioni delle Sezioni
unite, ha affermato che la motivazione può ben essere sintetica ed a struttura
enunciativa, purché risulti che il giudice abbia compiuto le pertinenti valutazioni. Né
l’imputato può avere interesse a lamentare una siffatta motivazione censurandola
come insufficiente e sollecitandone una più analitica, dal momento che la
statuizione del giudice coincide esattamente con la volontà pattizia del giudicabile.
D’altra parte, attesa la natura pattizia del rito, chi chiede la pena pattuita
rinuncia ad avvalersi della facoltà di contestare l’accusa. Ne consegue, come questa
2

proc. pen.

Suprema Corte ha più volte avuto modo di affermare, che l’imputato non può
prospettare con il ricorso per cassazione censure che coinvolgono il patto dal
medesimo accettato. Occorre, peraltro, rilevare che, nel caso di specie, il giudice
ha rilevato che sulla base delle risultanze acquisite doveva escludersi la sussistenza
delle condizioni per procedere ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen.
4. Segue, a norma dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro

P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di C 1.500,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, in data 10 ottobre 2013.

1.500,00 a favore della Cassa delle Ammende, non emergendo ragioni di esonero.

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