Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 44763 del 22/10/2013


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 4 Num. 44763 Anno 2013
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: DELL’UTRI MARCO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
Costanzo Nicolino n. il 6.12.1965
avverso la sentenza n. 1855/2011 pronunciata dalla Corte d’appello di
Catanzaro il 19.11.2012;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita nell’udienza pubblica del
dott. Marco Dell’Utri;

22.10.2013

la relazione fatta dal Cons.

udito il Procuratore Generale, in persona del dott. M.G. Fodaroni,
che ha concluso per la dichiarazione d’inammissibilità del ricorso.

Data Udienza: 22/10/2013

2

Ritenuto in fatto
Con sentenza resa in data 19.11.2012, la Corte d’appello di
Catanzaro ha integralmente confermato la sentenza in data 28.6.2011
con la quale il Tribunale di Cosenza ha condannato Nicolino Costanzo alla pena di otto mesi di reclusione, oltre alla sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida per la durata di sei mesi, in relazione al delitto di omicidio colposo commesso,
con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale,
ai danni di Franco Molinaro, avendo l’imputato, a bordo della propria
autovettura condotta a velocità superiore ai limiti consentiti, investito
la vittima intenta ad attraversare la sede stradale al di fuori delle strisce pedonali, così determinandone, per propria colpa, il decesso, avvenuto, in data 18.5.2007, a distanza di circa sei anni dal sinistro verificatosi il 15.9.2001.
Avverso la sentenza d’appello, a mezzo del proprio difensore,
ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, sulla base di quattro
motivi d’impugnazione.

Con il primo motivo, il ricorrente censura la sentenza
impugnata per mancata assunzione di una prova decisiva, con particolare riguardo all’espletamento di una perizia destinata alla ricostruzione dell’esatta dinamica del sinistro, nella specie operata, dai
giudici del merito, sulla base di elementi istruttori del tutto incerti, di
per sé inidonei a fornire alcuna conferma in ordine all’effettiva condotta colposa dell’imputato e, segnatamente, della violazione dei limiti di velocità nell’occasione allo stesso contestata, oltre che
dell’effettiva collocazione del pedone nel campo del sinistro al momento del fatto.
2.1. –

Con il secondo motivo il ricorrente censura la sentenza
d’appello per violazione di legge, in relazione agli artt. 589 c.p. e 190
c.d.s., avendo la corte territoriale omesso di considerare adeguatamente il determinante rilievo assunto dal comportamento gravemente imprudente nella specie osservato dal pedone ai fini della produzione dell’evento lesivo allo stesso occorso, avendo quest’ultimo proceduto all’attraversamento della strada percorsa dall’imputato in
modo improvviso e repentino, sì da a impedire ogni possibile manovra idonea a scongiurare il verificarsi dell’evento.
2.2. –

i.

3

2.3. – Con il terzo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione di legge in relazione alla ricostruzione del nesso di causalità a monte del decesso del Molinaro, operato dalla corte
territoriale sulla base di una consulenza medica lacunosa e nel suo
complesso inidonea a fornire adeguate certezze circa l’effettiva riconducibilità del decesso della vittima (e in particolare dell’arresto cardiaco dalla stessa subito) al sinistro stradale oggetto di causa (nella
specie verificatosi ben sei anni prima di detto decesso), avendo lo
stesso consulente medico espressamente sottolineato di non aver potuto verificare l’adeguatezza delle cure (giudicate peraltro ‘particolarmente costose’) prestate al Molinaro nel corso degli anni da
quest’ultimo trascorsi in stato di corna.
2.4. — Con il quarto motivo, il ricorrente censura la sentenza
impugnata per violazione di legge in relazione alla determinazione
del trattamento sanzionatorio inflitto all’imputato, ingiustificatamente stabilito, dai giudici del merito, in misura superiore al minimo
edittale in contrasto con gli obiettivi indici desumibili dalla concreta
entità del fatto valutabile ai sensi dell’art. 133 c.p..
Considerato in diritto
3. — Ritiene preliminarmente la corte di evidenziare l’inconferenza della doglianza sollevata dal ricorrente con riguardo alla pretesa mancata assunzione di una prova decisiva (tale asseritamente essendo la perizia invocata nel corso del giudizio), valendo al riguardo il
richiamo all’insegnamento di questa giurisprudenza di legittimità secondo cui deve ritenersi ‘prova decisiva’, ai sensi dell’art. 6o6 lett. d)
c.p.p., quella sola prova che, confrontata con le argomentazioni contenute nella motivazione, si riveli tale da dimostrare che, ove esperita, avrebbe sicuramente determinato una diversa pronuncia (Cass.,
Sez. 2, n. 16354/2006, Rv. 234752; Cass., Sez. 6, n. 14916/2010, Rv.

Sotto altro profilo, il ricorrente si duole del mancato accertamento, ad opera della corte territoriale, dell’idoneità in concreto,
dell’eventuale comportamento alternativo lecito dell’imputato, ad
evitare l’evento, trascurando un’adeguata considerazione della c.d.
‘causalità della colpa’ del conducente, in presenza di una macroscopica imprudenza rilevata nel comportamento della vittima.

246667), ovvero quella prova che, non assunta o non valutata, vizia la
sentenza intaccandone la struttura portante (Cass., Sez. 3, n.
27581/2010, Rv. 248105).
Con particolare riguardo al procedimento peritale, peraltro,
questa stessa corte di legittimità ha ripetutamente statuito il principio, consolidatosi nel tempo, in forza del quale la perizia non può farsi rientrare nel concetto di ‘prova decisiva’, giacché la sua disposizione, da parte del giudice, in quanto legata alla manifestazione di un
giudizio di fatto, ove assistito da adeguata motivazione, è insindacabile ai sensi dell’articolo 606, lett. d) c.p.p. (v. Cass., Sez. 5, n.
12027/1999, Rv. 214873 e successive conformi fino a Cass., Sez. 4, n.
14130/2007, Rv. 236191).
Nel caso di specie, la corte territoriale ha adeguatamente motivato, in termini di coerenza logica e congruità argomentativa, la decisione di non disporre la perizia invocata dalla difesa, avendo evidenziato come non vi fosse spazio per procedere alla richiesta rinnovazione dell’istruttoria, stante la completezza del dibattimento celebrato in primo grado, idoneo a consentire un’adeguata ricostruzione
dell’esatta dinamica del sinistro, attraverso il contenuto delle deposizioni dei testi assunti e i dati oggettivi rilevati nell’immediatezza del
fatto (v. p. 2 della sentenza d’appello).
Nel merito della ricostruzione del sinistro, la corte territoriale
ha evidenziato come le censure sollevate dalla difesa avverso la sentenza di primo grado non fossero valsi a scalfire il ‘granitico quadro
probatorio’ emerso dall’istruttoria dibattimentale, sottolineando come il verbale di sopralluogo redatto nell’immediatezza dagli operanti
intervenuti sul posto non presentasse alcuna imprecisione, né alcuna
carenza, avendo fedelmente riportato tutti gli elementi salienti del
sinistro per come accertati sul luogo dell’incidente (cfr. pag. 2 cit.).
In particolare, la corte territoriale ha rilevato come le circostanze costituite dai danni riportati dall’autovettura dell’imputato
(per come descritti negli atti), e dal fatto che la vittima fosse stata
sbalzata lontano dalla vettura a seguito dell’urto, valessero a confermare come la velocità nell’occasione tenuta dall’imputato fosse particolarmente sostenuta, e certamente non adeguata e commisurata alle
condizioni di tempo e di luogo esistenti su quel tratto di strada, trattandosi di zona trafficata, con movimento di persone legato

4

all’occasionale celebrazione di una ‘festa della birra’ in corso di svolgimento nelle vicinanze.
Proprio il ricorso di tali specifiche circostanze — anche in assenza di eventuali limiti di velocità imposti in loco – avrebbe dovuto
indurre, nel conducente l’autovettura, la consapevolezza dell’obbligo
di tenere una condotta di guida particolarmente prudente e attenta,
dovendosi ragionevolmente presumere l’elevata probabilità della presenza di persone in transito sulla sede stradale, con la conseguente
prevedibilità della circostanza per cui eventuali incidenti o investimenti di pedoni avrebbero potuto essere evitati unicamente adottando una condotta di guida attenta, caratterizzata da ridotta velocità di
transito e prontezza di riflessi.
Nel caso di specie, viceversa, proprio l’assenza di alcuna traccia di frenata in corrispondenza del punto d’urto tra la vettura
dell’imputato e la vittima era valsa a dimostrare ragionevolmente, secondo la corte d’appello, come il Costanzo procedesse distrattamente
alla guida – probabilmente propria causa della festa in corso – per tale
ragione non avvedendosi del pedone, se non nel momento del relativo attraversamento della sede stradale.
Riprendendo il contenuto delle testimonianze puntualmente
riproposte nel corpo della motivazione, la corte territoriale ha sottolineato come nelle condizioni di movimento e presenza di persone
così ricostruiti, l’imputato, là dove avesse avuto la necessaria attenzione e cura alla guida, ben avrebbe avuto la possibilità di avvistare il
pedone all’inizio del suo attraversamento stradale (e non già quando
lo stesso si trovava a metà della carreggiata) e Oli:razionare tempestivamente il sistema frenante (che a bassa velocità avrebbe determinato un arresto in pochi metri della vettura condotta), così evitando il
sinistro, quanto meno nelle rovinose conseguenze nella specie determinatesi.
Quanto all’incidenza causale del comportamento stradale tenuto dalla vittima, la corte territoriale ha correttamente richiamato i
principi sul punto sanciti dalla giurisprudenza di legittimità in forza
dei quali, in caso di attraversamento stradale di pedoni fuori dalle
apposite strisce, deve ritenersi che il conducente di autoveicoli sia tenuto a rallentare la velocità, fino a interrompere la marcia, al fine di
evitare incidenti che potrebbero derivare proprio dalla mancata cessione della precedenza in favore del pedone, dovendo il conducente

5

dell’autovettura vigilare al fine di avvistare il pedone, implicando il
relativo avvistamento la percezione di una situazione di pericolo in
presenza della quale lo stesso conducente è tenuto a porre in essere
gli accorgimenti necessari a prevenire il rischio di investimento, salva
l’ipotesi di un’oggettiva e assoluta impossibilità per il conducente di
avvistare il pedone, al di là di ogni possibile adempimento degli obblighi di diligenza cfr. Cass., Sez. 4, n. 3347/1994, Rv. 197931; Cass.,
Sez. 4, n. 40908/2005, Rv. 232422).
Varrà altresì richiamare, sul punto, il principio di recente statuito da questa corte, ai sensi del quale, in tema di reati commessi
con violazione di norme sulla circolazione stradale, il comportamento
colposo del pedone investito dal conducente di un veicolo costituisce
mera concausa dell’evento lesivo, che non esclude la responsabilità
del conducente; e può costituire causa sopravvenuta, da sola sufficiente a determinare l’evento, soltanto nel caso in cui risulti del tutto
eccezionale, atipico, non previsto né prevedibile, cioè quando il conducente si sia trovato, per motivi estranei ad ogni suo obbligo di diligenza, nella oggettiva impossibilità di avvistare il pedone ed osservarne per tempo i movimenti, che risultino attuati in modo rapido,
inatteso ed imprevedibile (cfr. Cass., Sez. 4, n. 23309/2011, Rv.
250695; Cass., Sez. 4, n. 10635/2013, Rv. 255288).
Nel caso di specie, la corte territoriale ha espressamente evidenziato come, dal complesso degli elementi istruttori acquisiti, non
fossero emersi elementi per poter sostenere il ricorso di fatti tali da
rendere impossibile per l’imputato l’avvistamento del pedone, non
essendo emersa alcuna repentinità nel relativo attraversamento, né
alcun imprevedibilità nel comportamento dello stesso (v. pag. 6 della
sentenza impugnata).
Quanto alla censura sollevata dal ricorrente in relazione all’operato del consulente tecnico medico, rileva il collegio come la corte
territoriale ne abbia correttamente evidenziato l’infondatezza, avendo
detto consulente riferito di aver esaminato tutta la documentazione
medica disponibile in relazione alla condizione e alla storia clinica del
Molinaro (salva l’irrilevante documentazione riguardante le cliniche
riabilitative nelle quali il Molinaro aveva fatto ingresso in stato di
coma irreversibile), e avendo lo stesso confermato la sussistenza di
uno stretto nesso di causalità tra il sinistro oggetto di causa e le lesioni riportate dal Molinaro in occasione dello stesso, senza che la suc-

6

cessiva immobilizzazione al letto imposta dallo stato di coma in cui
Molinaro era caduto — o la successiva complessiva gestione sanitaria
dello stesso — avessero spiegato alcuna incidenza causale di per sé sola determinante nella provocazione del decesso del paziente avvenuta
per arresto cardiocircolatorio conseguente a “shock ed insufficienza
multiorganica”.
Anche in relazione a tale ultimo aspetto, la corte territoriale ha
in ogni caso correttamente richiamato l’insegnamento della giurisprudenza di legittimità ai sensi del quale l’eventuale errore dei sanitari nella prestazione delle cure alla vittima di un incidente stradale
non può ritenersi causa autonoma e indipendente, tale da interrompere il nesso causale tra il comportamento di colui che ha causato
l’incidente e la successiva morte del ferito (Cass., Sez. 4, n.
41293/2007, Rv. 237838), dovendo ritenersi, in particolare, che, in
tema di lesioni personali seguite dal decesso della vittima, l’eventuale
negligenza o imperizia dei medici, ancorché di elevata gravità, non
elide, di per sé, il nesso causale tra la condotta lesiva e l’evento morte,
in quanto l’intervento dei sanitari costituisce, rispetto al soggetto leso, un fatto tipico e prevedibile, anche nei potenziali errori di cura,
mentre ai fini dell’esclusione del nesso di causalità occorre un errore
del tutto eccezionale, abnorme, da solo determinante l’evento letale,
conseguendone, in tal caso, l’applicabilità dell’art. 41, comma i e non
dell’art. 41, comma 2, c.p. (Cass., Sez. 5, n. 29075/2012, Rv. 253316):
abnormità ed eccezionalità nella specie del tutto escluse.
La motivazione così complessivamente compendiata dalla corte territoriale deve ritenersi pienamente esauriente e del tutto immune da alcun vizio d’indole logica o giuridica, tale da sfuggire integralmente ad ognuna delle censure contro di essa rivolte dall’odierno ricorrente.
Quanto infine al trattamento sanzionatorio inflitto all’imputato, la corte territoriale – con motivazione logicamente coerente e adeguatamente argomentata – ha evidenziato come lo stesso dovesse
considerarsi pienamente congruo e coerente ai fatti di causa; fatti che
lo stesso giudice d’appello ha ritenuto caratterizzati da particolare
gravità, soprattutto perché verificatisi in pieno centro abitato dove
notoriamente l’attenzione del conducente stradale deve essere maggiore stante l’elevata prevedibilità dell’attraversamento pedonale.

7

8

Per questi motivi
La Corte Suprema di Cassazione, rigetta il ricorso e condanna
il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 22.10.2013.

4. – Il complesso delle argomentazione che precedono, nell’attestare l’integrale infondatezza di tutte le doglianze avanzate
dall’imputato con il ricorso proposto in questa sede, impone il rigetto
dello stesso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali.

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA