Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 44760 del 10/10/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 44760 Anno 2013
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: DOVERE SALVATORE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CAPOFERRI DANIELE N. IL 25/04/1988
avverso la sentenza n. 1452/2011 CORTE APPELLO di BRESCIA, del
08/06/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 10/10/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. SALVATORE DOVERE
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Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
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che ha concluso per 2 (a~ma224.,z
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Data Udienza: 10/10/2013

RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Brescia condannava Capoferri Daniele, imputato del reato
di guida in stato di ebbrezza alcolica [art. 186, co. 2 lett. c) C.d.s.] commesso il
24.2.2008, alla pena di mesi due di arresto, sostituita con la sanzione di euro
2.880,00 di ammenda, disponendo altresì la sospensione della patente di guida
per mesi due.

2. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di Appello di Brescia ha

attribuzione del fatto all’imputato nonché le modalità di accertamento della
condizione di ebbrezza alcolica.

3. Ricorre per cassazione nell’interesse dell’imputato il difensore di fiducia
avv. Paolo Macchion che deduce:
a) violazione degli artt. 178 lett c) e 601 cod. proc. pen. per essere il
decreto di citazione emesso dalla Corte di Appello invalido perché reca erronea
indicazione del provvedimento impugnato;
b) inosservanza del termine a comparire nel giudizio di appello;
c) vizio motivazionale circa le modalità di identificazione del soggetto che
trovavasi alla guida del veicolo e circa le modalità operative sull’uso
dell’apparecchio di misurazione del tasso alcolico; si lamenta il giudizio espresso
dalla Corte di Appello circa la inutilità dell’assunzione di testimonianze sul tema.
CONSIDERATO IN DIRITTO
4. In via preliminare va rilevato come il reato per cui si procede risulta
estinto per prescrizione. Commesso il 24.2.2008, esso conosce un termine
massimo di prescrizione pari ad anni cinque, decorso con il trascorrere del
24.2.2013.
4.1. Dall’estinzione del reato discende la necessità di disporre l’annullamento
senza rinvio della pronuncia impugnata. Invero, il ricorso non risulta
manifestamente infondato, tale da imporre una declaratoria di inammissibilità,
con la conseguenza del mancato incardinarsi del rapporto processuale. Come
affermato ancor di recente, “conclusosi il giudizio di merito, il successivo spirare
del tempo necessario per determinare (in astratto) la prescrizione del reato può
non aver rilievo, se l’imputato non è in grado di sottoporre al giudice di
legittimità una impugnazione che sia tale da “mantenere in vita” il rapporto
processuale. In tal caso, l’atto di ricognizione riguarda, appunto, la “morte” di
tale rapporto (e dunque la inoperatività della prescrizione), non la “morte” del
reato (per prescrizione), che, per quel che si è detto, essendo sopraggiunta dopo

confermato la descritta decisione, rigettando l’appello che censurava il giudizio di

la fase di merito, non può aver rilievo” (Sez. 5, n. 47024 del 11/07/2011,
Varone, Rv. 251209).
Allo stesso tempo, non emerge neppure l’evidenza della prova dell’innocenza
dell’imputato, sì da doversi pronunciare il proscioglimento del medesimo, ai sensi
dell’art. 129 cod. proc. pen.
A fronte della constatazione dell’estinzione del reato (come, nella specie, la
prescrizione), il giudice deve pronunciare l’assoluzione nel merito solo nei casi in
cui le circostanze idonee ad escludere l’esistenza del fatto, la sua rilevanza

assolutamente incontestabile, tanto che la valutazione da compiere in proposito
appartiene più al concetto di “constatazione” che a quello di “apprezzamento”.
Ciò in quanto il concetto di “evidenza”, richiesto dal comma 2 dell’art. 129 cod.
proc. pen., presuppone la manifestazione di una verità processuale così palese
da rendere superflua ogni dimostrazione, concretandosi in una pronuncia
liberatoria sottratta ad un particolare impegno motivazionale (ex pluribus, Cass.,
Sez. 5, 11 novembre 2003, Marcenaro; Sez. 3, 30 aprile 2003, proc. gen. App.
Bari in proc. Mascolo).
Tanto vale anche per il giudice di legittimità, giacchè “in presenza di una
causa di estinzione del reato l’ambito del controllo di legittimità sulla
giustificazione della decisione è circoscritto alla evidenza delle condizioni di cui
all’art. 129, comma secondo, cod. proc. pen., secondo un criterio che attiene alla
constatazione piuttosto che all’apprezzamento giacché l’annullamento con
rinvio è incompatibile con la declaratoria di estinzione del reato stabilito dagli art.
129, comma primo, e 620, comma primo, lett. a) cod. proc. pen.” (Sez. 5, n.
4233 del 11/11/2008 – dep. 29/01/2009, Mazzamuto, Rv. 242959).
Solo in presenza di una condanna al risarcimento dei danni o alle restituzioni
pronunciata dal primo giudice o dal giudice d’appello) ed essendo ancora
pendente l’azione civile, il giudice penale, secondo il disposto dell’art. 578 cod.
proc. pen., tenuto, quando accerti l’estinzione del reato per amnistia o
prescrizione, ad esaminare il fondamento della medesima azione. In questi casi
la cognizione del giudice penale, sia pure ai soli effetti civili, rimane integra e il
giudice dell’impugnazione deve interamente verificare l’esistenza di tutti gli
elementi della fattispecie penale al fine di confermare o meno il fondamento della
condanna alle restituzioni o al risarcimento pronunciata dal primo giudice (o dal
giudice di appello nel caso in cui l’estinzione del reato venga pronunziata dalla
Corte di cassazione).
4.2. Nel caso di specie, va escluso che dagli elementi probatori indicati dalla
Corte di Appello emerga l’innocenza del Capoferri con evidenza tale da ridurre
l’attività giudiziale a mera constatazione, avendo il giudice di secondo grado reso

penale o la non commissione da parte dell’imputato, emergano dagli atti in modo

una motivazione pertinente e congrua con la quale ha esplicato che
l’identificazione del Capodiferri come conducente del veicolo venne fatta
mediante la patente di guida dello stesso. Che ciò nonostante l’imputato non
fosse colui che era alla guida è evenienza che neppure il ricorrente afferma con
nettezza, limitandosi a formulare mere ipotesi, senza peraltro indicare quali
elementi processuali rendano le stesse verosimili.
4.3. Quanto al secondo profilo, va esplicato che il primo motivo risulta
manifestamente infondato, perché l’indicazione del provvedimento impugnato è

riferisce il decreto e la circostanza che il decreto di citazione a giudizio recasse
un errato numero di registrazione della sentenza impugnata non vale a
configurare alcuna ipotesi di nullità (che risulterebbe – in applicazione del
principio generale della sanatoria delle citazioni, degli avvisi e delle notificazioni
di cui all’art. 184 c.p.p.- sanata, posto che l’atto in questione raggiunse lo scopo
per il quale era stato emanato e cioè di chiamare a giudizio le parti, senza alcuna
compromissione dei diritti della difesa).
4.4. Non altrettanto può ritenersi quanto al secondo motivo che risulta
infondato. In tema di giudizio di appello, la violazione del termine a comparire,
stabilito in venti giorni dall’art. 601, comma terzo, cod. proc. pen., comporta una
nullità di ordine generale a regime intermedio (Sez. 4, n. 40897 del
28/09/2012 – dep. 18/10/2012, Migliorino, Rv. 255005), che deve essere
dedotta nel termine di cui all’art. 491 cod. proc. pen., con la conseguenza che la
relativa eccezione non può essere proposta per la prima volta in sede di
legittimità (Sez. 5, n. 35883 del 17/07/2009 – dep. 16/09/2009, Santagata, Rv.
245101). Nel caso che occupa, all’udienza dell’8.6.2012, contumace l’imputato,
la difesa non propose alcuna eccezione, pur essendo stato notificato il decreto di
citazione all’imputato il 29.5.2012, quindi senza il rispetto del termine.

5. Va pertanto disposto l’annullamento senza rinvio della sentenza
impugnata, per essere il reato estinto per prescrizione.
P.Q.M.
annulla la sentenza impugnata, senza rinvio, perché il reato addebitato è estinto
per intervenuta prescrizione.
Così decisa in Roma, nella camera di consiglio del 10 ottobre 2013.
Il Presidente

Il Consigliere estensore
dr. Salv

Dovere

dr.

etanino Zecca

solo uno degli elementi che permettono di identificare il procedimento al quale si

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

IV Sezione Penale

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