Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 44758 del 10/10/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 44758 Anno 2013
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: DOVERE SALVATORE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
FALLANCA ANTONINO N. IL 15/06/1971
avverso la sentenza n. 659/2008 CORTE APPELLO di REGGIO
CALABRIA, del 25/10/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 10/10/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. SALVATORE DOVERE
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
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che ha concluso per

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e ivi e,
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Data Udienza: 10/10/2013

RITENUTO IN FATTO
1. Fallanca Antonino veniva giudicato dal Tribunale di Reggio Calabria
responsabile della illecita coltivazione di ventiquattro piantine di cannabis sativa
e condannato alla pena di mesi otto di reclusione, previa concessione delle
attenuanti generiche, e dell’attenuante di cui all’art. 73, co. 5 T.U. Stup. nonché
diminuzione per il rito abbreviato.
Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di Appello di Reggio Calabria ha

ritenuto accertato che il Fallanca fosse l’autore della coltivazione delle piante di
cannabis rinvenute presso l’abitazione della madre dell’imputato, e ciò sulla
scorta del fatto che all’atto dell’arrivo delle forze dell’ordine in quell’abitazione vi
venne rinvenuto, nonostante fossero le ore 23,15 il Fallanca che indossava abiti
sporchi di terra. La Corte di Appello non riteneva decisiva la circostanza che
l’imputato avesse la propria residenza in altro luogo.

2. Avverso tale decisione ricorre per cassazione il Fallanca a mezzo del
difensore di fiducia, avv. Giuseppe Nardo.

2.1. Con unitario motivo deduce violazione di legge e vizio motivazionale,
rilevando travisamento della prova laddove la Corte di Appello ha affermato che
il Fallanca si trovava presso l’abitazione della madre esclusivamente per farle
visita, risultando dagli elementi acquisiti al processo che la presenza era stata
dovuta alla decisione delle forze dell’ordine di far seguire, ad una prima
perquisizione negativa svolta presso la casa della sorella dell’imputato, una
seconda presso l’abitazione della madre, come dimostrato dalla presenza in loco
anche della menzionata sorella. Tanto il giudice di primo grado che la Corte di
Appello hanno omesso di prendere in esame tale circostanza e di motivare in
ordine all’incidenza di essa, nonostante il tenore dei motivi di appello. Mancando
una motivazione sul punto non può ravvisarsi alcuna ‘doppia conforme’ ostativa
alla considerazione del travisamento della prova.
CONSIDERATO IN DIRITTO
4. Il ricorso è fondato, nei termini di seguito precisati.
4.1. Il lamentato travisamento della prova, sub specie di omessa valutazione
di circostanze decisive, non può trovare accoglienza nel presente giudizio, sia
perché si verte in ipotesi di ‘doppia conforme’ (Sez. 4, n. 19710 del 03/02/2009
– dep. 08/05/2009, P.C. in proc. Buraschi, Rv. 243636), sia perché il ricorso non
soddisfa il principio di autosufficienza (Sez. 4, n. 37982 del 26/06/2008 – dep.
03/10/2008, Buzi, Rv. 241023).

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confermato integralmente la menzionata sentenza. Il giudice di seconde cure ha

Tuttavia, nel caso che occupa si rinviene una mancanza parziale di
motivazione, atteso che il giudice del gravame ha omesso di esplicitare quale
valutazione abbia operato del motivo di appello che evidenziava talune
circostanze in chiave critica rispetto all’argomentazione svolta dal primo giudice,
per il quale la presenza del Fallanca presso l’abitazione della madre non poteva
trovare causa in una visita alla genitrice, stante l’ora, ed anzi trovava causa
proprio nella titolarità della piantagione illecita. Invero, l’atto di appello
segnalava all’attenzione del giudice di secondo grado: la palese illogicità del

attribuita la coltivazione in quanto poco più che cinquantenne; l’omessa
considerazione del possibile coinvolgimento di terza persona; la sussistenza,
sulla scorta dei dati acquisiti al processo, di una ragione alternativa della
presenza sul posto del Fallanca, ovvero la imminente perquisizione che gli
operanti erano intenzionati ad estendere all’abitazione della Lazzarino; la
possibilità che altri familiari potessero versare nella medesima condizione
dell’imputato, quanto a frequentazione della casa della Lazzarino e a disponibilità
del terreno e della coltivazione.
Secondo il costante insegnamento di questa Corte, il mancato esame di un
motivo di appello non costituisce causa di annullamento della sentenza
impugnata ove assolutamente indeterminato e generico, sì da dover essere
comunque dichiarato inammissibile (Sez. 4, n. 1982 del 15/12/1998 – dep.
16/02/1999, Iannotta A, Rv. 213230; Sez. 4, n. 24973 del 17/04/2009 – dep.
16/06/2009, Ignone e altri, Rv. 244227); tuttavia, ove non si versi in tale ipotesi
il giudice dell’appello è tenuto ad esplicare le ragioni per le quali ritiene di dover
disattendere i rilievi dell’appellante e all’inosservanza di siffatto onere consegue,
ove le specifiche doglianze formulate dall’interessato siano dotate del requisito
della decisività (Sez. 6, n. 35918 del 17/06/2009 – dep. 16/09/2009, Greco, Rv.
244763), l’annullamento del provvedimento impugnato.
Orbene, nel caso in esame, la Corte di Appello non ha preso in esame le
circostanze sopra ricordate ma si è limitata a reiterare lo sviluppo argomentativo
adottato dal primo giudice, nonostante non possa affermarsi che quelle
evidenziate dall’appellante fossero circostanze non decisive. Nell’economia della
motivazione della pronuncia di condanna appare fondamentale il giudizio di
inverosimiglianza espresso dai giudici di merito in ordine alla causale indicata dal
Fallanca per giustificare la propria presenza presso la madre (una visita). Ma tale
giudizio non si confronta con la prospettazione difensiva che stabilisce un nesso
tra tale presenza e l’imminente perquisizione, nonostante quella incida proprio
sul fulcro della ricostruzione giudiziale. Una prospettazione che, qualora valutata
fondata, non potrebbe non determinare una riconsiderazione della valenza

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giudizio secondo il quale alla Lazzarino, madre dell’imputato, non poteva essere

indiziaria degli altri elementi intesi come di reità (quali il vestiario del Fallanca),
anche alla luce della possibilità – evidenziata dalla estensione della perquisizione
che inizialmente aveva interessato l’abitazione di altri congiunti – che i luoghi
fossero nella disponibilità (anche o esclusivamente) di quei soggetti nei confronti
dei quali era indirizzata la ricerca delle armi.
In conclusione, la sentenza impugnata merita di essere annullata, con rinvio
alla Corte di Appello di Reggio Calabria, la quale dovrà prendere in esame il
motivo di appello avente ad oggetto il mancato esame delle circostanze sopra

dell’esito di tale esame.
P.Q.M.
Annulla la impugnata sentenza e rinvia alla Corte di Appello di Reggio Calabria
per nuovo esame.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 10/10/2013.

evidenziate e operare una nuova valutazione del compendio probatorio alla luce

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