Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 44750 del 03/10/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 44750 Anno 2013
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: DOVERE SALVATORE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MARINI ANTONIO – DECEDUTO – N. IL 06/07/1927
avverso la sentenza n. 575/2010 CORTE APPELLO di L’AQUILA, del
20/12/2010
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 03/10/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. SALVATORE DOVERE
Udito il Procuratore Ggnerale in persona del Dott. Vtoe.61-4
che ha concluso per A

J:A4

Data Udienza: 03/10/2013

RITENUTO IN FATTO
1. Marini Antonio veniva giudicato dal Tribunale di Pescara responsabile
dell’infortunio mortale occorso al lavoratore Rino Parone, in qualità di datore del
lavoro del medesimo e di responsabile del servizio di prevenzione della ditta
‘Antonio Marini e Figli s.n.c.’ e condannato alla pena di anni uno di reclusione,
pena condizionalmente sospesa e dichiarata estinta per indulto, nonché al
risarcimento dei danni in favore delle costituite parti civili, alle quali veniva
concessa una provvisionale immediatamente esecutiva, al cui pagamento veniva

Secondo l’accertamento del primo giudice il Parone, dopo aver svolto il
lavoro di installazione di un avvolgicavi sulla colonna montante di un carrello
elevatore stando seduto sul tetto del macchinario e con il volto diretto verso la
predetta colonna, stava scendendo dalla propria postazione facendosi scivolare
lungo la parte anteriore del carrello quando inavvertitamente azionava la leva di
brandeggio della colonna che, con movimento brusco e repentino, si spostava
verso la cabina del macchinario e colpiva al capo il lavoratore, schiacciandogli la
testa contro il bordo anteriore del tetto.

2. Avverso tale decisione proponeva appello l’imputato; impugnazione che
la Corte di Appello di L’Aquila ha rigettato, confermando integralmente la
sentenza impugnata. Il giudice di seconde cure ha ritenuto che quanto
emergente dagli atti, e segnatamente dalle conclusioni del medico legale autore
dell’autopsia nonché dalla leggera introflessione del bordo del tetto del carrello,
militi per la tesi dello schiacciamento del cranio del lavoratore piuttosto che per
quella – sostenuta dalla difesa – dell’impatto del medesimo con la barra
trasversale del montante; ma che anche a propendere per quest’ultima tesi la
responsabilità dell’imputato non sia dubitabile in quanto egli aveva omesso di
pretendere che il Parone utilizzasse la scala per salire e scendere dal posto di
lavoro e che utilizzasse il casco: omissioni che avevano avuto efficienza causale
nella produzione dell’evento.

3. Avverso tale decisione ricorre per cassazione il Marini a mezzo del
difensore di fiducia, avv. Giuliano Milia.
3.1. Con un primo motivo deduce violazione di legge e vizio della
motivazione, avendo la Corte di Appello ritenuto – con la difesa – che il Parone
aveva subito un violento colpo alla regione frontale del cranio e non lo
schiacciamento del medesimo. Per l’esponente, tanto configura una violazione
degli artt. 521 e 522 cod. proc. pen. In secondo luogo si rileva che la Corte
territoriale ha ribadito il giudizio di responsabilità dell’imputato, senza però

2

subordinata la sospensione condizionale della pena.

contraddire l’assunto difensivo della non riferibilità dell’art. 27 d.p.r. 547/55
all’attività in questione.
3.2. Con un secondo motivo si deducono analoghi vizi in relazione al rigetto
dell’eccezione di estinzione del reato per prescrizione. Dopo aver ricordato i
mutamenti normativi che hanno riguardato il regime della prescrizione del reato,
il ricorrente si duole che la Corte non abbia considerato che alla data di
commissione il fatto per cui si procede era punito con la pena da uno a cinque
anni e quindi che la disciplina introdotta dalla legge n. 251/2005 ne prevedeva la

l’art. 157 cod. pen. non prevedeva all’epoca del commesso reato il raddoppio
del termine di prescrizione del reato in argomento, introdotto dal nuovo testo
dell’art. 157 cod. pen., tale raddoppio non può trovare applicazione nel caso in
esame.

3.3. Con un terzo motivo si deduce violazione di legge e vizio motivazionale
in relazione alla mancata concessione delle attenuanti generiche, sulla scorta di
una motivazione che ignora gli elementi a favore indicati dalla difesa.

CONSIDERATO IN DIRITTO
4. La sentenza impugnata va annullata senza rinvio per essere estinto il
reato per morte dell’imputato.
E’ stato acquisito agli atti il certificato di morte del Marini, emesso dal
Comune di Pescara il 28.3.2013, il quale attesta che l’imputato è deceduto il 27
marzo 2013.
La morte dell’imputato, intervenuta successivamente alla proposizione del
ricorso per cassazione, impone l’annullamento senza rinvio della sentenza, per
estinzione del reato, con l’enunciazione della relativa causale nel dispositivo,
risultando esaurito il rapporto processuale ed essendo preclusa ogni eventuale
pronuncia di proscioglimento nel merito ex art. 129, comma secondo, cod. proc.
pen., tanto più quando non risulti, dal testo del provvedimento impugnato
l’evidenza di alcuna delle situazioni previste da tale ultima disposizione e non
emergano elementi che rendano palese l’incapacità di intendere e di volere
dell’imputato al momento dei fatti (Sez. 1, n. 11856 del 06/10/1995 – dep.
04/12/1995, Torri, Rv. 203241).
Nel caso che occupa, il tenore delle censure avanzate dal ricorrente, per
come esposte nella superiore parte narrativa, danno contezza della inesistenza
dell’evidenza della prova della innocenza dell’imputato.

P.Q.M.
Annulla senza rinvio la impugnata sentenza perché estinto il reato per morte
dell’imputato.

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prescrizione dopo sei anni, elevati eventualmente a sette anni e mezzo. E poiché

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 3.10.2013.

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