Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 44738 del 01/10/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 44738 Anno 2013
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: MONTAGNI ANDREA

Data Udienza: 01/10/2013

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
QUINTILI SERGIO N. IL 29/08/1945
avverso la sentenza n. 826/2011 CORTE APPELLO di ANCONA, del
31/05/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 01/10/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANDREA MONTAGNI
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Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
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Ritenuto in fatto
1. La Corte di Appello di Ancona, con sentenza del 31.05.2012, confermava
la sentenza di condanna resa dal Tribunale di Fermo in data 8.11.2010, con la quale
Quintili Sergio era stato ritenuto responsabile del reato di cui all’art. 590, cod. pen.
Al Quintili si contesta, nella sua qualità di legale rappresentante della
Picenum Plast, di avere cagionato al lavoratore Belleggia Silvano lesioni personali
gravi, per colpa consistita nell’inosservanza delle norme per la prevenzione degli

prevenuto si addebita di aver omesso di adottare le misure necessarie a tutelare
l’integrità fisica del lavoratore e di aver adibito il Belleggia ad una macchina
stampaggio, senza aver adottato misure idonee a ridurre al minimo il pericolo
conseguente alla rimozione delle protezioni e dei dispositivi di sicurezza, sicché il
dipendente, nell’intento di raccogliere un pezzo di tubo, appoggiava la mano su di
un montante e si procurava lo schiacciamento del quinto dito della mano sinistra.
La Corte territoriale, nel censire le specifiche ragioni di doglianza dedotte
dalla parte appellante, rilevava che il macchinario al quale era addetto il lavoratore
infortunato non era dotato di dispositivi di sicurezza volti ad evitare il contatto
anche accidentale, degli arti di lavoratori con le parti in movimento, come prescritto
dall’art. 47, d.P.R. n. 547/1955. Il Collegio osservava inoltre che dalla espletata
istruttoria era emerso che la regolazione della macchina doveva essere effettuata
previa rimozione della griglia di protezione, ma a macchina spenta; che, di
converso, nel caso di specie detta attività era stata svolta con la macchina in
movimento; e che la macchina non era dotata né di comandi manuali né di
regolazione della velocità, presidi che avrebbero evitato l’accidentale
agganciamento alle parti in movimento. Infine, la Corte sottolineava che l’imputato,
solo all’indomani dell’infortunio, aveva dotato la macchina stampaggio di appositi ed
adeguati dispositivi, in precedenza mancanti, volti ad evitare il contatto anche
accidentale, degli arti superiori negli ingranaggi del macchinario in movimento.
2. Avverso la predetta sentenza della Corte di Appello di Ancona ha proposto
ricorso per cassazione Quintili Sergio, a mezzo del difensore.
Con il primo motivo il ricorrente denuncia l’erronea applicazione della legge
penale, per omessa applicazione degli artt. 49 e 82 d.P.R. n. 547/1955, in luogo
dell’art. 47, d.P.R. n. 547/1955.
La parte rileva che la Corte di Appello ha ritenuto che il lavoratore
infortunato stesse eseguendo una fase della lavorazione ed ha perciò escluso la
riconducibilità della fattispecie alle ipotesi di manutenzione del macchinario,
disciplinate dall’art. 82, d.P.R. n. 547/1955. Osserva che del pari è stato escluso il
riferimento ad operazioni di registrazione di organi in moto, di cui all’art. 49, d.P.R.
n. 547/1955.
2

infortuni sul lavoro, in riferimento all’art. 47 d.P.R. n. 547/1955. In particolare, al

L’esponente sottolinea che la Corte territoriale neppure ha ritenuto
applicabile la disposizione in tema di protezione delle macchine di cui all’art. 68,
d.P.R. n. 547/1955, avendo basato la propria decisione sul fatto che il lavoratore
stesse svolgendo l’attività di regolazione con la macchina in moto, secondo quella
che è stata presuntivamente ritenuta una prassi aziendale. Al riguardo, la parte
rileva che il lavoratore stava eseguendo la regolazione del pezzo, come dallo stesso
riferito nel corso dell’esame dibattimentale; ed osserva che, conseguentemente,

Con il secondo motivo il ricorrente deduce il vizio motivazionale e l’erronea
applicazione dell’art. 47, d.P.R. n. 547/1955.
Il deducente considera che i giudici di merito hanno omesso di considerare
che l’imputato aveva perfettamente osservato gli obblighi di legge, poiché il
macchinario era dotato di griglia di protezione e dispositivo di sicurezza, cioè di
sensore del blocco del movimento, per il caso di rimozione della griglia, come
previsto dagli artt. 82 e 49 citati, da applicarsi specificamente al caso in esame.
Osserva inoltre che sul posto di lavoro erano stati installati cartelli antinfortunistici
e che ai lavoratori era stata impartita specifica formazione. Sotto altro aspetto,
considera che la Corte di Appello ha apoditticamente affermato che nell’azienda
fosse invalsa la prassi di procedere alla regolazione con la macchina in movimento,
solo perché il lavoratore infortunato aveva proceduto alla regolazione della
macchina in moto. Sul punto, la parte denuncia il travisamento della risultanza
probatoria, atteso che il teste Minnoni aveva espressamente chiarito che la prassi
aziendale era quella di fermare la macchina, per effettuare la regolazione.
Il ricorrente osserva che all’imputato si addebita di non avere dotato la
macchina stampaggio di ulteriori dispositivi di sicurezza, rispetto al sensore di
blocco, dispositivi che involgono, allora, la stessa progettazione del macchinario e
che non risultano riferibili a carico del datore di lavoro.
Con l’ultimo motivo, la parte evidenzia che risulta spirato il termine
prescrizionale massimo, pari ad anni sette e mesi sei, poiché il fatto risale al
7.02.2005.
Considerato in diritto
3. Il ricorso in esame muove alle considerazioni che seguono.
3.1 Il primo ed il secondo motivo di ricorso, che si esaminano
congiuntamente, pongono il tema relativo alla individuazione della normativa
antinfortunistica applicabile al caso di specie e del contenuto degli obblighi
impeditivi gravanti sul datore di lavoro, rispetto alle dotazioni di sicurezza delle
macchine fornite ai lavoratori.
Al riguardo, deve osservarsi che del tutto correttamente la Corte di Appello,
nel confermare la valutazione effettuata dal primo giudice, ha osservato che la
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devono trovare applicazione le norme di cui agli artt. 49 e 82, sopra citati.

fattispecie di giudizio risultava sussumibile nell’ambito applicativo dell’art. 47,
d.P.R. n. 547/1955, norma che detta le disposizioni antinfortunistiche per il caso di
rimozione temporanea dalle macchine delle protezioni e dei dispositivi di sicurezza.
L’art. 47, comma 1, d.P.R. n. 547/1955, stabilisce che le protezioni ed i
dispositivi di sicurezza delle macchine non devono essere rimossi se non per
necessità di lavoro. Il secondo comma, dell’art. 47, cit., prescrive poi che qualora i
dispositivi di protezione vengano rimossi, devono essere immediatamente adottate

Orbene, la Corte di Appello ha evidenziato, sviluppando un percorso
argomentativo immune da aporie di ordine logico e che risulta saldamento ancorato
all’acquisito compendio probatorio: che il dipendente Belleggia doveva procedere
alla regolazione della macchinario; che all’uopo il lavoratore aveva rimosso la griglia
di protezione; che l’attività di regolazione si era svolta con la macchina in
movimento; e che il sinistro si era verificato poiché la macchina non era dotata né
di comandi manuali né di regolazione della velocità, presidi che avrebbero evitato
l’accidentale agganciamento della mano alle parti in movimento. Il Collegio ha
quindi considerato che l’imputato non aveva soddisfatto l’obbligo di dotare i
macchinari di presidi volti a ridurre al minimo il rischio per il lavoratori di attingere
parti meccaniche in movimento.
3.1.2 Si osserva, quindi, che sussiste continuità normativa tra le disposizioni
di cui all’art. 47, d.P.R. 27 aprile 1955, n. 547, sopra richiamate – formalmente
abrogate dall’art. 304, d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81, Testo Unico in materia di tutela
della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro – e la vigente normativa
antifortunistica. Il contenuto delle predette disposizioni, infatti, risulta ad oggi
specificamente recepito e trova corrispondenza nelle norme di cui all’art. 71, d.P.R.
n. 81/2008, ove si prescrive al datore di fornire ai dipendenti attrezzature di lavoro
conformi ai requisiti di sicurezza, disposizioni da leggersi in combinato disposto con
le ancor più minuziose prescrizioni di cui all’allegato V, d.L.gs n. 81/2008, relative
ai requisiti generali applicabili alle attrezzature di lavoro.
3.2 Le considerazioni svolte evidenziano, pertanto, che i motivi di censura
dedotti dall’esponente non risultano fondati. Ciò in quanto, da un lato, deve rilevarsi
che la normativa antinfortunistica, applicabile al caso di specie, obbliga
espressamente il datore di lavoro a mettere a disposizione dei dipendenti
attrezzature conformi ai requisiti di sicurezza; e questa Suprema Corte ha
ripetutamente affermato che in tema di individuazione dei destinatari degli obblighi
relativi alla prevenzione degli infortuni sul lavoro, qualora si tratti di violazioni
connesse all’impiego di macchinari, i titolari dell’impresa non sono esenti da
responsabilità in ordine alla applicazione delle norme antinfortunistiche relative alle
macchine operatrici (Cass. Sez. 4, sentenza n. 18558 del 26.01.2005, dep.
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misure atte a ridurre al limite minimo possibile il pericolo che ne deriva.

18.05.2005, Rv. 231537). Dall’altro, occorre considerare che risulta accertato che la
macchina utilizzata dal dipendente infortunato non era dotata di dispositivi di
sicurezza – adottati solo all’indomani dell’infortunio – tali da ridurre al limite minimo
il rischio derivante dallo svolgimento di operazioni nelle vicinanze delle parti in
movimento.
4. Tanto ritenuto, si osserva che sussistono i presupposti per rilevare, ai
sensi dell’art. 129, comma 1, cod. proc. pen., l’intervenuta causa estintiva del reato

pari ad anni sette e mesi sei. Esclusa, infatti, la ricorrenza delle condizioni per una
pronuncia assolutoria di merito, in considerazione delle conformi valutazioni rese
dai giudici di primo e secondo grado in ordine all’affermazione di penale
responsabilità dell’imputato, sopra esaminate; e rilevato che il presente ricorso non
presenta profili di inammissibilità, deve osservarsi che sussistono i presupposti,
discendenti dalla intervenuta instaurazione di un valido rapporto processuale di
impugnazione, per rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art.
129 cod. proc. pen. maturate, come nel caso di specie, successivamente rispetto
alla sentenza impugnata (la sentenza di secondo grado è stata resa il 31.05.2012,
mentre il termine di prescrizione risulta spirato il 7.08.2012). Si impone, pertanto,
l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, per essere estinto per
prescrizione il reato in addebito.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata, senza rinvio perché estinto per prescrizione il reato
addebitato.
Così deciso in Roma il 10 ottobre 2013
Il Consigliere est.

per il quale si procede, essendo spirato il relativo termine di prescrizione massimo

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