Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 44731 del 09/10/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 44731 Anno 2013
Presidente: GARRIBBA TITO
Relatore: PETRUZZELLIS ANNA

SENTENZA
sui ricorsi proposti da
1. Raffaele Falco, nato a Napoli il 07/02/1980
2. Alessandro Capezzuto, nato a Napoli il 25/01/1975
avverso l’ordinanza del 09/05/2013 del Tribunale di Napoli
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Anna Petruzzellis;
udita la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale Elisabetta Cesqui, che ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi;
udito l’avv. Raffaele Chiummariello, che si è riportato ai ricorsi;
RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 09/05/2013 il Tribunale di Napoli ha confermato la
custodia cautelare in carcere disposta dal Gip di quel Tribunale con
provvedimento dell’8 aprile 2013 nei confronti di Raffaele Falco ed Alessandro
Capezzuto per imputazioni inerenti alla partecipazione all’associazione finalizzata
al traffico di sostanze stupefacenti nonché a numerosi episodi relativi a trattative
di acquisto, detenzione e cessione della stessa per attività svoltesi fino al
gennaio 2011, nonché in relazione al reato di cui all’art. 12 quinques di 8 giugno
1992 n. 306, escludendo l’aggravante contestata di cui all’art.7 di 13 maggio
1991 n. 152.
2.1. Nell’interesse di entrambi si deduce violazione di legge penale e
processuale con riferimento all’individuazione dei gravi indizi di colpevolezza
dell’ipotesi associativa. Manca, secondo i ricorrenti, la ricerca di elementi
attestanti la comunanza di intenti, una suddivisione di compiti ancorché minima
nell’esecuzione di un accordo comune, poiché l’attività contestata risulta

Data Udienza: 09/10/2013

prospettata come concorso nell’esecuzione di reato mono soggettivo. Mancano in
argomento dichiarazioni specifiche individualizzati dei collaboratori di giustizia,
pur richiamate nel provvedimento a sostegno delle proprie conclusioni, non
potendosi desumere solo dalla consumazione di specifici reati di cui all’art. 73 I.
cit. la presenza di un’attività organizzata.
3.1. Nell’interesse del solo Capezzuto la difesa deduce violazione di legge

di cui si è ritenuta la gravità indiziaria in assenza di una compiuta indagine sulle
incompatibilità dei beni formalmente intestati a terzi con le finanze di questi,
soprattutto ove, come nel caso di due degli intestatari, nessun legame di
parentela li collegava all’interessato. Sul punto grava sul giudice l’onere di
individuare gli elementi dimostrativi di tale in diretta intestazione ed a tal fine si
richiamano le circostanze di fatto sulla base delle quali si ritiene ingiustificata la
deduzione di fittizietà dell’intestazione per i beni di terzi, che non risultano
valutate dal Tribunale.
3.2.

Su tale specifico aspetto si deduce inoltre inosservanza

dall’applicazione della legge procedurale per violazione dell’art. 125
cod.proc.pen. in relazione all’art. 2 ter I. 31 maggio 1965 n. 575 per difetto di
motivazione sulle articolate argomentazioni difensive che contestano
l’interposizione fittizia.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I ricorsi sono inammissibili per genericità.
2. Invero, a fronte di un’istanza di riesame priva di motivazioni, e della
mancanza di specifiche censure anche in sede di udienza, correttamente il
Tribunale ha ripercorso il complesso

iter

argomentativo dell’ordinanza,

rimandando agli elementi indiziari ivi valorizzati, tuttavia non sottraendosi alla
valutazione di tale quadro indiziario. In tal senso risultano individuati gli elementi
caratterizzanti la fattispecie associativa, individuati nella reiterazione delle
operazioni di acquisizione e cessione di stupefacenti, sviluppatesi nel corso di un
lungo arco temporale attraverso la collaborazione di persone collaudate, cui
risultavano attribuiti specifici compiti esecutivi, che tendevano a ripetersi, dallo
svolgimento dei quali era dato ricavare la consapevolezza di ciascuno sulla
compressiva azione del gruppo.
Tali condotte caratterizzano sufficientemente

l’affectio societatis

tipica

dell’imputazione posta a base del provvedimento impugnato, soprattutto con

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Cassazione sezione VI penale, rg. 26604/2013

penale con riferimento al reato di cui all’art 12 quinques dl 8 giugno 1992 n. 306

rifermento alla verifica di sussistenza della gravità indiziaria, richiesta in questa
fase del procedimento.
Gli elementi costitutivi il corredo indiziario sufficiente alla configurazione
della fattispecie associativa risultano completi e coerenti con le valutazioni
interpretative costanti in materia (per tutte da ultimo Sez. 6, Sentenza n. 19783
del 16/04/2013, dep. 08/05/2013, De Caro, Rv. 255471), mentre non risulta

solo fine di perseguire uno scopo criminoso preventivamente individuato,
risultando la contestazione contenuta in ricorso sul punto limitata alla negazione,
e pertanto del tutto generica.
3.1. Altrettanto generiche, e conseguentemente inammissibili, sono le
deduzioni attinenti alla violazione di legge, con riferimento all’individuazione
degli indizi del reato di cui all’art. 12 quinques I. 7 agosto 1992 n. 356 attribuito
al solo Capezzuto, in quanto l’ordinanza impugnata contiene un coerente
richiamo a quanto in argomento esposto nella misura impositiva, con specifico
riferimento alle continue ingerenze di Capezzuto in merito all’uso e gestione di
beni in relazione ai quali, stante la diversa intestazione, non avrebbe avuto alcun
titolo per intervenire, con rielaborazione delle risultanze anche in ragione della
mancata rilevazione di un’effettiva possibilità economica da parte degli apparenti
titolari, verificata con accertamenti della guardia di finanza.
3.2. Manifestamente infondata è la deduzione di carenza motivazionale con
riguardo agli aspetti specifici appena richiamati ed alle deduzioni documentali,
attinenti alla pretesa disponibilità economica dei terzi, poiché, in senso contrario,
nulla sullo specifico oggetto risulta offerto nel corso del procedimento di riesame,
sulla base di quanto deducibile dalla verbalizzazione in atti, essendo mancato sia
il deposito di motivi specifici di riesame, che la presentazione di una memoria
difensiva in argomento.
4. Alla dichiarazione di inammissibilità consegue la condanna dei ricorrenti al
pagamento delle spese processuali e ciascuno della somma indicata in
dispositivo, in favore della Cassa delle ammende.
La Cancelleria è tenuta alla comunicazione di cui all’art. all’art. 94 comma 1
ter disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle
spese processuali e ciascuno della somma di € 1.000 in favore della Cassa delle
ammende.

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Cassazione sezione VI penale, rg. 26604/2013

neppure dedotta la predisposizione di complessi accorgimenti organizzativi al

Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 comma 1 ter
disp. att. cod. proc. pen.

Così deciso il 09/10/2013.

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