Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 44722 del 08/10/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 44722 Anno 2013
Presidente: GARRIBBA TITO
Relatore: PETRUZZELLIS ANNA

SENTENZA
sul ricorso proposto da
1. Simone Barracano, nato a Riccione il 17/09/1975
avverso l’ordinanza del 21/05/2013 del Tribunale di Napoli
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Anna Petruzzellis;
udita la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale Eduardo V. Scadaccione che ha concluso per il rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1.

Con ordinanza del 21/05/2013 il Tribunale di Napoli ha respinto

ilriesame proposto nell’interesse di Simone Barracano avverso il provvedimento
con il quale il gip di quel Tribunale 1’8 aprile 2013 ne aveva disposto la custodia
cautelare in carcere in ordine al reato di associazione a fine di spaccio di
sostanze stupefacenti e di cinque episodi qualificati, ai sensi dell’art. 73 d.P.R. 9
ottobre 1990 n. 309; in relazione ad uno di questi ultimi, e segnatamente quello
di cui al capo V1) il Tribunale escludeva la ricorrenza dell’aggravante dell’ingente
quantità di cui all’art. 80 comma 2 d.P.R. cit.
2. Ha proposto ricorso la difesa deducendo con il primo motivo assenza di
motivazione in ordine ai gravi indizi di colpevolezza, poiché il provvedimento
impugnato, malgrado la specifica censura sul punto, non chiarisce sulla base di
quali elementi possa ritenersi che l’utenza telefonica sulla quale sono stati
registrati i messaggi ritenuti indicativi delle attività illecite, che risulta intestata
ad uno straniero, debba riferirsi invece all’odierno ricorrente poiché manca
qualsiasi indagine specifica al riguardo, che non può ritenersi superflua neppure
sulla base di indicazioni nominative desumibili dalle conversazioni. In argomento
l’ordinanza impugnata opera un rinvio per

relationem

al provvedimento

Data Udienza: 08/10/2013

impositivo, omettendo l’individuazione delle ragioni della condivisione di tale
argomentazione, oltre che la confutazione degli argomenti della difesa.
3. Con il secondo motivo si deduce contraddittorietà e manifesta illogicità
della motivazione con riferimento al contrasto delle argomentazioni difensive
relative all’insussistenza delle esigenze cautelari; sul punto il Tribunale si
sarebbe limitato a fare riferimento ad una mancata contestazione della difesa,

allegandolo al ricorso.
Si richiama la pronuncia della Corte costituzionale sull’illegittimità della
presunzione di adeguatezza della misura più severa nell’ipotesi di contestazione
associativa in tema di stupefacenti, oltre che le argomentazioni concrete riferite
alla specifica situazione di fatto che riguarda l’interessato, che conduce ad
escludere la sua pericolosità, essenziale per giustificare la misura più grave,
segnalando la mancanza di precedenti penali o di carichi pendenti per il reato di
evasione in danno dell’interessato.
4. Si deduce contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione
quanto alla ritenuta sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 80 d.P.R. 9 ottobre
1990 n. 309 in relazione ai capi d’imputazione Q),S1),W1) ed F2), in relazione
alla cui consumazione manca un provvedimento di sequestro o un controllo
diretto dell’effettivo quantitativo di stupefacente trattato, assumendo che tali
carenze non consentano di accertare il superamento del valore soglia individuato
da questa Corte di legittimità quale elemento essenziale della contestazione
dell’aggravante, argomentazioni sulle quali il Tribunale non ha offerto alcuna
osservazione di segno opposto.
5. Da ultimo si censura il vizio di motivazione in relazione ai gravi indizi di
colpevolezza del reato contestato al capo W1), rispetto alla cui sussistenza
l’ordinanza applicativa chiarisce che la presenza di contratti il giorno precedente
non era stata confermata da uno sviluppo attestante l’effettiva conclusione della
transazione, circostanza sulla quale, malgrado la specifica deduzione formulata
con la proposizione del riesame, non era stato offerta risposta

nel

provvedimento impugnato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.

Il ricorso è manifestamente inammissibile, sostanziandosi nella

sollecitazione in questa sede di una nuova valutazione di merito, estranea a
questo grado.
2. Come esposto in narrativa la difesa deduce sotto plurimi profili difetto di
motivazione, vizio che può profilarsi solo nell’ipotesi di una specifica deduzione

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Cessazione sezione VI penale, rg. 30566/2013

smentita da quanto emerge dal verbale di udienza, che il ricorrente produce

difensiva, rispetto alla quale si possa riscontrare una carenza di argomentazione.
L’esame degli atti ha consentito di accertare che il riesame è stato proposto
senza formulare motivi, mentre nel corso della comparizione camerale risulta
genericamente contestata la mancanza di indizi, con particolare riferimento al
capo M1) oltre che la sussistenza delle esigenze cautelari.
A fronte della generica richiesta di rivisitazione del quadro indiziario

difetto di motivazione quando, come nella specie, oltre che richiamare il
provvedimento impositivo della misura per relationem, secondo un metodo
pacificamente ammissibile, in difetto di specifiche contestazioni (per tutte Sez. 3,
Sentenza n. 24252 del 13/05/2010, dep. 24/06/2010, imp. O. P.M., Rv. 247287,
che ravvisa difetto di motivazione solo nell’ipotesi di specifiche censure su uno
o più punti della decisione impugnata), si dia conto dell’esistenza
dell’organizzazione e delle sue modalità operative, specificando che
all’identificazione del Barracano quale componente del gruppo si è giunti
attraverso l’analisi delle conversazioni intercettate in ambientale, registrate
all’insaputa dei conversanti. Queste, con estrema chiarezza si riferiscono a tale
Simone, di cui risulta commentato l’arresto proprio in correlazione temporale con
l’avvenuta costituzione dell’odierno ricorrente presso la casa circondariale di
Santa Maria Capua Vetere, mente il suo coinvolgimento attivo nell’azione
commerciale del gruppo si ricava dalle preoccupazioni dei partecipi presi dalla
necessità di recuperare, a seguito del provvedimento restrittivo, la somma di C
110.000 dai clienti dell’arrestato.
Il contenuto di un messaggio di testo inviato al capo dell’organizzazione,
Ferrigno, in concomitanza con l’arresto, ove il destinatario veniva avvertito che il
mittente era sul giornale, ha consentito di identificare il cellulare in uso a
Barracano quale esecutore della comunicazione, ulteriormente rinforzando sia la
sua identificazione, che la possibilità di attribuirgli anche i contatti registrati
proprio su tale utenza, così permettendo di individuare gli elementi indiziari dei
reati fine, e della partecipazione all’associazione, per la reiterazione frenetica
delle condotte di cessione, in piena sinergia con gli altri partecipi, cui veniva
offerto contestuale rendiconto delle proprie attività, i quali si mostravano al
corrente, in tempo reale delle condotte dei correi. Tale consapevolezza raggiunge
anche Barracano, prima dell’arresto, in ragione degli elementi di fatto esposti
nell’ordinanza impugnata.
Deve escludersi, per i motivi esposti, la presenza del lamentato deficit
argomentativo sul punto dell’identificazione dell’usuario dell’utenza cellulare,

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Cassazione sezione VI penale, rg. 30566/2013

contenuta nell’istanza di riesame non appare formulabile un ricorso fondato sul

poiché l’individuazione degli indizi in argomento risulta, per quanto esposto,
specifica.
3. Ad analoga conclusione deve pervenirsi anche con riferimento alla
contestata assenza di completezza dell’analisi delle esigenze cautelari. Deve
ricordarsi in argomento che la nota pronuncia della Corte Costituzionale n. 231
2011 consente di superare la presunzione di adeguatezza della misura più

tale presunzione. Nella specie per la genericità della deduzione svolta, con la
quale veniva genericamente esclusa l’esistenza delle esigenze cautelari, non si
richiedeva una specifica confutazione, sicché quanto osservato dal Tribunale,
anche sotto questo profilo, risulta completo, in coerenza con le deduzioni svolte;
peraltro del tutto irrilevante risulta la deduzione di specifiche situazioni di fatto,
quali l’incensuratezza o la mancanza di precedenti per evasione, posto in
evidenza in questa sede, stante l’ambito valutativo rimesso a questa Corte, il cui
orizzonte è necessariamente circoscritto alla completezza del provvedimento
impugnato, valutato alla luce delle deduzioni svolte, mentre gli elementi di fatto
oggi richiamati non risultano sottoposti all’esame del giudice di merito.
4. Inammissibile per carenza di interesse è la contestazione riguardante la
sussistenza dell’aggravante dell’ingente quantitativo contestata, poiché in questa
fase la verifica dei presupposti giustificativi della contestazione è funzionale
all’accertamento degli estremi giustificativi della misura, mentre l’ipotetica
esclusione dell’aggravante non avrebbe alcun riflesso pratico sulla misura
imposta, giustificata dalle ulteriori accuse. Sul punto deve concludersi per la
carenza di interesse da parte del ricorrente (da ultimo sul punto Sez. 6, n. 7203
del 08/02/2013 – dep. 13/02/2013, Vuocolo, Rv. 254507) e conseguentemente
per l’inammissibilità del motivo.
5. Anche la contestazione sulla completa motivazione relativa alla gravità
indiziaria per il capo W1) risulta infondata, in quanto espressa in maniera
generica dinanzi al giudice di merito, al pari degli altri rilievi, a fronte di una
specifica indicazione, desunta dalle intercettazioni, sulla base delle quali si è
giunti ad individuare la conclusione di un accordo commerciale per la fornitura di
10 kg di hashish, sopraggiunto a seguito di un assaggio di cui dà conto una
precedente conversazione, attività che si ritiene indicativa della consumazione
del reato di acquisto, per la quale non è richiesta la traditio (Sez. 4, Sentenza n.
3950 del 11/10/2011, dep. 31/01/2012, imp. Conti,

Rv. 251736), con

valutazione ancora più solida nella specie ove si deve verificare solo la gravità
indiziaria.

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Cassazione sezione VI penale, rg. 30566/2013

gravosa nell’ipotesi in cui siano offerti elementi favorevoli suscettibili di superare

6.

L’accertamento di inammissibilità del ricorso impone la condanna

dell’interessato al pagamento delle spese del grado e della somma indicata in
dispositivo in favore della Cassa delle ammende.
La custodia in atto impone alla Cancelleria le comunicazioni di cui all’art. 94
comma 1 ter disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
spese processuali, e della somma di euro 1.000 in favore della Cassa delle
ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 comma 1 ter
disp. att. cod. proc.pen.
Così deciso il 08/10/2013.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle

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