Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 44721 del 08/10/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 44721 Anno 2013
Presidente: GARRIBBA TITO
Relatore: PETRUZZELLIS ANNA

SENTENZA
sul ricorso proposto da
1. Francesco Cante, nato a Qualiano (Na) il 24/09/1961
avverso l’ordinanza del 21/05/2013 del Tribunale di Napoli
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Anna Petruzzellis;
udita la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale Eduardo V. Scadaccione che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito l’avv. Calogero Vella per il ricorrente, che si è riportato al ricorso
chiedendone l’accoglimento;
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 21/05/2013 il Tribunale di Napoli ha respinto il
riesame proposto nell’interesse di Francesco Cante avverso il provvedimento con
il quale il gip di quel Tribunale 1’8 aprile 2013 ne aveva disposto la custodia
cautelare in carcere in ordine al reato di associazione a fine di spaccio di
sostanze stupefacenti, nonché a due reati qualificati ai sensi dell’art. 73 d.P.R. 9
ottobre 1990 n. 309 .
2. Ha proposto ricorso la difesa di Francesco Cante deducendo con il
primo motivo inosservanza della norma processuale di cui all’art. 273 comma 1
cod. proc. pen. nonché inosservanza della legge penale in relazione alle norme di
cui agli artt. 73 e 74 d.P.R. cit.
In particolare, con riferimento al capo T) dell’imputazione, si deduce
l’assenza di motivazione in ordine ai gravi indizi di colpevolezza, poiché
provvedimento impugnato si limita a richiamare la motivazione del giudice della
misura che si esaurisce nel riferimento a determinati colloqui svolti nei giorni 22
e 23 novembre 2010. In argomento si omette di considerare, da un canto, che

Data Udienza: 08/10/2013

dalle conversazioni non si desume chiaramente il coinvolgimento di Cante in una
trasferta, poiché la sua identificazione nel “Francuccio” di cui parlano due diversi
interlocutori è avvenuta senza alcuna indicazione specifica alla sua persona;
inoltre gli interlocutori di tale comunicazione, in una conversazione antecedente
di due giorni quella esaminata, individuano lo scopo della trasferta a Palermo
nella necessità di andare a prendere i soldi, non nell’eseguire trasporto per
cessione di stupefacenti.

Con riferimento al capo X1) la presenza di gravi indizi a carico di Cante è
stata desunta dal riferimento allo stupefacente di qualità e quantità imprecisata
nella ” mezza panetta” di cui si parla nella conversazione, oltre che dalla certa
identificazione di questi nel “Felice” o “Francuccio” di cui si parla nella
conversazione, la cui univocità era stata confermata nel provvedimento
impugnato con generico richiamo a quanto già espresso in argomento
nell’ordinanza impositiva.
La carenza di motivazione attinge, secondo il ricorrente, anche l’accusa
associativa di cui al capo M1) poiché non risulta individuato nel provvedimento il
ruolo attribuito dall’interessato, genericamente qualificato come di corriere,
desumendolo solo dalle argomentazioni relative ai reati fine.
3. Con il secondo motivo si deduce vizio di motivazione con riferimento
all’eccepita sussistenza della contestazione a catena, che rende applicabile il
principio di cui all’art. 297 comma 3 cod.proc.pen. in ragione dell’accertata
connessione tra i fatti contestati con la presente ordinanza e quelli che hanno
dato origine all’arresto dell’interessato intervenuto a Palermo il 25 novembre
2010, la cui concretezza è resa evidente dalla circostanza che all’arresto in
flagranza in tale occasione si è pervenuti solo sulla base delle pregresse indagini.
Rispetto a tale argomentazione il giudice del riesame si è limitato a
rilevare la mancanza di una completa acquisizione degli elementi di accusa al
momento del suo arresto, che risulta illogica alla luce della circostanza che tutti i
reati di questo procedimento sono antecedenti rispetto a quell’evento.
CONSIDERATO IN DIRITTO
l.

Il ricorso è manifestamente inammissibile, sostanziandosi nella

sollecitazione in questa sede di una nuova valutazione di merito, estranea a
questo grado.
2. Come esposto in narrativa la difesa deduce sotto plurimi profili difetto di
motivazione, vizio che può profilarsi solo nell’ipotesi di una specifica deduzione
difensiva, rispetto alla quale si possa riscontrare una carenza di argomentazione.
L’esame degli atti ha consentito di accertare che il riesame è stato proposto

2

Cassazione sezione VI penale, rg. 30452/2013

P

senza formulare motivi, mentre nel corso della comparizione camerale risulta
genericamente contestata la mancanza di indizi.
A fronte della generica richiesta di rivisitazione del quadro indiziario
contenuta nell’istanza di riesame non appare formulabile un ricorso fondato sul
difetto di motivazione quando, come nella specie, oltre che richiamare il
provvedimento impositivo della misura per relationem, secondo un metodo
pacificamente ammissibile, in difetto di specifiche contestazioni (per tutte Sez. 3,

Sentenza n. 24252 del 13/05/2010, dep. 24/06/2010, imp. O. P.M., Rv. 247287
che ravvisa difetto di motivazione solo nell’ipotesi di specifiche censure su uno
o più punti della decisione impugnata), nell’ordinanza impugnata si dia conto
dell’esistenza dell’organizzazione e delle sue modalità operative, nonché della
specifica attività svolta dall’interessato, identificata in relazione ai reati fine in
forza delle intercettazioni ambientali. In argomento nessun incertezza sussiste
circa la corretta identificazione dei due nomignoli – Francuccio e Felice- attribuiti
all’odierno ricorrente, poiché questi vengono associati, nei discorsi tra i partecipi,
alla persona collegata al gruppo che aveva subito l’arresto, in perfetta
concomitanza temporale con l’arresto di Cante avvenuto a Palermo, ed in quelli
successivi all’evento in cui si richiama l’attività della persona così nominata con
un evento ormai superato dalla forzata inattività.
Per contro la genericità delle deduzioni accusatorie che hanno fondato
l’emissione della misura per i reati fine, eccepita solo in questa sede, è
testualmente smentita nell’ordinanza dalla stretta correlazione delle
comunicazioni con l’esecuzione delle attività illecite, verificate quanto al reato
Ti) proprio con l’arresto in fragranza dell’interessato in possesso di
stupefacente, oltre che dalle specifiche deduzioni di fatto presenti nell’ordinanza.
La conferma dell’adesione alla compagine associativa è invece tratta
dall’impegno economico che sopporta il coimputato Ferrigno, che nell’ipotesi
accusatoria è il capo della compagine, per le spese di assistenza legale di Cante,
oltre che per l’assistenza alla sua famiglia durante la carcerazione.
Le circostanze richiamate, esposte nel provvedimento impugnato, sono
semplicemente ignorate in ricorso, ove si reitera la denuncia di un difetto di
motivazione, del tutto generico, smentito dall’esposizione delle specifiche
situazioni di fatto riferite.
3. Manifestamente infondata è altresì l’eccezione procedurale riguardante la
sollecitazione all’applicazione della decorrenza del termine massimo di
carcerazione dalla data di esecuzione della prima misura poiché l’applicazione
dell’istituto giuridico risulta evocata in una situazione di fatto – presenza di
provvedimenti restrittivi emessi da autorità giudiziarie diverse, poiché la prima
3

Cassazione sezione VI penale, rg. 30452/2013

é

misura è stata emessa dal Gip del Tribunale di Palermo, e la seconda dal Gip
presso il Tribunale di Napoli- che esclude il radice l’operatività della disciplina
invocata, secondo quanto chiaramente ricostruito in argomento dalla pronuncia
delle Sezioni Unite di questa Corte in materia (Sez. U, Sentenza n. 14535 del
19/12/2006, dep. 10/04/2007, imp. Librato, Rv. 235909). In tale pronuncia si
chiarisce che “la retrodatazione non ha ragione di operare, come invece è stato

pendente davanti a un diverso ufficio giudiziario. In questo caso infatti la
diversità delle autorità giudiziarie procedenti indica una diversità di competenza,
e fa ritenere che i procedimenti non avrebbero potuto essere riuniti e che quindi
la sequenza dei provvedimenti cautelari non è il frutto di una scelta per ritardare
la decorrenza della seconda misura”.
4.

L’accertamento di inammissibilità del ricorso impone la condanna

dell’interessato al pagamento delle spese del grado e della somma indicata in
dispositivo in favore della Cassa delle ammende.
La custodia in atto impone alla Cancelleria le comunicazioni di cui all’art. 94
comma 1 ter disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali, e della somma di euro 1.000 in favore della Cassa delle
ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 comma 1 ter
disp. att. cod. proc.pen.
Così deciso il 08/10/2013.

talvolta sostenuto, quando la seconda misura viene disposta in un procedimento

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