Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 44717 del 08/10/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 44717 Anno 2013
Presidente: GARRIBBA TITO
Relatore: DE AMICIS GAETANO

Data Udienza: 08/10/2013

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
GALLO RAFFAELE N. IL 08/07/1987
avverso l’ordinanza n. 2903/2013 TRIB. LIBERTA’ di NAPOLI, del
22/04/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GAETANO DE AMICIS;
latte/sentite le conclusioni del PG Dott. E u Rt> o V; yro ,C:0 e44c

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RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 22 aprile 2013 il Tribunale del riesame di Napoli ha parzialmente
annullato (in ordine al reato associativo ex art. 416-bis c.p., di cui al capo sub A)
dell’imputazione provvisoria) l’ordinanza emessa dal G.i.p. presso il Tribunale di Napoli
in data 13 marzo 2013, che applicava la misura della custodia cautelare in carcere nei
confronti di Gallo Raffaele, confermando nel resto l’impugnato provvedimento

del D.P.R. n. 309/90, aggravato dall’art. 7 della I. n. 203/91).

2. Avverso la predetta ordinanza del Tribunale del riesame ha proposto ricorso per
cassazione il difensore dell’indagato, lamentando violazioni di legge e carenze
motivazionali ex art. 606, lett. b) e lett. e), c.p.p., in relazione agli artt. 192 c.p.p. e
74 del D.P.R. n. 309/90, avuto riguardo al fatto che la rilevata carenza degli indizi
raccolti in ordine alla contestata partecipazione al sodalizio di cui all’art. 416-bis c.p.
imponeva la medesima conclusione anche con riferimento all’asserita partecipazione
del ricorrente all’associazione di cui all’art. 74 del D.P.R. sopra citato.
La convergenza rilevata dal Giudice a quo, infatti, presenta connotazioni generiche in
ordine al profilo dei singoli fatti-reato punibili ex art. 73 del D.P.R. n. 309/90, né sono
riscontrabili dichiarazioni relative al ruolo svolto, alle specifiche attività, alla natura dei
rapporti che sarebbero intercorsi con riferimento alle piazze di spaccio ed alla stabilità
delle relazioni in cui il ricorrente sarebbe coinvolto.
Le dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia, in definitiva, non sono state
sottoposte ad un’analisi conforme ai principii giurisprudenziali in materia.

2.1. Si deduce, inoltre, l’erronea applicazione e la mancanza di motivazione con
riferimento alla ritenuta sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 7 del D.L. n. 152/91:
una volta esclusa la partecipazione del ricorrente al sodalizio di cui all’art. 416-bis
c.p., s’imponeva, infatti, la enunciazione delle specifiche ragioni indicative della
sussistenza dell’aggravante nelle forme contestate.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è inammissibile in quanto manifestamente infondato.

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coercitivo (ossia, in relazione al solo capo sub B), inerente al delitto di cui all’art. 74

4. La gravità del panorama indiziario evocato a sostegno della misura, e scrutinato in
termini di adeguatezza dal Giudice del riesame cautelare, deve ritenersi congruamente
sostenuta dall’apparato motivazionale su cui si radica l’impugnato provvedimento, che
ha correttamente proceduto ad una valutazione complessiva degli elementi indiziari
emersi a carico del ricorrente, dando conto, in maniera logica ed adeguata, delle
ragioni che giustificano l’epilogo del relativo percorso decisorio.
Entro tale prospettiva, l’impugnata ordinanza ha fatto buon governo del quadro dei

offerte dalle plurime e convergenti dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia [in
particolare, da Sentiero Giuseppe, Sentiero Pasquale e Del Lavale Aldo – quali persone
direttamente coinvolte nel sodalizio e pienamente a conoscenza dei fatti narrati – con i
conforto degli ulteriori riscontri indiziari provenienti da Saurro Vincenzo e Nasto
Aniello, in precedenza affiliati al contrapposto “clan Gionta” e dunque a conoscenza,
sia pure indirettamente, di fatti e persone legati alla consorteria rivale], nonché dai
positivi riconoscimenti fotografici dagli stessi effettuati nel corso delle attività
investigative, come l’indagato sia coinvolto nella struttura associativa in esame non
solo attraverso la partecipazione all’attività di investimento di danaro con il
meccanismo delle cd. “puntate” (ossia, investendo personali somme di denaro per
consentire al sodalizio l’acquisto all’ingrosso di cospicue partite di stupefacenti da
riversare poi nei luoghi di spaccio), ma anche attraverso la materiale attività di
rifornimento delle piazze di spaccio sulle quali opera l’organizzazione in Torre
Annunziata, coadiuvando altresì il padre, Vincenzo Gallo, nelle attività legate alla
diretta gestione di quei luoghi per conto del “clan Gallo-Cavalieri”.
A tale riguardo, inoltre, il Tribunale si è fatto carico di replicare puntualmente alle
obiezioni ed ai rilievi difensivi, ed ha motivatamente illustrato le ragioni che
sorreggono il giudizio di piena attendibilità dei contributi narrativi rispettivamente
offerti dai su indicati collaboratori, coerentemente fondandone lo specifico
apprezzamento sia sul rilievo della notevole quantità di episodi riferiti, che sulla
puntualità dei relativi dettagli, oltre che sull’ampiezza dell’arco temporale oggetto
delle loro deposizioni e sulla spontaneità ed assenza di spirito vendicativo o
calunniatorio nei confronti delle persone accusate.
Costituisce frutto di un consolidato insegnamento giurisprudenziale di questa Suprema
Corte l’affermazione del principio secondo cui integra la condotta di partecipazione ad
un’associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti la costante
disponibilità all’acquisto delle sostanze stupefacenti di cui l’associazione fa traffico,

principii che regolano la materia, ponendo in evidenza, sulla base delle indicazioni

perchè agevola lo svolgimento dell’attività criminosa dell’associazione ed assicura la
realizzazione del suo programma delittuoso, sempre che si accerti che essa è posta in
essere avvalendosi continuativamente delle risorse dell’organizzazione, con la
coscienza e volontà dell’autore di farne parte e di contribuire al suo mantenimento
(Sez. 6, n. 456 del 21/09/2012, dep. 08/01/2013, Rv. 254225).
Né, del resto, può tralasciarsi di considerare l’ulteriore dato, più volte evidenziato in
questa Sede, secondo cui anche l’attività di vendita ai consumatori, quando sia

dell’organizzazione e con la coscienza di farne, perciò, parte, costituisce un volontario
apporto causale al raggiungimento del fine di profitto perseguito dall’organizzazione
stessa (Sez. 1, n. 1849 del 09/12/2008, dep. 19/01/2009, Rv. 242726).

5. Parimenti congrua deve altresì ritenersi, nell’iter motivazionale dell’impugnato
provvedimento, la giustificazione offerta riguardo alla sussistenza dell’ipotizzata
aggravante dell’art. 7 della I. n. 203/91, avendo il Tribunale coerentemente osservato
come la condotta delittuosa posta in essere dall’indagato abbia garantito cospicui e
sicuri introiti al sodalizio criminale in cui è risultato essere coinvolto, fornendo in tal
guida un oggettivo contributo alla stessa esistenza e prosperità dell’organismo
associativo individuato nell’imputazione provvisoriamente formulata in sede cautelare.

6. A fronte di tale completo apprezzamento delle emergenze procedimentali, esposto
attraverso un insieme di sequenze motivazionali chiare e prive di vizi logici, il
ricorrente non ha individuato passaggi o punti della decisione tali da inficiare la
complessiva tenuta del discorso argomentativo delineato dal Tribunale, né ha
soddisfatto l’esigenza di una critica puntuale e ragionata che deve informare l’atto di
impugnazione, ma ha sostanzialmente contrapposto una lettura alternativa delle
risultanze processuali, facendo leva, peraltro con asserzioni del tutto generiche,
sull’apprezzamento di profili di merito già puntualmente vagliati in sede di riesame, e
la cui rivisitazione, evidentemente, non è sottoponibile al giudizio di questa Suprema
Corte.
Giova al riguardo ribadire il consolidato quadro di principii secondo cui l’impugnazione
è inammissibile, per genericità dei motivi, qualora difetti ogni indicazione della
correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a
fondamento dell’atto di impugnazione, il cui contenuto non può di certo ignorare le
affermazioni del provvedimento censurato, senza cadere nel vizio di aspecificità (v.,
3

effettuata avvalendosi consapevolmente e continuativamente delle risorse

ex multis, Sez. 6, n. 39926 del 16/10/2008, dep. 24/10/2008, Rv. 242248; Sez. 4, n.
34270 del 03/07/2007, dep. 10/09/2007, Rv. 236945).

7. Per le considerazioni or ora esposte, dunque, il ricorso deve essere dichiarato
inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali ed al versamento alla Cassa delle ammende di una somma che si stima
equo quantificare nella misura di euro mille.

1 ter, disp. att., c.p.p.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1 ter, disp. att.,

c.p.p. .

Così deciso in Roma, lì, 8 ottobre 2013

Il Consigliere estensore

I Presidente

La Cancelleria provvederà all’espletamento degli incombenti di cui all’art. 94, comma

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