Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 44713 del 08/10/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 44713 Anno 2013
Presidente: GARRIBBA TITO
Relatore: PETRUZZELLIS ANNA

SENTENZA
sul ricorso proposto da
Salvatore Stara, nato a Sorgono il 14/05/1941
avverso l’ordinanza del 21/11/2012 della Corte d’appello di Cagliari
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Anna Petruzzellis;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale Luigi Riello, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1. Salvatore Stara propone ricorso avverso l’ordinanza del 21 novembre
2012 della Corte d’appello di Cagliari con la quale è stata ritenuta inammissibile
la ricusazione proposta dall’odierno impugnante nei confronti del Gip di quel
Tribunale.
Con il primo motivo di ricorso si eccepisce violazione di legge penale e
processuale e vizio di motivazione. In particolare si ravvisa difetto di
giurisdizione per essere stata decisa dalla sezione civile della Corte l’istanza di
ricusazione formulata nei confronti del Gip, situazione che si assume abbia
prodotto l’inesistenza del provvedimento. Sulla base del medesimo rilievo in fatto
si eccepisce difetto di competenza funzionale.
Si assume inoltre l’illegittimità delle tabelle organizzative, evocate dalla
Corte di merito per escludere la fondatezza dell’eccezione al riguardo in quella
sede, e la conseguente doverosa loro disapplicazione.
2. Con il secondo motivo si contestano analoghi vizi richiamandosi a
quanto già eccepito nel grado di merito sulla pretesa incostituzionalità dell’art.

Data Udienza: 08/10/2013

40 cod. proc. pen, ove non è prevista la partecipazione di giudici non togati ai
collegi che decidono sulla ricusazione, al fine di evitare l’esercizio di una
giurisdizione domestica; in argomento si deduce il difetto di motivazione sulla
confutazione dell’eccezione formulata.
3. Con ulteriore motivo si eccepiscono i medesimi vizi, effetto della
circostanza che la decisione sull’istanza sia stata presa in camera di consiglio non

secondo la tesi del ricorrente, avrebbe comportato l’abrogazione della disciplina
di cui all’art. 41 cod. proc. pen. argomentazione sulla quale nulla è stato dedotto
in senso contrario nella motivazione.
Inoltre si ravvisa vizio procedurale nella parte in cui la Corte ha ritenuto
di acquisire informazioni presso il giudice ricusato, ai sensi dell’art. 41 comma 3
cod. proc. pen. al di fuori della disciplina prevista per la comparizione camerale,
ai sensi dell’art. 127 cod. proc. pen., così di fatto escludendo l’interessato dalla
cognizione e dalla controdeduzione su quanto da questi relazionato.
Si rileva inoltre che la Corte, nel valutare le doglianze espresse a
fondamento dell’istanza di ricusazione quali altrettanti motivi di impugnazione,
ha svolto un giudizio di merito non consentito nell’ambito del procedimento de
plano seguito; ad illustrazione di tale motivo si enunciano tutte le anomalie
decisionali del giudice ricusato che, in forza di giurisprudenza di questa Corte,
legittimerebbero l’iniziativa assunta.
4. Si deduce ulteriormente violazione di legge penale e processuale e
vizio di motivazione con riferimento alla mancata sottoposizione delle questioni
attinenti alla compatibilità delle disposizioni interne al diritto comunitario, con
riferimento alle tre eccezioni in rito formulate, prospettazione rispetto alla quale
la Corte non ha espresso alcuna motivazione.
Si sollecita da ultimo la rimessione del procedimento alle Sezioni unite di
questa Corte.
5.

L’interessato personalmente ha depositato memoria con la quale

chiede che sia revocata la nomina del difensore d’ufficio effettuata in
correlazione con la fissazione della camera di consiglio dinanzi a questa Corte,
per la possibilità dell’interessato di difendersi da solo, in applicazione dei principi
di cui all’art. 6 CEDU, anche in ragione di quanto previsto nell’art. 13 legge
31/12/2012 n. 247, e la conseguente fissazione di nuova camera di consiglio per
la trattazione.
Nel contrastare la requisitoria del P.g. si richiamano gli elementi di
fondatezza dei propri rilievi, in punto di competenza funzionale del giudice
togato, sottolineando in fatto l’elevato numero di rigetti delle istanze di
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Cassazione VI sez. pen 1267/2013

partecipata, in violazione dei principi di cui all’art. 111 Cost. modalità che,

se

ricusazione proposte dall’interessato nel corso della sua attività, che (ritiene
sintomo di inefficacia della cd. giurisdizione domestica.
Si insiste sulla ritenuta assenza di giurisdizione del giudice civile a
valutare l’istanza di ricusazione di un giudice penale, sulla violazione del principio
del contraddittorio, il cui rispetto è imposto, oltre che dalla norma di cui all’art.
111 Cost. anche, nel caso specifico, dalla consultazione del giudice ricusato; le

merito all’eccezione di mancanza di motivazione sulle specifiche richieste rivolte
al giudice nell’istanza di ricusazione, unitamente alla sollecitazione alla
rimessione delle questioni sollevate alla Corte di giustizia Europea, istanza che
non ha ottenuto risposta nel provvedimento impugnato.
6. Con ulteriore memoria depositata il 07/06/2013 l’interessato ha
reiterato le sue difese.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
2. Si deve rilevare infatti che nell’impugnazione porposta, in luogo che
contrastare le specifiche deduzioni in fatto ed in diritto contenute nell’ordinanza
d’inammissibilità impugnata, tali argomentazioni sono semplicemente riproposte,
senza confrontarsi con quanto articolatamente dedotto in argomento dal giudice
di merito, al punto che il gravame, in luogo che essere rivolto al contenuto
dell’atto impugnato, oggetto esclusivo dell’impugnazione in sede di legittimità, è
volta a sollecitare una difforme deduzione di merito, preclusa in questa fase.
Preliminarmente deve escludersi che la suddivisione di competenze interne
tra giudice civile e giudice penale possa riguardare, come mostra di ritenere
l’istante, un riparto di giurisdizione. Come statuito dall’art. 1 cod. proc. pen. la
giurisdizione penale è esercitata dai giudici a ciò assegnati sulla base
dell’ordinamento giudiziario R.d. 30 gennaio 1941 n. 12, e quest’ultimo prevede

argomentazioni svolte sul punto sono rimaste prive di confutazione, anche in

al suo art. 7 bis che la ripartizione degli uffici giudiziari in sezioni, e la
destinazione dei singoli magistrati ad esse avvenga sulla base di deliberazioni del
CSM, oltre a prescrivere una scansione triennale di tale programma
organizzativo.
Il riparto interno degli affari tra le sezioni che trattano diverse materie ha
natura meramente organizzativa e la sua legittimità è subordinata solo alla
condizione, ricorrente nella specie, della predeterminazione.
Per completezza si rileva che, anche nell’ipotesi di erronea assegnazione di
un procedimento a sezione non designata tabellarmente, esclusa per quanto
detto qualsiasi possibilità di configurazione del dedotto difetto di giurisdizione,

3

Cassazione VI sez. pen 1267/2013

p

ciò non incide sulla validità del provvedimento emesso, potendo tale ipotetica
violazione assumere rilievo solo per interventi di natura disciplinare, secondo
quanto specificamente statuito dall’art. 7 bis comma 1 ultima parte cit., dall’art.
33 cod. proc. pen. ed univocamente ritenuto in giurisprudenza (da ultimo, per
tutte Sez. 3, Sentenza n. 4841 del 18/07/2012, dep. 31/01/2013, Mocanu
Sticlaru, Rv. 254406); peraltro l’erroneità dell’assegnazione, sulla base della

oggetto di specifica contestazione nel ricorso, ove si pone un problema di
compatibilità astratta, che non contesta l’osservanza nella specie delle
disposizioni tabellari previste.
Le allegazione contenuto in ricorso sul punto si limitato a reiterare una
indimostrata impermeabilità delle funzioni civili rispetto a quelle penali, che non
risulta fissata da alcuna disposizione di legge, ed è invece contraddetta dalle
disposizioni richiamate.
Infondato è anche il rilievo dell’incompetenza per materia del giudice civile,
eccepita ai sensi dell’art. 21 comma 1 cod. proc. pen. che richiama la mancata
osservanza del riparto interno della competenza penale, come disciplinata
dall’art. 5 e segg del cod. proc. pen. i disposizione che prescinde del tutto dal
riparto interno degli affari per sezioni, e non può in alcun modo riferirsi ai sub
procedimenti, quali quello della ricusazione, in relazione al quale la competenza
funzionale è fissata in via autonoma dall’art. 40 cod. proc. pen., ove si richiama
la necessità che a decidere sia una sezione della Corte d’appello in cui presta la
sua attività il giudice ricusato, senza precisare che sia quella che si occupa degli
affari della stessa natura di quelli seguiti dal giudice ricusato.
Per l’effetto, non sussiste la violazione delle norme cogenti fissate dalla
norma penale, in relazione alla quale potrebbe considerarsi l’illegittimità delle
tabelle, legittimandone quindi la disapplicazione; la mancata argomentazione
specifica su tale deduzione, denunciata dal ricorrente, non è idonea a viziare il
provvedimento impugnato, essendosi chiarito da questa Corte, nella più
autorevole composizione (Sez. U, Sentenza n. 155 del 29/09/2011,
dep. 10/01/2012, imp. Rossi, Rv. 251496), che quel che rileva nella valutazione
delle eccezioni procedurali è la correttezza della decisione, non la completezza
della sua giustificazione, argomento imprescindibile sulla valutazione degli
elementi di fatto, che è specificamente rimessa alla competenza del giudice di
merito, con il risultato che, ove sia corretta la decisione, è del tutto irrilevante la
mancata illustrazione della decisione. La correttezza valutativa, per quanto detto,
in questa sede non può che essere confermata.

{si

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previsione tabellare, esclusa in fatto dalla Corte d’appello, non costituisce

3. Ad analoghe conclusioni deve pervenirsi con riferimento all’eccepita
incostituzionalità della previsione normativa che attribuisce la cognizione
dell’istanza di ricusazione a giudici togati, in luogo che a collegi composti anche
da rappresentati dei cittadini. Le contestazioni svolte sul punto della decisione
non fanno che reiterare osservazioni personali sulla maggiore attendibilità di un
giudizio attribuito ad un organo non interamente composto da magistrati

Costituzionale che si assumono violate dalla normativa vigente, laddove nel
senso della piena legittimità della previsione è sufficiente richiamare il principio
generale sancito dall’art. 102 Cost. che rimette alla legge di individuare
specificamente i casi in cui sia prevista la partecipazione di cittadini
al’amministrazione della giustizia, tra i quali, all’evidenza, non è inclusa la
previsione dei giudizi sulla ricusazione.
La valutazione che è posta alla base del rilievo non è che un’osservazione
fondata su considerazioni personali, prive di aggancio con principi
costituzionali,genericamente evocati, per sostenere la sollecitata pronuncia di
incostituzionalità.
Quanto all’eccepito difetto di argomentazione al riguardo, non possono che
richiamarsi i principi citati in precedenza, a giustificazione dell’irrilevanza di tale
aspetto.
4.

Non sussiste alcuna violazione di legge nella mancata fissazione

dell’udienza camerale per la trattazione dell’istanza di ricusazione, poiché la
Corte di merito è pervenuta alla valutazione di sua manifesta inammissibilità
provvedendo all’emissione dell’ordinanza de plano. Tale procedimento, previsto
dall’art. 41 comma 1 cod. proc. peri., non può ritenersi contrastante con il
principio costituzionale del contraddittorio, in quanto la previsione di cui all’art.
111 Cost. riguarda in generale il processo, e la formazione della prova nel
procedimento penale, non qualsiasi sub procedimento, per i quali è spesso
prevista, sia in sede civile che penale, la decisione inaudita altera parte, ove vi
siano ragioni legittimanti tale procedimento, previsione che si concilia con
l’ulteriore valore costituzionale della durata ragionevole dei procedimenti.
Per completezza si osserva che il precedente delle sezioni civili di questa
Corte (Sez. U, Sentenza n. 477 del 13/01/2006, Rv. 585538) evocato
dall’interessato a sostegno della ritenuta illegittimità di qualsiasi procedimento
che non si svolga alla presenza delle parti, contiene una letterale smentita
dell’assunto in fatto che dovrebbe sostenere, poiché opera un riferimento alla
necessità che nel procedimento civile la parte sia posta in condizioni di munirsi di
nuovo difensore nell’ipotesi di decesso del suo professionista di fiducia, chiarendo
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Cassazione VI sez. pen 1267/2013

professionali, omettendo la doverosa indicazione delle norme della Carta

in ogni caso la legittimità dell’udienza tenutasi successivamente alla
comunicazione ove non si provveda all’indicazione del nuovo difensore,
indicazione in diritto ben diversa dalla pretesa abrogazione implicita delle norme,
penali e civili, che non prevedano la comparizione delle parti, caldeggiata dal
ricorrente.
Risulta già chiarita da un precedente specifico di questa Corte (Sez. 2,

manifesta infondatezza di una pretesa applicazione del diritto al contraddittorio,
per i sub procedimenti incidentali, non potendo le disposizioni della Convenzione
Europea dei diritti dell’uomo, e della Carta Costituzionale, evocate dall’istante,
ritenersi di applicazione generale poiché, “quanto all’art. 6 CEDU, ne è esclusa
l’applicabilità ai procedimenti o subprocedimenti incidentali e, quanto all’art. 111
Cost., rientra nell’insindacabile discrezionalità del legislatore la scelta di graduare
forme e livelli differenti di contraddittorio, sia esso meramente cartolare o
partecipato, atteso che resta sempre garantito il diritto di difesa”.
5. Fondata in fatto, ma irrilevante in diritto, risulta l’eccepita violazione della
disposizione di cui all’art. 41 comma 3 cod. proc. pen. poiché effettivamente
risulta che il collegio abbia richiesto informazioni al giudice ricusato, secondo il
procedimento previsto dall’art. 53 cod. proc. civ. non applicabile nella procedura
svolta nel concreto, che doveva attenersi a quanto dettato dagli artt. 40 e segg
cod. proc.pen. Tuttavia nel concreto il magistrato richiesto ha dichiarato di non
avere alcuna osservazione da svolgere in merito all’istanza trasmessagli, così
non formulando alcuna argomentazione che in linea astratta potesse richiedere
un accertamento in contraddittorio, sicché l’irrituale sollecitazione all’esposizione
di circostanze sull’istanza non ha avuto alcurof potenziale incidenza nella
valutazione degli elementi di fatto, poiché nessuna chiave di lettura personale è
stata offerta dal magistrato consultato. Conseguentemente la pretesa violazione
del diritto al contraddittorio risulta nel concreto insussistente, sulla base di una
valutazione di fatto, che la Corte territoriale ha svolto correttamente.
6.

Le osservazioni richiamate dall’interessato a sostegno della pretesa

inimicizia grave del giudice dei suoi confronti risultano estranee all’ambito della
cognizione del subprocedimento, poiché la condizione di fatto legittimante è
argomentata in ragione di pretese violazioni di natura processuale, tutt’altro che
evidenti, i cui effetti sono suscettibili di eliminazione con gli ordinari rimedi di
impugnazione, e costituiscono aspetti interni al processo, mentre i motivi che
legislativamente fondano l’istanza di ricusazione rimandano tutti ad eventi
esterni al procedimento in corso di natura personale, di cui eventuali anomalie
processuali conclamate non siano che la dimostrazione ( sullo specifico aspetto,
6

Cessazione VI sez. pen 1267/2013 eli

Sentenza n. 8808 del 18/02/2010, dep. 04/03/2010, imp. Di Ilio, Rv. 246455) la

pacifico, da ultimo Sez. 6, Sentenza n. 45512 del 14/12/2010, dep. 27/12/2010
imp. Lucarelli, Rv. 248958)
L’ambito di prospettabilità descritta non risulta neppure astrattamente
evocato dal ricorrente, mentre i provvedimenti anomali segnalati, oltre che non
essere rivelatori di alcunché, per tale difetto di allegazione, non risultano affetti
da quella palese abnormità idonea a rivelare una formazione patologica del

preconcetta nei confronti dell’interessato. È dato rilevare in senso contrario, che
la fondatezza delle richieste formulate dall’istante è quanto meno oggetto di un
non univoco riconoscimento, il che per ciò solo esclude le decisioni assunte dalle
caratteristiche della anormalità, rilevante nel senso sopra richiamato.
7. Analoga conclusione di manifesta infondatezza deve esprimersi riguardo
all’eccepita mancanza di motivazione sul rigetto della sollecitazione di inviare gli
atti alla Corte di giustizia europea, per incompatibilità delle norme in materia
rispetto ai principi dettati dalle norme europee, attesa la genericità della
deduzione con la quale non viene individuata la disposizione specifica, rispetto ai
quali dovrebbe profilarsi il dedotto contrasto. Anche sotto tale profilo, in forza del
principio già espresso, la correttezza della decisione presa in argomento, esclude
la rilevanza, al fine della validità del provvedimento

/

dell’argomentazione al

riguardo.
8. Manifestamente infondata è altresì la richiesta di revoca della nomina del
difensore di ufficio, ed il rivendicato diritto di difendersi da solo, poiché la
disposizione di cu all’art. 6 della Cedu, evocata dall’interessato, non preclude una
diversa regolamentazione di diritto interno, ove questa sia giustificata dalla
necessità di garantire una corretta amministrazione della giustizia. Nel processo
penale italiano l’obbligo della difesa tecnica, sancito dagli artt. 96 e 97

cod.proc.pen., esclude che le parti, anche se abilitate all’esercizio della
funzione di avvocato possano difendersi da sole e tale principio, come già
chiarito da una pronuncia della Corte Costituzionale (sent. n. 188 del 1980),
cui era stata rimessa la valutazione della compatibilità con i principi
costituzionali, come integrati dalle norme pattizie nella Cedu, si è già
espressa escludendo un contrasto dedotto, richiamando inoltre quanto
espressamente disposto dalla la Commissione Europea dei diritti dell’uomo in
argomento, che ha avuto modo di affermare che il diritto all’autodifesa non è
assoluto, ma limitato dal diritto dello Stato interessato ad emanare
disposizioni concernenti la presenza di avvocati davanti ai Tribunali (ric.
722/60) e che in essa non è contenuto l’obbligo di garantire l’accesso degli

7

Cassazione VI sez. pen 1267/2013

convincimento del giudice, e suscettibile di segnalare una valutazione

imputati ai Tribunali di ultima istanza, non opponendosi alcun ostacolo ad
una diversa regolamentazione, ove volta ad assicurare una buona
amministrazione della giustizia (Ric. 727/60).
Al di là della valutazione specifica di congruità della sopravvivenza di tal ,_
principio anche in procedimenti nei quali l’interessato rischia solo la
comminatoria di un’ammenda, e rispetto ai quali difficilmente può profilarsi

terza, che può costituire oggetto di analisi de iure condendo, resta principio
processualmente ineludibile, al fine della validità del procedimento, la
necessità di garantire anche la difesa tecnica in tutte le fasi del
procedimento, posto che la sua mancata previsione potrebbe condurre
attualmente ad un accertamento di nullità dello stesso ai sensi dell’art. 178
comma 1 lett c) cod. proc. pen., situazione che esclude la fondatezza
dell’istanza svolta dalla parte.
9.

Il rigetto del ricorso impone la condanna dell’interessato al

pagamento delle spese del procedimento, ai sensi dell’art. 616 cod. proc.
pen.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso il 08/10/2013

un coinvolgimento emotivo che suggerisca la presenza di una valutazione

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