Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 44693 del 16/10/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 44693 Anno 2013
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: PRESTIPINO ANTONIO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Scuderi Salvatore n.1’1.10.1963
awerso l’ORDINANZA del Tribunale della Libertà di Catania
del 28.3.2013
udita la relazione del consigliere dr. Antonio Prestipino
sentito il Procuratore Generale, in persona del dr. Luigi Riello che ha concluso per il rigetto del
ricorso.

Data Udienza: 16/10/2013

Ritenuto in fatto
1. Con ordinanza del 28.3.2013, il Tribunale della Libertà di Catania, rigettava l’istanza di riesame
proposta da Scuderi Salvatore avverso l’ordinanza applicativa della misura cautelare della custodia
in carcere emessa nei suoi confronti dal gip dello stesso Tribunale il 10.3.2013, per il reato di
estorsione ai danni di Reitano Carmelo, aggravato ai sensi dell’art. 7 di 152/1991..
1.1 Rileva il tribunale come fonte privilegiata dell’assunto accusatorio siano le dichiarazioni della
persona offesa, Reitano Carmelo, amministratore della Sicula Appalti e Costruzioni s.r.I., riscontrate
dall’esito di riconoscimenti fotografici, da accertamenti sui periodi di detenzione degli indagati, da
annotazioni di servizio su controlli di polizia e dall’acquisizione delle denunce di furti e
danneggiamenti subiti in cantiere dalla persona offesa. Il Reitano, secondo la ricostruzione dei fatti
operata dal Tribunale, era stato aggredito con scopi estorsivi il 4.3.2013 dall’Indelicato e dal
Puglisi, e aveva sollecitato l’intervento dei carabinieri con una drammatica telefonata al 113;
accompagnato dai militari in ospedale, gli erano state riscontrate lesioni personali; aveva quindi
denunciato le pressioni estorsive subite, ricevendo durante la formalizzazione della denuncia una
telefonata da parte dell’Indelicato. L’aggressione sarebbe stata il culmine di un lungo periodo di
assoggettamento del Reitano alle pretese estorsive esercitate nei suoi confronti del clan mafioso
degli Assinnata, dominante nella citta di Paternò, città natale del Reitano, e collegato al gruppo dei
“Picanello”, di cui avrebbe fatto parte uno degli aggressori, l’Indelicato. La persona offesa, sentita
successivamente in incidente probatorio il 20.3.2012, aveva confermato le accuse, secondo il
Tribunale in modo coerente con le prime dichiarazioni e con l’aggiunta di significativi particolari.
1.2. I giudici del riesame confutavano quindi le obiezioni difensive dirette a dimostrare che il
Reitano fosse un imprenditore in realtà colluso con la mafia, alla quale avrebbe versato nel tempo
somme di denaro in occasione di alcune festività come corrispettivo di un vero e proprio patto di
protezione concluso con l’organizzazione criminale; e confutavano altresì le conseguenti deduzioni
difensive volte non solo a dedurre dal presunto rapporto di contiguità della persona offesa con
l’associazione mafiosa, decisivi dubbi sulla sua attendibilità, ma anche ad inferire in radice
l’inutilizzabilità delle sue dichiarazioni. La questione è dettagliatamente esaminata alle pagg 5 e ss
del provvedimento.
1.2. In coerenza con le dichiarazioni del Reitano si porrebbero le propalazioni del collaborante
Pappalardo Filippo, già componente del clan Assinnata, che tra l’altro aveva parlato di imprenditori
“amici” del clan senza fare il nome della persona offesa,
1.3.. Quanto alla specifica responsabilità dello Scuderi per il reato di estorsione di cui al capo D),
ricordano i giudici territoriali che il Reitano aveva riferito di avere ricevuto nel Novembre del 2012,
mentre si trovava nei pressi del cantiere aperto in via Borrello, la visita dell’Indelicato, il quale in
sostanza gli avrebbe suggerito di pagare una tangente estorsiva a dei “soggetti della zona”,
offrendogli la propria mediazione per ottenere uno sconto. L’indelicato aveva quindi accompagnato
il Reitano presso l’esercizio di un barbiere, dove poco dopo era sopraggiunto a bordo di una
bicicletta elettrica un certo Salvatore (poi identificato proprio in Salvatore Scuderi), e dove tutti
avevano atteso un terzo soggetto, giunto ben presto a bordo di una moto BMW, presentato al
Reitano come il “referente di Picanello” e indicatogli con il nome di battesimo di “Lorenzo”. In
occasione di quell’incontro erano stati stabiliti i termini della pretesa estorsiva degli interlocutori del
Reitano, con la personale, attiva partecipazione dello Scuderi, che aveva infine “chiuso” la trattaiva
con l’indicazione di una somma forfetaria di 2.000,00 euro. che aveva quindi iniziato i
pagamenti, sempre effettuati nelle mani dello Scuderi„ che si recava sul luogo degli appuntamenti
utilizzando, in alternativa alla bici elettrica, un’autovettura Renault “Twingo”. Aggiungono i giudici
territoriali che l’ipotesi difensiva dell’esistenza di pregressi motivi di animosità del Reitano nei
confronti dello Scuderi sarebbe rimasta del tutto priva di riscontri (lo Scuderi aveva sostenuto che
i suoi rapporti con il Reitano si erano incrinati per il suo rifiuto di procurargli opportunità di lavoro
presso stabili condominiali, secondo la richiesta che la persona offesa gli avrebbe rivolto per il
tramite dell’Indelicato ), e che lo stesso Scuderi aveva ammesso i suoi rapporti con la persona
offesa, pur asserendo che fosse stata quest’ultima a contattarlo con l’interessamento

dell’Indelicato, chiedendogli la cortesia di sorvegliare occasionalmente i suoi cantieri senza alcun
corrispettivo.
2. Il tribunale, nella ritenuta, piena attendibilità della persona offesa, ha quindi ritenuto
positivamente verificata la gravità indiziaria, anche in relazione all’aggravante di cui all’art. 7 di
152/1991, rilevando a quest’ultimo riguardo, che in tutta la vicenda narrata dalla persona offesa
sarebbe immanente l’evocazione intimidatoria di contesti di criminalità organizzata.
2.1. Sotto il profilo delle esigenze cautelari, infine, il Tribunale richiama la presunzione di
pericolosità qualificata operante in relazione al titolo del reato ai sensi dell’art. 275 co 3 c.p.p., ma
sottolinea anche la la gravità del reato anche in relazione all’arco temporale della sua
consumazione e la negativa personalità dell’imputato rivelata dai modi del suo coinvolgimento nei
fatti.
3. Ricorre il difensore, deducendo, con un unico, diffuso motivo, il vizio di mancanza e manifesta
illogicità della motivazione ai sensi dell’art. 606 lett. e c.p.p., in relazione alla valutazione della
gravità indiziaria tanto in ordine agli elementi essenziali del reato di estorsione che all’aggravante
mafiosa. . In sintesi, il tribunale avrebbe trascurato che non sussisterebbero, nella specie, i
requisiti della violenza o minaccia tipici del delitto di estorsione; che la vicenda processuale non
avrebbe punti di contatto con i rapporti della persona offesa con il clan degli Assinnata essendo
ascrivibile piuttosto al contesto della triangolazione dei rapporti personali Reitano-IndelicatoScuderi, incrinatisi a seguito del rifiuto di quest’ultimo, all’uopo contatto dall’Indelicato
nell’interesse del Reitano, di agevolare la persona offesa nel conseguimento di opportunità di
lavoro; che poco credibili sarebbero numerose puntualizzazioni della persona offesa anche rispetto
all’indicazione dei contesti criminali di riferimento; il Reitano avrebbe espressamente escluso di
avere ricevuto minacce dallo Scuderi.
Considerato in diritto
Il ricorso è manifestamente infondato.
1.Le deduzioni difensive si muovono lungo un perimetro argomentativo in larga parte estraneo a
quello tracciato dalle valutazioni dei giudici territoriali, si caratterizzano per accentuate
connotazioni di merito e per l’assenza di puntuali riferimenti processuali oltre ad incorr in evidenti
illogicità.
1.1. E così, l’assenza di violenze o minacce nella vicenda processuale è clamorosamente smentita
dall’episodio che ha dato origine al procedimento„ cioè la brutale aggressione subita dalla
persona offesa proprio ad opera deramico” Indelicato, che dopo l’aggressione, come ricorda il
Tribunale, aveva telefonato al Reitano mentre lo stesso stava formalizzando la denuncia dei fatti.
1.2. La versione proposta dalla difesa sulla reale natura dei rapporti tra l’Indelicato il Reitano e lo
Scuderi, non solo risulta soltanto da interessate dichiarazioni di parte, non avendo affatto natura di
riscontri le circostanze indicate in ricorso, ma implica l’assurdità logica delle violenze dell’Indelicato
ai danni della persona offesa, essendo ovvio che le parti di aggressore e vittima avrebbero dovuto
essere invertite, se fossero veri i motivi di rancore della persona offesa nei confronti dell’Indelicato
e dello Scuderi per importanti occasioni di lavoro perdute.
1.3. Del tutto insignificante rimarrebbe poi la presunta affermazione del Reitano di non avere
subito minacce da parte dello Scuderi, perché a prescindere dalla generica e irrituale
estrapolazione “a braccio” di tali dichiarazioni dal complesso delle dichiarazioni della persona
offesa, i modi dell’intervento dello Scuderi nella vicenda furono oggettivamente intimidatori,
secondo le dichiarazioni del Reitano, considerata la sua partecipazione insieme ad altri complici alla
definizione di pretese economiche nei confronti della vittima, sostenute soltanto dall’immanenza di
un evidente contesto intimidatorio. A questo riguardo, va rilevata l’infondatezza della deduzione
difensiva secondo cui lo Scuderi non avrebbe avuto rapporti con il clan Assinnata, perché tali
rapporti sono rilevabili pur indirettamente dal collegamento del ricorrente con l’Indelicato,
appartenente ad un gruppo mafioso alleato degli Assinnata, mentre la solidarietà degli interessi
criminali dei due nella specifica vicenda estorsiva, non postula necessariamente la medesima
appartenenza associativa.
2. Assolutamente congrua e condivisibile sul piano logico-giuridico, è poi la valutazione del
tribunale, adeguata a tutte le circostanze del caso, circa la sussistenza dell’aggravante di cui

all’art. 7 di 152/1991, peraltro oggetto di notazione difensive prive di qualunque riferimento
concreto alle circostanze del fatto e alle specifiche considerazioni del tribunale.
Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento alla Cassa delle ammende della somma di euro 1000,00,
commisurata all’effettivo grado di colpa dello stesso ricorrente nella determinazione della causa di
inammissibilità. Il cancelliere dovrà provvedere agli adempimenti di cui all’art. 94 disp. Att. C.p.p.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese process li e al
versamento alla Cassa delle ammende della somma di euro 1000,00; si provveda a norma •ell’art.
94 disp. Att. C.p.p.
Così decq in Roma, nella camera di consiglio, il 16.10.2013.

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