Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 44674 del 15/10/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 44674 Anno 2013
Presidente: CAMMINO MATILDE
Relatore: MANNA ANTONIO

SENTENZA
sul ricorso proposto da D’Amico Davide Marco,
avverso la sentenza 10.10.12 della Corte d’Appello dell’Aquila;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita in pubblica udienza la relazione del Consigliere Dott. Antonio Manna;
udito il Procuratore Generale nella persona del Dott. Antonio Mura, che ha
concluso per il rigetto del ricorso;
udito il difensore del ricorrente – Avv. Sergio Picarozzi -, che ha concluso per
l’annullamento dell’impugnata sentenza in virtù dei motivi di cui al ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza 10.10.12 la Corte d’Appello dell’Aquila confermava le statuizioni
penali emesse il 27.2.09 a carico di Davide Marco D’Amico (legale
rappresentante della società finanziaria “Finda”) dal Tribunale di Teramo, che lo
aveva condannato per i delitti p. e p. ex artt. 640, 486 e 61 n. 2 c.p. commessi ai
danni della parte civile Antonio Rondolone, mentre in parziale riforma di quelle
civili rimetteva le parti innanzi al giudice civile per la definitiva liquidazione del
risarcimento del danno, ferma restando la provvisionale già disposta in prime cure
a titolo di risarcimento del danno morale.

Data Udienza: 15/10/2013

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Davide Marco D’Amico ricorreva personalmente contro la sentenza, di cui
chiedeva l’annullamento per i motivi qui di seguito riassunti nei limiti prescritti
dall’art. 173 co. 1° disp. att. c.p.p.:
a) nullità della sentenza per violazione del diritto di difesa di cui all’art. 24
Cost. perché in primo grado all’udienza del 12.11.08 il Tribunale, pur
accogliendo un’istanza di rinvio del difensore di fiducia per legittimo

data di rinvio fosse comunicata al difensore medesimo, che non ne aveva
avuto altrimenti notizia anche perché il difensore in quella occasione
nominato ai sensi dell’art. 97 co. 4 0 c.p.p. non gli aveva comunicato
alcunché circa il rinvio;
b) ulteriore motivo di nullità della sentenza andava ravvisato nel fatto che
all’udienza del 27.2.09 era stato nominato al D’Amico, sempre ai sensi
dell’art. 97 co. 4 0 c.p.p., altro difensore nella persona dell’avv. Roberta
Pilotti, che però versava in una situazione di incompatibilità avendo
espletato nello stesso processo a carico del ricorrente le funzioni di v.p.o.
all’udienza del 12.11.08 e non potendo costei, per altro, svolgere le
funzioni di avvocato presso lo stesso ufficio giudiziario (Tribunale di
Teramo) ove espletava quelle di v.p.o.;
c) vizio di motivazione nella parte in cui la sentenza impugnata aveva
omesso di argomentare in ordine al motivo di gravame con cui il D’Amico
aveva lamentato l’inattendibilità del teste Rondolone, che aveva mentito
circa il fatto di essere cliente Finda sin dal 1999; né era vero che il
Rondolone avesse concordato telefonicamente una richiesta di
finanziamento pari ad euro 11.000,00 da restituire in 120 rate da euro
148,00 e che fosse all’oscuro dell’esistenza di costi aggiuntivi previsti dal
finanziamento; si trattava, ad ogni modo, di una questione meramente
civilistica e di un contratto che il Rondolone aveva stipulato mediante
regolare sottoscrizione; né poteva tenersi conto della teste Di Filippo, che
aveva riferito di aver chiesto telefonicamente alla Finda, quasi come una
sorta di “agente provocatore”, un finanziamento di cui — però – non
ricordava l’entità, le spese di gestione della pratica né altri rilevanti
particolari; da ultimo, oltre a non essere ravvisabili gli artifici e i raggiri di
cui al delitto p. e p. ex art. 640 c.p., non sussistevano nemmeno gli estremi

impedimento dovuto a ragioni di salute, aveva omesso di disporre che la

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di quello di cui all’art. 486 c.p. perché, essendo la Finda un semplice
mediatore creditizio, gli effetti giuridici richiesti da tale ultima norma si
erano verificati solo con la sottoscrizione del documento di sintesi della
società finanziaria Futuro (con la quale si era effettivamente concluso il
contratto di finanziamento) e non con la sottoscrizione dei moduli
asseritamente firmati in bianco ed inviati alla Finda, sicché tale

prodotto per il Rondolone alcun vincolo giuridico od economico se non
quello di incaricare il mediatore creditizio, ossia la Finda, di reperire una
società finanziaria disponibile a concedere il finanziamento;
d) omessa motivazione sul capo relativo alla conferma della provvisionale di
euro 3.000,00 concessa in prime cure a titolo di danno morale,

CONSIDERATO IN DIRITTO
1- Il ricorso è inammissibile perché manifestamente infondato.
Il motivo che precede sub a) va disatteso perché, per consolidato insegnamento
di questa Corte Suprema (cfr. Cass. S.U. n. 8285 del 28.2.06, dep. 9.3.06, e
successive conformi), correttamente applicato dalla sentenza impugnata, il
difensore che — come nel caso di specie – abbia ottenuto la sospensione o il rinvio
dell’udienza per legittimo impedimento a comparire ha diritto all’avviso della
nuova udienza solo quando non ne sia stabilita la data già nell’ordinanza di rinvio,
posto che, nel caso contrario, l’avviso è validamente recepito, nella forma orale,
dal difensore previamente designato in sostituzione (ai sensi dell’art. 97 co. 40
c.p.p.), il quale esercita i diritti ed assume i doveri del difensore sostituito,
sostituto cui non è dovuta ulteriore comunicazione, essendo già presente in aula.
Né può risolversi in un’ipotesi di nullità la mancata od insufficiente
comunicazione del sostituto al sostituito, questione che riguarda soltanto i rapporti
professionali tra costoro e non può certo addebitarsi all’ufficio giudiziario.
Né, ancora, nel caso di specie ricorre la diversa ipotesi in cui sia stato lo stesso
giudice ad ordinare alla cancelleria di comunicare la nuova data d’udienza al
difensore impedito (per altro, mentre in siffatta evenienza Cass. n. 28523/10 e
Cass. n. 25173/07 affermano l’esistenza di una nullità a regime intermedio per
mancato avviso della nuova data dell’udienza da parte della cancelleria, altri

sottoscrizione di fogli in bianco, ove mai avesse avuto luogo, non avrebbe

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precedenti di questa S.C. escludono qualsivoglia ipotesi di nullità: cfr. Cass. n.
20863/11 e Cass. n. 36643/08).

2- Il motivo che precede sub b) va respinto.
Compulsando gli atti al solo fine della verifica del fatto processuale, si rileva

(avv. Belli di Milano).
Ma ad ogni modo, pur a voler ipotizzare che effettivamente in quella occasione
sia stata nominata in via di sostituzione ex art. 97 co. 4 0 c.p.p. l’avv. Roberta
Pilotti, resta il rilievo che l’eventuale mancato rispetto delle incompatibilità
previste dall’art. 34 c.p.p. non genera nullità alcuna, così come eventuali
incompatibilità tra l’ufficio di v.p.o. e quello di avvocato presso uno stesso
Tribunale danno luogo soltanto a responsabilità disciplinari e non certo a nullità
processuali.
Né può farsi questione, nel caso in esame, di mancata effettività del diritto di
difesa (per altro, come sopra evidenziato, era onere del difensore di fiducia del
D’Amico comparire di persona all’udienza del 27.2.09, per la quale non aveva
comunicato alcun legittimo impedimento, al fine di superare ogni necessità di
nomina d’un sostituto ex art. 97 co. 4 0 c.p.p.), anche perché — come segnalato in
sede di discussione dal PG – il ricorso non chiarisce neppure quali attività
difensive sarebbero state in concreto omesse o malamente esercitate.

3- Il motivo che precede sub c) si colloca al di fuori del novero di quelli
spendibili ex art. 606 c.p.p., perché in esso sostanzialmente si svolgono mere
censure sulla valutazione operata in punto di fatto dai giudici del gravame, che
con motivazione esauriente, logica e scevra da contraddizioni hanno rilevato che
il mutamento delle condizioni finanziarie di riferimento a cagione del lungo
tempo trascorso fra il primo prestito contratto dal Rondolone con la “Finda” e i
fatti per cui oggi è processo rende improponibile la correlazione (suggerita dal
ricorrente) fra le due operazioni di finanziamento, specie per quanto concerne la
pretesa omogeneità fra i costi e le caratteristiche operative dei contratti.
Ancora con motivazione immune da vizi logico-giuridici la Corte territoriale ha
dato credito alla deposizione della persona offesa (nella parte in cui ha riferito di

che nel verbale d’udienza del 27.2.09 non risulta riportato il nominativo del
sostituto, nominato ex art. 97 co. 4 0 c.p.p., del difensore di fiducia del D’Amico

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aver concordato telefonicamente una richiesta di finanziamento pari ad euro
11.000,00 da restituire in 120 rate da euro 148,00 e di essere all’oscuro
dell’esistenza di costi aggiuntivi previsti dal finanziamento), in quanto conforme
al contenuto del volantino pubblicitario e riscontrata anche dalla deposizione della
teste Di Filippo.
Le obiezioni rivolte in ricorso contro la valutazione delle risultanze testimoniali

diretto agli atti e una loro delibazione in punto di fatto incompatibili con il
giudizio innanzi a questa Corte Suprema, cui spetta soltanto il sindacato sulle
massime di esperienza adottate nella valutazione degli indizi di cui all’art. 192 co.
2° c.p.p., nonché la verifica sulla correttezza logico-giuridica del ragionamento
seguito e delle argomentazioni sostenute per qualificare l’elemento indiziario
come grave, preciso e concordante, senza che ciò possa tradursi in un nuovo
accertamento, ovvero nella ripetizione dell’esperienza conoscitiva propria dei
gradi precedenti (cfr., ad es., Cass. Sez. VI n. 20474 del 15.11.02, dep. 8.5.03).
A sua volta il controllo in sede di legittimità delle massime di esperienza non
può spingersi fino a sindacarne la scelta, che è compito del giudice di merito,
dovendosi limitare questa S.C. a verificare che egli non abbia confuso con
massime di esperienza quelle che sono, invece, delle mere congetture.
Le massime di esperienza sono definizioni o giudizi ipotetici di contenuto
generale, indipendenti dal caso concreto sul quale il giudice è chiamato a
decidere, acquisiti con l’esperienza, ma autonomi rispetto ai singoli casi dalla cui
osservazione sono dedotti ed oltre i quali devono valere; tali massime sono
adoperabili come criteri di inferenza, vale a dire come premesse maggiori dei
sillogismi giudiziari di cui alle regole di valutazione della prova sancite dal co. 2°
dell’art. 192 c.p.p.
Costituisce, invece, una mera congettura, in quanto tale inidonea ai fini del
sillogismo giudiziario, tanto l’ipotesi non fondata sull’id quod plerumque accidit,
insuscettibile di verifica empirica, quanto la pretesa regola generale che risulti
priva, però, di qualunque pur minima plausibilità (cfr. Cass. Sez. VI, n. 15897 del
15 aprile 2009; Cass. Sez. VI n. 16532 del 13.2.07, dep. 24.4.07, rv. 237145).
Ciò detto, si noti che nel caso di specie il ricorso non evidenzia l’uso di
inesistenti massime di esperienza né violazioni di regole inferenziali, ma si limita
a segnalare soltanto possibili difformi valutazioni degli elementi raccolti, il che

scivolano sul piano dell’apprezzamento di merito, che presupporrebbe un accesso

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costituisce compito precipuo del giudice del merito, non di quello di legittimità,
che non può prendere in considerazione quale ipotetica illogicità argomentativa la
mera possibilità di un’ipotesi alternativa rispetto a quella ritenuta in sentenza
(anche a riguardo la giurisprudenza di questa S.C. è antica e consolidata: cfr.
Cass. Sez. In. 12496 del 21.9.99, dep. 4.11.99; Cass. Sez. In. 1685 del 19.3.98,
dep. 4.5.98; Cass. Sez. I n. 7252 del 17.3.99, dep. 8.6.99; Cass. Sez. I n. 13528

S.U. n. 6402 del 30.4.97, dep. 2.7.97; Cass. S.U. n. 16 del 19.6.96, dep. 22.10.96;
Cass. Sez. In. 1213 del 17.1.84, dep. 11.2.84 e numerosissime altre).
È, poi, appena il caso di ricordare che gli artifici e i raggiri necessari affinché si
ravvisi il delitto p. e p. ex art. 640 c.p. non necessariamente devono dare luogo ad
atti di disposizione patrimoniale immediatamente produttivi di vincoli giuridici od
economici, essendo sufficiente che essi si inseriscano nella serie causale al cui
termine, poi, tali vincoli risultino generati.
Da ultimo, l’abuso di foglio firmato in bianco integra il delitto p. e p. ex art. 486
c.p. non appena il soggetto attivo ne faccia uso o consenta ad altri di farlo, anche
qui a prescindere dai relativi effetti giuridici e/o economici che possano
conseguirne.

4- Il motivo che precede sub d) è estraneo all’area di quelli deducibili ex art.
606 c.p.p., noto essendo – per costante insegnamento di questa S.C. – che non
possono essere oggetto di ricorso per cassazione le statuizioni relative alla
provvisionale in quanto aventi natura discrezionale, meramente delibativa e non
necessariamente motivata, statuizioni non suscettibili di passare in giudicato e
destinate ad essere assorbite o travolte dall’effettiva liquidazione dell’integrale
risarcimento (cfr., ex aliis, Cass. Sez. V n. 32899 del 25.5.11, dep. 26.8.11; Cass.
Sez. VI n. 48977 dell’11.11.09, dep. 30.12.09; Cass. Sez. V n. 5001 del 17.1.07,
dep. 7.2.07).

5- All’inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 c.p.p., la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento a favore della
Cassa delle Ammende di una somma che stimasi equo quantificare in euro
1.000,00 alla luce dei profili di colpa ravvisati nell’impugnazione, secondo i
principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186/2000.

dell’11.11.98, dep. 22.12.98; Cass. Sez. In. 5285 del 23.3.98, dep. 6.5.98; Cass.

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P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione, Seconda Sezione Penale,
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di € 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, in data 15.10.13.

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