Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 44673 del 20/09/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 44673 Anno 2013
Presidente: PRESTIPINO ANTONIO
Relatore: VERGA GIOVANNA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MENGHINI VITTORIO N. IL 27/01/1947
avverso la sentenza n. 125/2011 CORTE APPELLO di TRENTO, del
18/05/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 20/09/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIOVANNA VERGA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. iY; e0.es2) 0/..e, I( (OA,
che ha concluso per ;e AA

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.
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Data Udienza: 20/09/2013

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MOTIVI DELLA DECISIONE

Ricorre per cassazione, a mezzo dei difensori, Menghini Vittorio, avverso la sentenza della
Corte d’Appello di Trento che, in data 18.5.2012, in riforma della sentenza del Tribunale di
Rovereto che in data 25.11.2010, aveva assolto l’imputato dal reato di cui all’art. 640bis c.p.,
lo aveva condannato per tentata truffa aggravata così modificando l’originaria contestazione .
Al Menghini era stato contestato di avere in qualità di direttore amministrativo ed in concorso
con il direttore didattico del centro di formazione professionale veronese, con artifici e raggiri

percezione di una quota maggiore di finanziamento per l’anno formativo 2007 -2008 pari ad C
148.500 relativa alla formazione della classe seconda D per la quale non ricorrevano i requisiti
minimi per la costituzione con correlativo danno per l’ente pubblico.
Il tribunale lo aveva assolto ritenendo che non fosse stata raggiunta la prova certa
dell’integrazione dei reato sotto il profilo oggettivo, in particolare non ha ritenuto che le
condotte ingannatrici posti in essere dall’imputato abbiano determinato un profitto per l’istituto
ed abbiano provocato un danno alla provincia.
La corte d’appello ha ritenuto accertata la responsabilità dell’imputato per il reato di tentata
truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche. Innanzitutto ha ritenuto
accertato, come descritto anche nella motivazione del giudice di primo grado, che l’imputato in
concorso con il direttore didattico aveva indotto in errore con artifici e raggiri il servizio scuola
della PAT, comunicando l’iscrizione alla classe seconda D civile di alcuni allievi che mai si erano
iscritti (Ieppi, Lever, Longo e Sher Zeman) facendoli poi risultare nel registro di classe
fittiziamente assenti e poi come ritirati. Inoltre ha ritenuto accertato che l’imputato aveva
comunicato l’iscrizione alla classe di tre allievi (Canali, Kaisermann e Prata) iscritti ad altre
classi (classi HA meccanica, IIB elettrico e IIC elettronica), classi che regolarmente
frequentavano. Così facendo era stato superato fittiziamente il numero di otto allievi
necessario per la costituzione della classe IID edile e per ottenere il finanziamento pubblico.
Ritenevano i giudici d’appello che il danno e il conseguente profitto ingiusto che rappresentano
l’evento del delitto di truffa non si erano però prodotti per cause estranea alla volontà
dell’imputato perché dagli atti e dalle testimonianze non era emerso se e in che parte il
finanziamento non dovute e assegnato fosse stato successivamente versato con deminutio
patrimonii della provincia e correlativo ingiusto profitto del centro Veronesi.

Ricorre per cassazione l’imputato deducendo che il provvedimento impugnato è incorso in
violazione di legge. Sostiene che è stato provato nell’istruttoria dibattimentale che la PAT
aveva riconosciuto l’esigenza di impostare la gestione delle classi nella prospettiva
dell’obiettivo della cosiddetta dispersione zero, così come era risultato che la PAT avrebbe
comunque attivato la classe seconda edile anche in presenza di soli sei iscritti o avrebbe
accorpato gli stessi ad un’altra seconda classe con conseguente necessità di sdoppiarla in

indotto in errore la provincia autonoma di Trento procurando all’Istituto l’ingiusto profitto della

presenza di un numero di studenti superiore a 25. A tal fine richiamavarwr le dichiarazioni del
teste Ceccato. Lamenta pertanto un’erronea valutazione del fatto e del quadro normativo di

2g/

riferimento

Il ricorso è infondato.
Premesso che la totale riforma della sentenza di primo grado impone al giudice di appello,
secondo una regola di giudizio, sempre ribadita da questa Corte (sez. 1^ sentenza n. 1381 del
10/02/1995, ud. 16/12/1994, PM C/Verderosa Rv. 201487; sez. 2^ 12.12.2002 n. 15756 PG

ovvero dell’incoerenza delle relative argomentazioni con rigorosa e penetrante analisi critica
seguita da corretta, completa e convincente motivazione che, sovrapponendosi a tutto campo
a quella del primo giudice, senza lasciare spazio alcuno, dia ragione delle scelte operate e del
privilegio accordato ad elementi di prova diversi o diversamente valutati, deve rilevarsi che nel
caso di specie i giudici d’appello hanno prospettato una soluzione divergente rispetto a quella
indicata dal primo giudice suffragata da un rigoroso percorso motivazionale, supportato da un
organico e coerente apprezzamento degli aspetti giuridici e di fatto acquisiti, articolato
attraverso passaggi logici dotati della indispensabile saldezza.
Il giudice di appello ha raffrontato il proprio decisum non solo con le censure dell’appellante,
ma anche con il giudizio espresso dal primo giudice, che si compone sia della ricostruzione del
fatto che della valutazione complessiva degli elementi probatori, nel loro valore intrinseco e
nelle connessioni tra essi esistenti ed ha tenuto conto anche delle deduzioni difensive espresse
dal Menghini nella memoria depositata in attii.
A fronte di tale organica e coerente motivazione il ricorrente ripropone le stesse ragioni già
discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame, senza tenere conto di quanto detto dalla
Corte territoriale con motivazione logica e coerente.
Il Menghini sotto il profilo del vizio di legge e del difetto di motivazione, sollecita alla Corte una
diversa lettura dei dati normativi e di fatto accertati senza tenere in considerazione quanto
indicato dai giudici d’Appello che hanno tolto valenza alla deposizione Ceccato dando atto con
motivazione logica e coerente che costui si era limitato ad affermare che la Provincia ( giunta
provinciale) avrebbe potuto, mediante una decisione politica, cambiare le sue determinazioni e
fissare un diverso numero di presenze in una classe, situazione che nel caso di specie non si
era però verificata, prova ne era che l’imputato aveva dovuto porre in essere le condotte
artificiose accertate invece di chiedere semplicemente di poter costituire una classe con un
numero di studenti inferiore ad 8.
Il ricorso deve pertanto essere respinto e il ricorrente condannato al pagamento delle spese
processuali.

P.Q.M.

2

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in proc. contrada rv. 225564), la dimostrazione dell’incompletezza o della non correttezza

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deliberato in Roma il 20.9.2013

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