Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 44664 del 15/10/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 44664 Anno 2013
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: ORILIA LORENZO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI
L’AQUILA
nei confronti di:
ORSITTI STEFANO N. IL 14/12/1983
avverso l’ordinanza n. 20/2013 TRIB. LIBERTA’ di CHIETI, del
04/02/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LORENZO ORILIA;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

Ro 9-)’04t,r)

4

t.A4443k.,14

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 15/10/2013

RITENUTO IN FATTO
1.

Il Tribunale di Chieti, accogliendo la richiesta di riesame proposta

dall’acquirente – in epigrafe indicato – di una unità immobiliare facente parte del
complesso Molino Village ha annullato il decreto di sequestro preventivo emesso dal
GIP del Tribunale di Vasto il 19.12.2012, limitatamente alla parte in cui ha disposto il
sequestro delle predette unità immobiliari.
I giudici di merito, premessa una ricostruzione della vicenda urbanistica sfociata
in un procedimento penale per lottizzazione abusiva a carico del legale rappresentante

della società costruttrice Molino e Molino srl e di altri soggetti (tecnici e pubblici
funzionari del Comune), hanno ritenuto che dalla consulenza tecnica disposta dal
pubblico ministero era emersa la configurabilità dell’ipotesi accusatoria, essendo stata
modificata la destinazione d’uso di una struttura alberghiera attraverso la realizzazione
di un complesso residenziale derivante dalla parcellizzazione in un numero di alloggi
suscettibili di essere occupati stabilmente.
Ha quindi ritenuto che dall’esame dei vari atti di compravendita risultava
l’incolpevole affidamento dei terzi sulla legittimità dell’edificazione, giacché nei titoli si
faceva espresso riferimento all’obbligo di rispetto, da parte della società costruttrice,
alle disposizioni dell’art. 12 comma 17 della legge regionale Abruzzo n. 16/2003
(secondo cui le unità abitative fisse delle strutture ricettive all’aria aperta di cui all’art.
1, tra cui i villaggi turistici, possono essere oggetto di frazionamento o di concessione
del diritto di superficie…soltanto qualora restino nella gestione unitaria le strutture
mobili, commerciali e quelle destinate a servizi).
Il Tribunale del riesame ha infine considerato che i vari atti di acquisto vennero
stipulati quando i lavori erano ancora in corso (cioè prima della realizzazione delle
difformità) e che gli acquirenti prestarono pieno affidamento sia ai permessi rilasciati
dalla pubblica amministrazione, sia a quanto attestato dal notaio nell’atto pubblico,
mentre le verifiche relative alla effettiva gestione unitaria del complesso non potevano
essere fatte in quel momento, per cui non era possibile esigere alcun diverso e più
approfondito controllo, come dimostrato dal fatto che era stato necessario nominare
un consulente tecnico per accertare i presunti profili di illiceità dell’intervento nel suo
complesso.
2.

Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Chieti ricorre per

Cassazione contro il provvedimento deducendo la violazione della Legge Regionale e
degli artt. 30 e 44 del DPR n. 380/2001 nonché la contraddizione logica del
ragionamento del Tribunale: secondo il ricorrente, proprio il fatto che le unità erano
situate all’interno di un villaggio turistico disciplinato dalla legge regionale n. 16/2003,
avrebbe dovuto indurre i singoli acquirenti a valutare, con l’eventuale ausilio di un
tecnico, sia il piano di lottizzazione approvato con delibera di CC n. 33/2007 e
contenente il divieto di destinare l’area per insediamenti turistici ad uso residenziale,

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sia la legge regionale. Ritiene che tutti i protagonisti della vicenda abbiano violato il
divieto, essendo pacifico che quegli appartamenti sono stati destinati a civile abitazione
e addirittura acquistati con i benefici fiscali della prima casa.
Insomma, a dire del Pubblico Ministero ricorrente, il Tribunale ha confuso la
possibilità di cessione a privati di porzioni del complesso turistico (attività lecita) con
quella di destinare dette porzioni a residenza privata. Ha richiamato anche uno studio
del Consiglio Nazionale del Notariato.
Sempre secondo il ricorrente, in sede cautelare la buona fede dell’acquirente

deve emergere ictu ocu/i e a tal fine non è sufficiente l’affidamento nella figura del
notaio.
Inoltre, il fatto che i rogiti siano stati stipulati quando i lavori erano ancora in
corso non ha alcun pregio perché – precisa il ricorrente – la lottizzazione è anche
negoziale e il cambio di destinazione d’uso è previsto dagli atti di compravendita, così
come nessun rilievo assume, ai fini della prova della buona fede degli acquirenti, la
necessità di una consulenza tecnica per accertare la lottizzazione, essendo difficile
immaginare un procedimento per reati edilizi sganciato da una valutazione tecnica
dell’intervento. Rileva infine il ricorrente che la possibilità di fissare la residenza con i
benefici fiscali della prima casa all’interno di un villaggio turistico o di una struttura
turistico alberghiera appare stridente addirittura con i comuni parametri dell’uomo
della strada.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.

Tornano in Cassazione le questioni riguardanti la posizione dei “terzi acquirenti”
nell’ambito della lottizzazione abusiva e la buona fede degli stessi nel giudizio
cautelare concernente il sequestro di immobili o terreni abusivamente lottizzati.
La Corte si è già occupata, anche di recente, di questi temi. In ordine alla
posizione dei terzi acquirenti, vanno richiamate in particolare le sentenze cass. sez. 3
28.2-8.4.2013 n. 15986 e cass. sez. 3 28.2-21.3.2013 n. 13043 che hanno affermato i
seguenti principi:
– la lottizzazione abusiva negoziale è un reato a carattere generalmente
plurisoggettivo, poiché in essa normalmente confluiscono condotte convergenti verso
un’operazione unitaria caratterizzata dal nesso causale che lega i comportamenti dei
vari partecipi diretti a condizionare la riserva pubblica di programmazione territoriale
(vedi Cass., Sez. III, 8.10.2009, n. 39078);
– la condotta dell’acquirente, in particolare, non configura un evento imprevisto
ed imprevedibile per il venditore, perché anzi inserisce un determinante contributo
causale alla concreta attuazione del disegno criminoso di quello (vedi Cass., Sez.
Unite, 27.3.1992, n. 4708, Fogliani) e, per la cooperazione dell’acquirente nei reato,
non sono necessari un previo concerto o un’azione concordata con il venditore,

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essendo sufficiente, al contrario, una semplice adesione al disegno criminoso da quegli
concepito, posta in essere anche attraverso la violazione (deliberatamente o per
trascuratezza) di specifici doveri di informazione e conoscenza che costituiscono diretta
esplicazione dei doveri di solidarietà sociale di cui all’art. 2 della Costituzione (cfr.
Corte Costituzionale sentenza n. 364/1988, ove viene evidenziato che la Costituzione
richiede dai singoli soggetti la massima costante tensione ai fini del rispetto degli
interessi dell’altrui persona umana ed è per la violazione di questo impegno di
solidarietà sociale che la stessa Costituzione chiama a rispondere penalmente anche

chi lede tali interessi non conoscendone positivamente la tutela giuridica);
– l’acquirente, dunque, non può sicuramente considerarsi, solo per tale sua
qualità, “terzo estraneo” al reato di lottizzazione abusiva, ben potendo egli tuttavia,
benché compartecipe al medesimo accadimento materiale, dimostrare di avere agito in
buona fede, senza rendersi conto cioè – pur avendo adoperato la necessaria diligenza
nell’adempimento degli anzidetti doveri di informazione e conoscenza – di partecipare
ad un’operazione di Illecita lottizzazione;
– quando, invece, l’acquirente sia consapevole dell’abusività dell’intervento – o
avrebbe potuto esserlo spiegando la normale diligenza – la sua condotta si lega con
intimo nesso causale a quella del venditore ed in tal modo le rispettive azioni,
apparentemente distinte, si collegano tra loro e determinano la formazione di una
fattispecie unitaria ed indivisibile, diretta in modo convergente al conseguimento del
risultato lottizzatorio.
La giurisprudenza ormai costante di questa Corte è orientata nel senso che la
contravvenzione di lottizzazione abusiva, sia negoziale sia materiale, possa essere
commessa anche per colpa (cfr. Cass., Sez. 25.2.2011, n. 7238, Cresta; 3.2.2011, n.
3886, Lotito; 29.4.2009, n. 17865, Quarta; 2.10.2008, n. 37472, Belloi; 7.4.2008, n.
14326, Zortea; 5.3.2008, n. 9982, Quattrone; 12.10.2005, n. 36940, Stufi;
13.10.2004, n. 39916, Lamedica): non è ravvisabile, infatti, alcuna eccezione al
principio generale stabilito per le contravvenzioni dall’art. 42, 4 0 comma, cod. pen.
Il venditore non può predisporre l’alienazione degli immobili in una situazione
produttrice di alterazione o immutazione circa la programmata destinazione della zona
in cui gli stessi sono situati ed i soggetti che acquistano devono essere cauti e diligenti
nell’acquisire conoscenza delle previsioni urbanistiche e pianificatorie di zona: “Il
compratore che omette di acquisire ogni prudente informazione circa la legittimità
dell’acquisto si pone colposamente in una situazione di inconsapevolezza che fornisce,
comunque, un determinante contributo causale all’attività illecita del venditore” [così
testualmente Cass., Sez. III, 2.10.2008, n. 37472, Belloi].
Va rilevato, inoltre che oggetto del sequestro preventivo di cui al primo comma
dell’art. 321 c.p.p. può essere qualsiasi bene – a chiunque appartenente e, quindi,
anche a persona estranea al reato – purché esso sia, anche indirettamente, collegato al
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reato e, ove lasciato in libera disponibilità, idoneo a costituire pericolo di
aggravamento o di protrazione delle conseguenze del reato ovvero di agevolazione
della commissione di ulteriori fatti penalmente rilevanti [vedi Cass.: n. 3919/2010; n.
1022/2009; n. 37033/2006, n. 24685/2005, n. 38728/2004, n. 1246/2003, n.
29797/2001, n. 4496/1999, n. 1565/1997, n. 156/1993, n. 2296/1992].
La giurisprudenza ha altresì approfondito il tema dell’affidamento riposto
dall’acquirente nella presenza del notaio.
E’ stato affermato in particolare (cfr. cass. sez. 3 n. 15986/2013 cit.) che

nell’illecito lottizzatorio, non può ritenersi assiomaticamente sussistente la buona fede
dell’acquirente per il solo fatto che quegli si sia rivolto ad un notaio quale pubblico
ufficiale rogante. Le parti stipulanti infatti – proprio al fine specifico di non fare
emergere elementi indiziari di uno scopo lottizzatorio dell’attività negoziale potrebbero rendere dichiarazioni non veritiere, surrettiziamente incomplete o
nebulose, oppure produrre documentazione parziale e non corrispondente alla realtà.
Lo stesso notaio, infine, potrebbe concorrere alla lottizzazione abusiva, sia
contribuendo con la propria condotta alla realizzazione dell’evento Illecito (facendo
proprio il fine degli autori del reato, magari anche con attiva induzione propiziatoria)
sia per violazione del dovere della normale diligenza professionale media esigibile ai
sensi del 2° comma dell’art. 1176 cod. civ.
L’intervento del notaio – si è detto – non garantisce una sorta di “ripulitura
giuridica” della originaria illegalità dell’immobile abusivo, permettendo che esso resti
definitivamente radicato sul territorio, né può consentire all’acquirente di godere di un
acquisto dolosamente o colposamente attuato in ordine ad un bene di provenienza
illecita ed al costruttore abusivo di conseguire comunque il suo illecito fine di lucro.
Argomentandosi in senso difforme (come efficacemente rilevato in dottrina) lo scempio
territoriale, che è intollerabile perché perpetrato in violazione anche dei doveri di

ó)

solidarietà sociale di cui all’art. 2 della Costituzione, diventerebbe praticamente
intoccabile e la cultura dell’illegalità diventerebbe diritto acquisito (cfr. cass. sez. 3 n.
15986/2013 cit.).
Il ricorrente Pubblico Ministero ritiene che nel caso di specie non risultava
fornita la prova della buona fede, perché i singoli acquirenti erano in grado di rendersi
conto con l’ordinaria diligenza richiesta – e quindi anche con eventuale assistenza
tecnica, sulla scorta delle previsioni urbanistiche e in particolare di quelle contenute nel
piano di lottizzazione che disciplina la zona D4, e sulla scorta della delibera n. 33/07
del Consiglio Comunale nonchè dell’art. 12 comma 17 della legge regionale – del
fenomeno lottizzatorio riguardante gli immobili che essi stessi si apprestavano ad
acquistare.
Il Tribunale del Riesame, invece, diversamente ragionando, ha ricavato
l’esistenza della buona fede degli acquirenti sostanzialmente dal fatto che i lavori edilizi
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erano ancora in corso all’epoca della stipula degli atti di trasferimento immobiliare (con
conseguente impossibilità, per gli acquirenti, di rendersi conto delle alterazioni della
destinazione d’uso), dalla menzione – inserita nei vari atti di compravendita – dei titoli
abilitativi e degli obblighi del costruttore di rispettare le disposizioni della L.R. Abruzzo
art. 12 comma 17, ed ancora dalle attestazioni rilasciate dal notaio incaricato delle
stipula dei trasferimenti immobiliari.
2. La valutazione non appare sufficiente perché non tiene conto dell’altra

di specie: si tratta dei limiti entro i quali può essere oggetto di valutazione la buona
fede del terzo acquirente nel giudizio cautelare concernente il sequestro di immobili o
terreni abusivamente lottizzati.
Il tema non è nuovo: la Corte (cfr. Sez. 3, Sentenza n. 24435 del 25/05/2011
cc. dep. 17/06/2011 Rv. 250692) ha affermato in proposito che la dedotta buona fede
del terzo acquirente può essere oggetto di valutazione a condizione che essa risulti
immediatamente evidente.
Al principio oggi va data senz’altro continuità perché esso risponde
indubbiamente alla fondamentale esigenza di evitare che il procedimento cautelare,
caratterizzato dalla sommarietà e provvisorietà proprie della fase delle indagini
preliminari, venga di fatto snaturato attraverso la possibilità di consentire approfonditi
accertamenti che invece devono trovare il loro spazio naturale nel successivo giudizio
di merito.
Venendo all’esame del caso di specie, è pacifica la sussistenza del

fumus del

reato di lottizzazione abusiva per mutamento di destinazione d’uso della struttura
turistica realizzata dalla società attraverso gli interventi riportati nella narrativa che
precede, sicché non è il caso di soffermarsi sui principi già elaborati in passato da
questa Corte con riferimento proprio ai villaggi turistici.
Manca invece, come si è detto, ogni indagine da parte del giudice di merito sulla
immediata percepibilità della buona fede da parte dei compratori, cioè proprio sul dato
essenziale che giustifica l’eccezione alla regola secondo cui l’accertamento
dell’elemento soggettivo non può essere effettuato in sede di riesame, salvo casi di
particolare evidenza.
L’ordinanza deve pertanto essere annullata e il giudice di rinvio, attenendosi ai
principi di diritto esposti, accerterà, a fronte delle violazioni urbanistiche denunziate,
se la buona fede dei compratori era immediatamente evidente al momento degli
acquisti.
P.Q.M.
annulla l’ordinanza impugnata e rinvia al Tribunale di Chieti.
Così deciso in Roma il 15.10.2013.

questione, pure posta dal ricorrente (cfr. pag. 9) e che assume rilievo decisivo nel caso

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