Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 44662 del 15/10/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 44662 Anno 2013
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: ORILIA LORENZO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BERARDINI MARIO N. IL 10/01/1949
avverso l’ordinanza n. 372/2013 CORTE APPELLO di TORINO, del
27/03/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LORENZO ORILIA;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

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(m5931v)

Uditi difensor Avv.;

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Data Udienza: 15/10/2013

RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza 27.3.2013 la Corte di Appello di Torino ha dichiarato ai sensi
dell’art. 634 cpp inammissibile per manifesta infondatezza la richiesta di revisione della
sentenza n. 15/2003 del Tribunale di Sanremo, proposta da Berardini Mario,
condannato alla pena di mesi due di arresto ed C. 20.000 di ammenda per il reato di
cui agli artt. 20 lett. b) e c) della legge n. 47/1985, 163 D. Lvo n. 490/1999, e 13 e 14
della legge n. 1086/1971 per avere realizzato in assenza o difformità dalla concessione

ordinanza di sospensione dei lavori.
Ha rilevato la Corte piemontese:
– che le dichiarazioni testimoniali richiamate nell’istanza ai sensi dell’art. 630
lett. c) cpp sono state rese in procedimenti assai diversi;
– che le attività edilizie oggetto dell’esame dei testi non appaiono identiche a
quelle oggetto della sentenza di cui si chiede la revoca;
– che non sussiste alcuna inconciliabilità tra i fatti storici su cui si fondano le
rispettive pronunce.
Ricorre per cassazione il difensore del Berardini.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Con un articolato motivo si deduce a) la mancanza. contraddittorietà o
manifesta illogicità della motivazione art. 606 lettera e cpp; b) l’inosservanza delle
norme processuali stabilite a pena nullità. inutilizzabilità. inammissibilità o decadenza,
nella specie nullità per violazione di legge con particolare riferimento agli artt. 630 e
634 cpp./violazione di legge (art. 606 lettera c cpplart. 111 cost.); c) inosservanza o
erronea applicazione della legge penale con particolare riferimento all’art. 35 comma
13 L. n. 47/1985 (art. 606 lett. b cpp). Premessa una ricostruzione della vicenda, il
ricorrente rimprovera alla Corte d’Appello di Torino di avere di fatto sconfinato in un
esame di merito delle nuove prove dedotte laddove le ha considerate meno specifiche,
puntuali ed assertive di quanto preteso, compiendo in tal modo una valutazione che
non ha nulla a che vedere con la mera infondatezza rilevabile ictu °culi.
Rileva inoltre la violazione da parte della Corte dell’obbligo di motivazione,
laddove ha affermato che le attività edilizie oggetto dell’esame dei testi non appaiono
identiche a quelle oggetto della sentenza di cui all’odierno ricorso, senza argomentare
l’affermazione medesima alla luce delle specifiche deduzioni di segno contrario fondate
sul rilievo che i distinti interventi erano coperti dal condono alla luce delle indicazioni
fornite dall’ing. Locatelli capo dell’Ufficio Tecnico del Comune di Sanremo.
Critica infine la decisione nella parte in cui ha escluso il contrasto tra la
sentenza di cui si chiede la revisione e quella n. 193/1998 del Pretore di Sanremo:
rileva al riguardo la manifesta illogicità della motivazione e l’abbaglio in cui è incorsa la
Corte d’Appello perché i fatti storici inconciliabili non sono gli interventi edilizi, ma il
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opere edili in cemento armato ed in zona sottoposta a vincolo, anche in violazione di

rilascio del medesimo provvedimento di condono che la sentenza del Pretore considera
valido ed efficace, così da consentire il proscioglimento del ricorrente, mentre invece la
sentenza del Tribunale non lo considera tale per una asserita decadenza,
contravvenendo in tal modo al disposto dell’art. 630 lett. a) che riguarda non solo i
fatti costitutivi del reato ma anche i fatti estintivi (cioè il provvedimento di condono),
considerato che, secondo l’art. 631 cpp, può darsi luogo a revisione anche nel caso in
cui il condannato debba essere prosciolto a norma dell’art. 531 cpp.

Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, integra la manifesta
infondatezza della richiesta di revisione – che ne determina l’inammissibilità l’evidente inidoneità delle ragioni che la sostengono e la fondano a consentire una
verifica circa l’esito del giudizio: requisito che è tutto intrinseco alla domanda in sé e
per sé considerata, restando riservata alla fase del merito ogni valutazione sulla
effettiva capacità delle allegazioni a travolgere, anche nella prospettiva del ragionevole
dubbio, il giudicato (cfr. cass. sez. 4, Sentenza n. 18196 del 10/01/2013 Cc. dep.
19/04/2013 Rv. 255222; Sez. 6, Sentenza n. 18818 del 08/03/2013 Cc. dep.
29/04/2013 Rv. 255477; Sez. 1, Sentenza n. 40815 del 14/10/2010 Cc. dep.
18/11/2010 Rv. 248463).
Dunque, nella delibazione spettante alla Corte d’Appello non possono assumere
rilevanza regole di giudizio appartenenti alla fase del merito, altrimenti derivandone
un’indebita sovrapposizione tra momenti procedimentali che il legislatore ha inteso
categoricamente differenziare (cfr. cass. Sez. 6, Sentenza n. 2437 del 03/12/2009 Cc.
dep. 20/01/2010 Rv. 245770).
Orbene, nel caso di specie, è proprio il contenuto intrinseco della domanda ad
apparire inidoneo a vincere la forza del giudicato così, come del resto, emerge dalle
stesse argomentazioni esposte dalla Corte territoriale.
In particolare, i giudici torinesi, nel compiere una sommaria valutazione circa
l’attitudine del novum addotto a sostegno della richiesta di revisione a porre in
discussione il fondamento della pronuncia irrevocabile di condanna resa nei confronti
del Berardini, hanno rilevato che le dichiarazioni testimoniali indicate dal ricorrente
sono state rese in procedimenti assai diversi sicché esse non possono ritenersi
incompatibili con gli accertamenti della predetta sentenza, ma risultano finalizzate ad
ottenere una inammissibile, diversa e nuova valutazione delle prove già raccolte ed
apprezzate con la decisione oggetto del ricorso. Hanno riportato in estrema sintesi le
dichiarazioni dell’ing. Locatelli (Capo dell’Ufficio Tecnico del Comune) sull’esistenza di
opere in c.a non dichiarate e quelle del teste Bergonzo sulla realizzazione di opere
diverse da quelle riportate nel progetto, seppure in un piano planaovolumetrico
autorizzato. Inoltre, hanno rilevato che esse non appaiono tali da portare alla invocata
assoluzione o ad una sentenza di NDP.

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Il ricorso è infondato.

La Corte d’Appello ha poi escluso l’inconciliabilità tra i fatti storici su cui si
fondano le rispettive pronunce rilevando che esse riguardano opere, datazione di
consumazione e violazioni edilizie del tutto diverse, come emerge ictu oculi dall’esame
delle imputazioni, rispetto alla descrizione dei manufatti e alla collocazione temporale
della loro realizzazione; ha altresì osservato che il condono ottenuto dal ricorrente
ricopre opere realizzate fino al 1993 mentre la sentenza oggetto della richiesta di
revisione riguarda interventi posti in essere in data prossima al 2000.

anticipazione del giudizio di merito, soddisfa il requisito richiesto dall’art. 634 cpp e
quindi si sottrae al sindacato di questa Corte.
S’impone, di conseguenza, il rigetto del ricorso.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 15.10.2013.

La motivazione posta a base della decisione, dunque, lungi dal costituire una

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