Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 44637 del 31/10/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 44637 Anno 2013
Presidente: DI VIRGINIO ADOLFO
Relatore: APRILE ERCOLE

SENTENZA

sul ricorso straordinario presentato da
Stranges Carlo, nato a Lamezia Terme il 15/02/1974

avverso la sentenza del 06/02/2013 della Corte di cassazione, seconda sezione
penale;

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Ercole Aprile;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Mario
Fraticelli, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso;
udito per il condannato l’avv. Leopoldo Marchese, che ha concluso chiedendo
l’annullamento della sentenza impugnata.

RITENUTO IN FATTO
E CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con la sentenza sopra indicata la Seconda sezione penale di questa Corte di
cassazione dichiarava l’inammissibilità del ricorso presentato, tra gli altri, da
Carlo Stranges avverso la pronuncia di secondo grado del 03/11/2011 con la

Data Udienza: 31/10/2013

quale la Corte di appello di Catanzaro aveva riformato, esclusivamente in punto
di rideterminazione della pena, ed aveva confermato nel resto la sentenza di
primo grado del Tribunale di Lamezia Terme di condanna del prevenuto in
relazione ai reati di usura e di estorsione aggravata.

2. Avverso tale sentenza ha presentato ricorso straordinario lo Stranges, con
atto sottoscritto dal suo difensore avv. Leopoldo Marchese, il quale si è doluto
che la decisione era stata adottata dalla Corte sulla base di un errore di fatto, per

06/02/2013, alle ore 10,15, accogliendo una richiesta ‘di anticipazione’ avanzata
dal difensore di uno degli altri ricorrenti, ed in assenza del predetto avv.
Marchese, non ancora giunto nell’aula, benché nell’avviso di fissazione, notificato
a tale difensore, l’inizio dell’udienza fosse stato previsto per le ore 10,00 ed il
processo dello Stranges fosse stato inserito nell’elenco con il numero d’ordine 21
tra quelli che sarebbero stati chiamati in quella udienza.

3. Ritiene la Corte che il ricorso sia inammissibile per la manifesta infondatezza
del relativo motivo.
Costituisce ius receptum nella giurisprudenza di questa Corte il principio
secondo il quale l’errore di fatto verificatosi nel giudizio di legittimità e oggetto
del rimedio previsto dall’art. 625-bis cod. proc. pen. consiste in un errore
percettivo causato da una svista o da un equivoco in cui la Corte di cassazione
sia incorsa nella lettura degli atti interni al giudizio stesso e connotato
dall’influenza esercitata sul processo formativo della volontà, viziato dall’inesatta
percezione delle risultanze processuali che abbia condotto a una decisione
diversa da quella che sarebbe stata adottata senza di esso. Le Sezioni Unite
hanno precisato che: qualora la causa dell’errore non sia identificabile
esclusivamente in una fuorviata rappresentazione percettiva e la decisione abbia
comunque contenuto valutativo, non è configurabile un errore di fatto, bensì di
giudizio; sono estranei all’ambito di applicazione dell’istituto gli errori di
interpretazione di norme giuridiche, sostanziali o processuali, ovvero la supposta
esistenza delle norme stesse o l’attribuzione ad esse di una inesatta portata,
anche se dovuti ad ignoranza di indirizzi giurisprudenziali consolidati, nonché gli
errori percettivi in cui sia incorso il giudice di merito, dovendosi questi ultimi far
valere – anche se risoltisi in travisamento del fatto – soltanto nelle forme e nei
limiti delle impugnazioni ordinarie; l’operatività del ricorso straordinario non può
essere limitata alle decisioni relative all’accertamento dei fatti processuali, non
risultando giustificata una simile restrizione dall’effettiva portata della norma in
quanto l’errore percettivo può cadere su qualsiasi dato fattuale (Sez. U, n.
2

avere chiamato e tratto il processo, nel corso della fissata udienza del

16103 del 27/03/2002, Basile, Rv. 221280; conf. Sez. U, n. 16104 del
27/03/2012, De Lorenzo, non mass.; e, in seguito, Sez. U, n. 37505 del
14/07/2011, Corsini, Rv. 250527).
Alla luce di tale regula iuris deve escludersi la configurabilità di alcun errore di
fatto nel procedimento svoltosi dinanzi alla Seconda sezione penale di questa
Corte nel processo a carico dell’odierno ricorrente, tenuto conto che quel Collegio
ritenne, da un lato, che la fissazione del processo fin dalle ore 10,00 avrebbe
imposto al difensore di essere presente a quell’ora di inizio dell’udienza e che, da

la funzione di dare un ordine allo svolgimento dell’udienza, senza che su
quell’elencazione i difensori delle parti private possano fare oltremodo
affidamento, essendo ben possibile che la chiamata di un processo venga
anticipata per soddisfare esigenze di urgenza (come nella specie era accaduto,
avendo uno dei difensori di quel processo rappresentato di essere stato colpito da
un lutto familiare) e trattato in assenza degli altri difensori che non siano ancora
comparsi.
Si tratta, all’evidenza, di un giudizio valutativo di norme e prassi che regolano
lo svolgimento delle udienze dinanzi alla Corte di cassazione, giudizio il cui esito
non è stato condiviso dall’odierno ricorrente, rispetto al quale, dunque, sarebbe
stato astrattamente ipotizzabile un errore di giudizio ma non anche quell’errore
di fatto, basato su una fuorviata rappresentazione percettiva, che può giustificare
la proposizione di una ricorso straordinario ai sensi del citato art. 625-bis cod.
proc. pen.

4. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art.
616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento in favore dell’erario
delle spese del presente procedimento e al pagamento in favore della cassa delle
ammende di una somma che si stima equo fissare nell’importo indicato nel
dispositivo che segue.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa delle
ammende.
Così deciso il 31/10/2013

altro lato, l’indicazione di ciascun processo in un elenco numerico ha solamente

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