Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 44636 del 31/10/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 44636 Anno 2013
Presidente: DI VIRGINIO ADOLFO
Relatore: APRILE ERCOLE

SENTENZA

sui ricorsi presentati da
1. Ardito Angela, nata a Noicattaro il 17/03/1950
2. Carbonara Aurora, nata a Triggiano il 10/03/1970

avverso il decreto del 04/04/2013 della Corte di appello di Bari;

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed i ricorsi;
udita la relazione svolta dal Consigliere Ercole Aprile;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale Gioacchino Izzo, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità dei ricorsi.

RITENUTO IN FATTO
E CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il decreto sopra indicato la Corte di appello di Bari rigettava gli atti di
appello presentati da Angela Ardito e Aurora Carbonara avverso il decreto del
03/07/2012 con il quale il Tribunale della stessa città aveva disatteso una
richiesta di revoca del provvedimento – orami definitivo – di applicazione della
misura di prevenzione patrimoniale della confisca di una serie di beni immobili a

Data Udienza: 31/10/2013

loro intestati, adottato nell’ambito del procedimento aperto nei riguardi di
Michele Carbonara, rispettivamente marito e padre delle prevenute.
Rilevava la Corte di appello come l’Ardito e la Carbonara avessero, per un
verso, prodotto la copia di una sentenza assolutoria emessa nei confronti del loro
congiunto che non era idonea, da sola, a superare il giudizio di pericolosità
sociale che era stato formulato con il provvedimento che aveva definito quel
procedimento di prevenzione; e, per altro verso, prodotto documentazione varia,
concernente l’asserita liceità dell’acquisto di quei beni, che era stata già valutata

documentazione nuova.

2. Avverso tale decreto hanno presentato ricorso l’Ardito e la Carbonara, con
atto sottoscritto dai loro difensori avv. Giancarlo Chiarello e avv. Attilio Triggiani,
le quali, con un unico motivo, hanno dedotto la violazione di legge ed il vizio di
motivazione per avere la Corte territoriale omesso di fornire una risposta
motivazionale alle doglianze formulate con gli atti di appello, che avrebbero,
invece, reso necessario un accertamento peritale per verificare la congruità del
valore, quanto meno per alcuni dei beni oggetto di ablazione, con le capacità
reddituali lecite delle prevenute.
Con memoria depositata il 24/10/2013 il difensore della Ardito e della
Carbonara è tornato ad insistere per l’accoglimento del ricorso.

3. Con conclusioni rassegnate per iscritto il 10/06/2013 il Pubblico Ministero, in
persona del Sostituto Procuratore generale Gioacchino Izzo, ha chiesto dichiararsi
l’inammissibilità dei due ricorsi.

4. Ritiene la Corte che i ricorsi siano inammissibili.
Costituisce ius receptum nella giurisprudenza di questa Corte il principio
secondo il quale, in tema di procedimento di prevenzione, il difensore del terzo
interessato, non munito di procura speciale, non è legittimato a ricorrere per
cassazione avverso il decreto che dispone la misura di prevenzione della
confisca; né a tal fine può assumere rilievo la distinzione tra i casi in cui il terzo
intervenga volontariamente, e quelli in cui sia intervenuto “iussu iudicis”, poiché
in entrambi i casi i soggetti intervenienti non sono destinatari della chiesta
misura di prevenzione e risultano, quindi, portatori, nel procedimento di
prevenzione, di un mero interesse di natura civilistica (così, tra le tante, Sez. 2,
n. 27037 del 27/03/2012, Bini, Rv. 253404).
Alla luce di tale regula iuris, che non vi è ragione che non applicare anche al
caso di specie, analogo a quello di specie, nel quale il ricorso viene presentato
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dal primo giudice e che, comunque, non poteva essere qualificata come

nell’interesse del terzo interessato avverso al decreto di rigetto della richiesta di
revoca della già disposta misura di prevenzione patrimoniale della confisca, va
rilevata la inammissibilità dei ricorsi avanzati dai due difensori della Aurora e
della Ardito, senza che risulti che gli stessi fossero stati nominati procuratori
speciali delle loro assistite.

5. Alla declaratoria di inammissibilità dei ricorsi consegue, a norma dell’art.
616 cod. proc. pen., la condanna delle ricorrenti al pagamento in favore

favore della cassa delle ammende di una somma che si stima equo fissare
nell’importo indicato nel dispositivo che segue.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna le ricorrenti al pagamento delle spese
processuali e ciascuna della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa delle
ammende.
Così deciso il 31/10/2013

dell’erario delle spese del presente procedimento e ciascuna al pagamento in

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