Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 44632 del 31/10/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 44632 Anno 2013
Presidente: DI VIRGINIO ADOLFO
Relatore: APRILE ERCOLE

SENTENZA

sul ricorso presentato da
Pironti Placido, nato a Palermo il 23/01/1962

avverso la sentenza del 10/07/2012 della Corte di appello di Torino;

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Ercole Aprile;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Mario
Fraticelli, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito per l’imputato l’avv. Marino Marini, in sostituzuione dell’avv. Giuseppe
Cormaio, che ha concluso chiedendo l’annullamento della sentenza impugnata.

RITENUTO IN FATTO
E CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con la sentenza sopra indicata la Corte di appello di Torino confermava la
pronuncia di primo grado del 16/04/2007 con la quale il Giudice dell’udienza
preliminare del Tribunale di Alessandria aveva condannato, tra gli altri, Placido
Pironti alla pena di giustizia in relazione al reato di agli artt. 81 cpv. e 110 cod.

Data Udienza: 31/10/2013

pen., 73 d.p.R. n. 309 del 1990 per avere, con più azioni esecutive di un
medesimo disegno criminoso, in concorso con Ilaria Bovio, giudicata
separatamente, in Alessandria nei mesi di novembre e dicembre del 2005,
detenuto a fine di spaccio sostanze stupefacenti del tipo cocaina ed eroina, che in
più occasioni aveva ceduto a terzi, tra i quali Massimiliano Marletta, tali Franco,
Paolo, Andrea, Marco, Massimo e Daniela (tutti individuati sulla base della loro
utenza cellulare), oltre ad ulteriori soggetti rimasti non identificati.
Rilevava la Corte di appello come le emergenze processuali avessero

contestatogli; e come fosse infondata la tesi difensiva secondo la quale il Giudice
di prime cure aveva violato l’art. 649 cod. pen. in relazione ad un episodio del
17/12/2005 per il quale il Pironti era stato già condannato, in quanto richiamato
dal giudicante solo per confermare l’assunto accusatorio concernente fatti di reati
diversi e più ampi.

2. Avverso tale sentenza ha presentato ricorso il Pironti, con atto sottoscritto
dal suo difensore avv. Giuseppe Cormaio, il quale ha dedotto la violazione di
legge, in relazione all’art. 649 cod. proc. pen., per avere la Corte territoriale
confermato la sentenza di condanna di primo grado senza considerare che per il
medesimo fatto contestato l’imputato era stato già dichiarato responsabile, con
pronuncia di primo grado, non ancora irrevocabile, emessa nell’ambito di un
separato processo dallo stesso Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di
Alessandria.

3. Il ricorso va rigettato.
Va premesso come sia pacifico che la regola del “ne bis in idem”, prevista
dall’art. 649 cod. proc. pen., è applicabile anche laddove, per il medesimo fatto,
l’imputato non sia stato prosciolto o condannato con sentenza o decreto penale
irrevocabile, ma sia stato semplicemente sottoposto a due diversi processi penali
in corso dinanzi a giudici egualmente competenti, in quanto non può essere
nuovamente promossa l’azione penale per un fatto e contro una persona per i
quali un processo già sia pendente (anche se in fase o grado diversi) nella stessa
sede giudiziaria e su iniziativa del medesimo ufficio del P.M., di talché nel
procedimento eventualmente duplicato dev’essere disposta l’archiviazione
oppure, se l’azione sia stata esercitata, dev’essere rilevata con sentenza la
relativa causa di improcedibilità (così a partire da Sez. U, n. 34655 del
28/06/2005, P.G. in proc. Donati ed altro, Rv. 231800; conf., in seguito, Sez. 4,
n. 25640 del 21/05/2008, P.M. in proc. Marella, Rv. 240783; Sez. 1, n. 17789
del 10/04/2008, Gesso, Rv. 239849).

2

dimostrato la colpevolezza dell’imputato in ordine al delitto continuato

Resta, invece, discusso se la questione de qua sia proponibile con il ricorso per
.%
cassazione, tematica in ordine alla quale va registrato un contrato nella
giurisprudenza di legittimità.
Questo Collegio è ben consapevole dell’esistenza di un orientamento
giurisprudenziale tendenzialmente maggioritario che esclude in radice la
possibilità di dedurre in sede di legittimità la violazione del divieto del “ne bis in
idem” di cui all’art. 649 cod. proc. pen. (questione che resterebbe proponibile
dinanzi al giudice dell’esecuzione), perché il relativo giudizio, presupponendo

contestate nelle sentenze in ordine alle quali la preclusione è addotta, si risolve
in un accertamento sul fatto, non consentito alla Cassazione (così, tra le tante,
Sez. 5, n. 9825 del 10/01/2013, Di Martino, Rv. 255219; Sez. 5, n. 5099/13
del 11/12/2012, Bisconti, Rv. 254654; Sez. 5, n. 24954 del 06/05/2011,
Brunetto, Rv. 250920; Sez. 4, n. 48575 del 03/12/2009, Bersani, Rv. 245740;
Sez. 5, Sentenza n. 9180 del 29/01/2007, Aloisio e altri, Rv. 236259).
Tuttavia, appare preferibile il diverso indirizzo esegetico per il quale la
questione concernente la mancata osservanza del precetto fissato dall’art. 649
cod. proc. pen., riguardando la prospettazione della violazione di una norma
processuale, è deducibile in sede di legittimità, atteso che la violazione del
divieto del “bis in idem” si risolve in un “error in procedendo”, che, in quanto
tale, consente al giudice di legittimità l’accertamento di fatto dei relativi
presupposti applicativi (in questo senso Sez. 6, n. 47983 del 27/11/2012,
D’Alessandro, Rv. 254279; Sez. 1, n. 26827 del 05/05/2011, Santoro, Rv.
250796; Sez. 6, n. 44484 del 30/09/2009, P., Rv. 244856; nonché, come si
desume dalla motivazione, Sez. U, n. 34655 del 28/06/2005, P.G. in proc. Donati
ed altro, cit., non mass. sul punto).
Alla stregua di tale ultima regula iuris deve escludersi che la Corte di appello
di Torino sia incorsa in alcuna violazione di legge, in quanto ha correttamente
escluso che i fatti oggetto di addebito a carico del Pironti nel presente processo
siano gli stessi per i quali è in corso di svolgimento altro processo – peraltro, allo
stato, definito solo con sentenza di condanna di primo grado – nei confronti del
medesimo imputato: tenuto conto che, in questo processo, il prevenuto è
chiamato a rispondere della detenzione illegale di cocaina ed eroina e della
cessione di vari quantitativi di quelle sostanze a terzi soggetti, condotte poste in
essere (come da formale contestazione) tra il mese di novembre e quello di
dicembre del 2005, ma comunque di fatto delimitate ad un’epoca precedente alla
data del 17/12/2005 nel quale il Pironti era stato tratto in arresto per la
detenzione illegale della droga rinvenuta all’interno della sua abitazione, episodio
specifico per il quale era stata esercitata un’autonoma azione penale nell’ambito

3

necessariamente un raffronto fra elementi fattuali relativi alle imputazioni

di altro diverso procedimento, pure pendente dinanzi alla medesima autorità
giudiziaria; episodio, quest’ultimo, che, nella motivazione della sentenza
gravata, è stato richiamato esclusivamente per riscontrare la fondatezza
dell’ipotesi accusatoria, concernente fatti di reato precedenti, già comprovata
sulla base del contenuto delle intercettazioni telefoniche eseguite durante la fase
delle indagini dagli inquirenti (v. pag. 16 sent. impugn.).

4. Al rigetto del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la

presente procedimento.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 31/10/2013

condanna del ricorrente al pagamento in favore dell’erario delle spese del

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