Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 44630 del 22/10/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 44630 Anno 2015
Presidente: MANNINO SAVERIO FELICE
Relatore: RAMACCI LUCA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SCIARAFFA GIUSEPPE N. IL 20/10/1953
avverso la sentenza n. 42/2013 CORTE APPELLO di BARI, del
24/02/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 22/10/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LUCA RAMACCI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. r eckk
che ha concluso per
,e

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 22/10/2015

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello di Bari, con sentenza del 24/2/2014 ha confermato la
decisione con la quale, in data 18/5/2012, il Tribunale di Foggia aveva affermato
la penale responsabilità di Giuseppe SCIARAFFA in ordine al reato di cui all’art.

«Azienda Agricola Valle San Lorenzo», abbandonava o, comunque, depositava in
modo incontrollato rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi, consistenti in
batterie esauste, metalli ferrosi, pneumatici, parti di carrozzeria di veicoli e reflui
animali (acc. in Bovalino, 6/10/2013).
Avverso tale pronuncia il predetto propone ricorso per cassazione tramite il
proprio difensore di fiducia, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti
strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod.
proc. pen.

2. Con un primo motivo di ricorso lamenta che la Corte territoriale avrebbe
erroneamente escluso l’ammissibilità dei motivi di appello aggiunti, in quanto
non correlati con quelli principali, rilevando che, nell’appello principale, pur
concludendosi per l’assoluzione con la formula «perché il fatto non costituisce
reato», si era comunque richiesta, seppure «in maniera stringata», l’assoluzione
per insussistenza del fatto e, a dimostrazione di ciò, ripropone le argomentazioni
sviluppate nei motivi non ammessi dai giudici del gravame.

3. Con un secondo motivo di ricorso deduce la violazione di legge ed il vizio
di motivazione ed osserva che la Corte territoriale, ritenendo di non valorizzare i
motivi aggiunti, avrebbe anche omesso dì verificare la corretta applicazione delle
norme indicate.
A tale proposito, richiamata la disciplina in materia di reflui animali, oli usati,
veicoli fuori uso, pneumatici e plastica, rileva come i materiali rinvenuti sull’area
di sua proprietà risultassero sottratti alla disciplina dei rifiuti.

4. Con un terzo motivo di ricorso osserva che, in ogni caso, i materiali
rinvenuti rispetterebbero le condizioni di cui agli art. 181-bis e 181-ter d.lgs.
152\06 per essere esclusi dal novero dei rifiuti.

5. Con un quarto motivo di ricorso deduce che la Corte territoriale,

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256, comma 2 d.lgs. 152\06, perché, quale titolare della società semplice

nell’escludere l’applicabilità delle disposizioni in materia di deposito temporaneo,
si sarebbe limitata alla mera enunciazione di principi giurisprudenziali, senza
alcuna correlazione al caso concreto.

6. Con un quinto motivo di ricorso rileva che la sua posizione professionale
non consentirebbe di collocarlo tra i soggetti titolari di imprese o responsabili di
enti cui si riferisce l’art. 256, comma 2 d.lgs. 152\06.

periodi di sospensione, il termine massimo di prescrizione sarebbe ormai
decorso.
Insiste, pertanto, per l’accoglimento del ricorso

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.
Occorre rilevare, con riferimento al primo motivo di ricorso, che l’atto di
appello presentato avverso la decisione del primo giudice sottoponeva alla Corte
del merito due sole questioni, la prima concernente la sussistenza di un “deposito
controllato” dei propri rifiuti e, conseguentemente, l’assenza di rilevanza penale
della condotta così qualificata e la seconda riguardante la ritenuta prescrizione
del reato contestato.
I motivi aggiunti, i cui contenuti sono stati ampiamente illustrati anche in
ricorso, prospettavano ai giudici del gravame questioni del tutto diverse ed
aventi ad oggetto, sostanzialmente, la disamina di una serie di disposizioni
finalizzata ad escludere la natura di rifiuto dei materiali rinvenuti sull’area di
proprietà dell’imputato e, conseguentemente, l’insussistenza del reato
contestato.
La decisione della Corte territoriale di non prendere in considerazione i
motivi aggiunti risulta, pertanto, corretta e perfettamente in linea con la
giurisprudenza di questa Corte, la quale ha reiteratamente precisato che i motivi
nuovi di impugnazione devono essere inerenti ai temi specificati nei capi e punti
della decisione investiti dall’impugnazione principale già presentata, essendo
necessaria la sussistenza di una connessione funzionale tra i motivi nuovi e quelli
originari (così Sez. 6, n. 6075 del 13/1/2015, Comitini, Rv. 262343. Conf. Sez. 6,
n. 45075 del 2/10/2014, Sabbatini, Rv. 260666; Sez. 1, n. 5182 del 15/1/2013,
Vatavu lonut, Rv. 254485 ed altre prec.).

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7. Con un sesto motivo di ricorso evidenzia che, avuto anche riguardo ai

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2. Per ciò che concerne il secondo ed il terzo motivo di ricorso, che possono
essere congiuntamente esaminati, avendo ad oggetto le diverse disposizioni di
legge richiamate al fine di dimostrare la insussistenza del reato, rileva il Collegio
che detto richiamo viene e effettuato attraverso una parziale ed incongrua
lettura delle norme menzionate, palesemente errata e che non tiene, peraltro, in
nessun conto i numerosi contributi interpretativi offerti nel tempo dalla dottrina e
dalla giurisprudenza.

lamenta la mancata applicazione da parte dei giudici del merito hanno tutte
natura eccezionale e derogatoria rispetto alla disciplina ordinaria in tema di rifiuti
e, pertanto, come più volte affermato da questa Corte, l’onere della prova circa la
sussistenza delle condizioni di legge per la loro operatività deve essere assolto
da colui che ne richiede l’applicazione (si vedano, ex pl., Sez. 3, n. 17453 del
17/4/2012, Busè, Rv. 252385; Sez. 3, n. 16727 del 13/04/2011, Spinello, non
massimata; Sez. 3, n. 41836 del 30/09/2008, Castellano, Rv. 241504 in tema di
sottoprodotti; Sez. 3, n. 15680 del 3/3/2010, Abbatino, non massimata; Sez. 3, n.
21587 del 17/3/2004, Marucci, non massimata; Sez. 3, n. 30647de1 15/06/2004,
Dell’Angelo, non massimata, in tema di deposito temporaneo).
Tale dimostrazione non risulta essere stata fornita dal ricorrente ai giudici del
merito.

3. In ogni caso, come si è detto, i richiami effettuati in ricorso sono del tutto
errati.
Il ricorrente, riferendosi ai reflui animali, richiama le materie fecali di cui
all’art. 185 d.lgs. 152\06, le quali, però, sono escluse dalla disciplina dei rifiuti
solo a condizione che provengano da attività agricola e che siano effettivamente
riutilizzate nella stessa attività (v. Sez. 3, n. 37548 del 27/6/2013, Rattenuti, Rv.
257686, con richiami ai precedenti), circostanza, quest’ultima, che non risulta
comunque dimostrata ai giudici del merito.
Quanto agli oli usati, la loro natura di rifiuto è riconosciuta dall’articolo 216bis del d.lgs. 152\06, il quale impone, infatti, al primo comma, che l’effettuazione
della gestione degli oli usati, fatti salvi gli obblighi imposti per i rifiuti pericolosi,
avvenga secondo la classificazione loro attribuita sulla base dell’articolo 184, nel
rispetto delle disposizioni generali in materia di rifiuti e secondo l’ordine di
priorità stabilito dall’articolo 179.
Altrettanto pacifica risulta la natura di rifiuto dei veicoli fuori uso, rispetto ai
quali occorre prendere in considerazione l’art. 227, comma 1, lett. c) del d.lgs.
152\06, che richiama espressamente il d.lgs. 24 giugno 2003 n. 209, con cui è

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Il ricorrente tralascia inoltre di considerare che le disposizioni delle quali

stata data attuazione alla direttiva 2000/53/CE, relativa ai veicoli fuori uso ed,
inoltre, non avendo la disciplina comunitaria contemplato tutte le categorie di
veicoli a motore, anche l’articolo 231 d.lgs. 152\06, il quale costituisce un
necessario complemento della particolare normativa introdotta dal d.lgs.
209\2003, in quanto tratta dei veicoli fuori uso non disciplinati dal quest’ultimo
decreto.
La giurisprudenza di questa Corte ha precisato che le richiamate disposizioni
(e le altre del settore) considerano sia il veicolo di cui il proprietario si disfi o

ufficialmente privato delle targhe di immatricolazione, anche prima della
consegna ad un centro di raccolta, nonché quello che risulti in evidente stato di
abbandono, ancorché giacente in area privata (Sez. 3, Sentenza n. 40747 del
2/4/2013, De Mariani, Rv. 257283; Sez. 3, n. 22035 del 13/4/2010, Brilli, Rv.
247625; Sez. 3, n. 23790 del 15/5/2007, Macciomei, Rv. 236953 ; Sez. 3, n.
33789 del 23/6/2005, Bedini, Rv. 232480; Sez. 3, n. 21963 del 4/3/2005,
D’agostino, Rv. 231639. V. anche Sez. 3 n. 27074 del 20/5/2008, Nicolì, non
massimata).
Tale condizione di rifiuto, inoltre, non può essere del tutto esclusa neppure
con riferimento ai veicoli sottoposti a sequestro, quando questi, per le modalità
con le quali sono detenuti, siano da considerare obiettivamente destinati
all’abbandono (Sez. 3, n. 41775 del 5/10/2004, Castiglia, Rv. 230335; Sez. 3, n.
16249 del 20/3/2002, Camposano, Rv. 221568; Sez. 3, n. 414 del 27/1/2000,
Cavagnoli, Rv. 216451. V. anche Sez. 6, n. 36809 del 8/4/2008, Pace, Rv.
241525).
Quanto agli pneumatici, anch’essi rientrano, salvo determinate eccezioni, nel
novero dei rifiuti. In particolare, la gestione di quelli fuori uso è attualmente
disciplinata dall’articolo 228 d.lgs. 152\06, il quale richiama, in premessa, le
disposizioni speciali in materia di veicoli fuori uso (D.L.vo 209/2003) e quelle
generali di cui agli articoli 179 e 180 allo scopo di ottimizzarne il recupero anche
tramite attività di ricerca, sviluppo e formazione e per ridurne la formazione
anche attraverso la ricostruzione.

4. In ogni caso, deve rilevarsi che, indipendentemente dall’applicabilità o
meno delle specifiche discipline che regolano le singole materie, ciò che assume
effettivo rilievo ai fini della qualificazione delle stesse come rifiuto è l’eventuale
abbandono, da parte di chi le detiene, abbandono che i giudici del merito, nella
fattispecie, hanno accertato in fatto.
Va inoltre nuovamente rilevato, con riferimento agli artt. 181-bis e 181-ter
d.lgs. 152\06, che pure il ricorrente richiama, come non sia stata in alcun modo

4

abbia deciso o abbia l’obbligo di disfarsi, sia quello destinato alla demolizione,

dimostrata la sussistenza delle condizioni per la loro concreta applicazione.

5. La Corte territoriale, infine, ha correttamente escluso la sussistenza dei
presupposti per l’applicabilità, nel caso in esame, della disciplina del deposito
temporaneo, di cui si tratta nel quarto motivo di ricorso.
Anche in questo caso manca la prova dell’esistenza delle condizioni di legge,
che l’imputato non ha fornito ai giudici del merito e lo stato in cui i rifiuti erano
stati rinvenuti dimostrava, quanto meno, la mancanza dei necessari requisiti del

deposito temporaneo per categorie omogenee di rifiuti, nel rispetto delle relative
norme tecniche, nonché, per i rifiuti pericolosi, nel rispetto delle norme che
disciplinano il deposito delle sostanze pericolose in essi contenute.

6. Per ciò che riguarda, poi, il quinto motivo di ricorso, occorre ricordare
come questa Corte abbia già precisato che il reato di abbandono di rifiuti è
configurabile nei confronti di qualsiasi soggetto che abbandoni rifiuti
nell’esercizio, anche di fatto, di una attività economica, indipendentemente dalla
qualifica formale sua o dell’attività medesima e, in applicazione di tale principio,
è stato ritenuto soggetto attivo del reato anche l’imprenditore agricolo (Sez. 3, n.
38364 del 27/6/2013, Beltipo, Rv. 256387).
Tale principio, pienamente condiviso dal Collegio, deve pertanto essere
ribadito.

7. La sentenza impugnata risulta, pertanto, del tutto immune da censure.
Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile e alla
declaratoria di inammissibilità – non potendosi escludere che essa sia ascrivibile
a colpa del ricorrente (Corte Cost. 7-13 giugno 2000, n. 186) – consegue l’onere
delle spese del procedimento, nonché quello del versamento, in favore della
Cassa delle ammende, della somma, equitativamente fissata, di euro 1.000,00.
L’inammissibilità del ricorso, dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi,
non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude,
pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma
dell’articolo 129 cod. proc. pen. e, segnatamente, la prescrizione di cui al sesto

motivo di ricorso (cfr., da ultimo, Sez. 2, n. 28848 del 8/5/2013, Cìaffoni, Rv.
256463).

5

raggruppamento dei rifiuti nel luogo di loro produzione e della effettuazione del

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese del procedimento e della somma di euro 1.000,00 (mille) in favore della
Cassa delle ammende.
Revoca la confisca.

Così deciso in data 22.10.2015

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