Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 44629 del 22/10/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 44629 Anno 2015
Presidente: MANNINO SAVERIO FELICE
Relatore: RAMACCI LUCA

Data Udienza: 22/10/2015

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BETTELLI GIUSEPPE N. IL 06/07/1967
BETTELLI CRISTINA N. IL 08/01/1966
avverso la sentenza n. 1113/2012 CORTE APPELLO di BOLOGNA,
del 25/02/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 22/10/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LUCA RAMACCI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. T- 3sel.A3.1
che ha concluso per –t-g

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensoriAvv” !

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RITENUTO IN FATTO

1.

La Corte di appello di Bologna, con sentenza del 25/2/2014 ha

parzialmente riformato la decisione emessa in data 6/12/2010, a seguito di
giudizio abbreviato, dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di

Giuseppe BETTELLI ed a Cristina BETTELLI, rideterminando le pene loro
originariamente inflitte, concedendo a Giuseppe BETTELLI la sospensione
condizionale della pena, revocando la condanna al pagamento di provvisionali in
favore delle costituite parti civili, nonché la subordinazione del beneficio della
sospensione condizionale della pena, già concessa a Cristina BEMELLI, al
pagamento delle somme oggetto delle suddette provvisionali.
Entrambi erano chiamati a rispondere dei reati di cui agli artt. 110 cod. pen.,
260 d.lgs. 152\06 (capo A); 640, 61 nn. 7 e 11 cod. pen. (capo B); 640 cpv, 61 n.
7 e 11 cod. pen (capo C). Giuseppe BETTELLI, inoltre, anche del reato di cui all’
art. 321 cod. pen. (capo D1), reati commessi, per ciò che concerne quelli rubricati
al capo C), fino all’ottobre 2005, gli altri fino all’ottobre 2006.
Gli imputati, nella loro qualità di consiglieri di amministrazione della
«BETTELLI RECUPERI s.r.I.», titolare di autorizzazione alla gestione di rifiuti,
avevano conferito, in più occasioni, presso la discarica META di Modena, rifiuti
classificati con codice non rispondente alla realtà, in modo tale da versare un
corrispettivo per lo smaltimento inferiore a quello effettivamente dovuto ed
usufruire dell’esenzione dalla «eco-tassa», lucrando, in altre occasioni, sempre
sull’eco-tassa, rappresentando falsamente di aver eseguito, sui rifiuti conferiti,
operazioni di selezione e recupero in realtà non effettuate ed ottenendo un
finanziamento finalizzato a mettere in funzione il relativo impianto di selezione. Il
tutto in danno della META e dell’Amministrazione Regionale.
Le condotte erano rese possibili dalla corresponsione di somme di denaro,
da parte di Giuseppe BETTELLI, ad alcuni dipendenti della META e, in particolare
ad Antonietta FRATERNO, addetta al controllo dei rifiuti in ingresso in discarica.
Avverso tale pronuncia i predetti propongono congiuntamente ricorso per
cassazione tramite il proprio difensore di fiducia, deducendo i motivi di seguito
enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell’art.
173 disp. att. cod. proc. pen.

2. Con un primo motivo di ricorso lamentano la violazione dell’art. 158 cod.

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Modena, dichiarando la prescrizione di parte delle condotte contestate a

A

pen., in quanto la Corte territoriale avrebbe erroneamente qualificato il reato di
cui all’art. 260 d.lgs. 152\06 come reato abituale proprio, collocando il momento
consumativo dello stesso al 31/10/2006 e non rilevando la prescrizione.
Osservano, a tale proposito, che il reato in questione sarebbe un reato
abituale improprio e che, pertanto, avrebbero dovuto essere valutate, ai fini del
calcolo dei termini massimi di prescrizione, le singole condotte poste in essere.

3. Con un secondo motivo di ricorso lamentano la violazione di legge ed il

BETTELLI, ritenuta eccessiva, così come eccessivi sarebbero gli aumenti applicati
per la ritenuta continuazione fra i reati.
I giudici del merito non avrebbero tenuto adeguatamente conto, tra l’altro,
della piena collaborazione offerta dall’imputato e dell’ampia confessione resa.

4. Con un terzo motivo di ricorso deducono la illogicità della motivazione,
considerando che, pur rilevando, riguardo a Giuseppe BETTELLI, una capacità a
delinquere molto significativa, i giudici del merito hanno comunque concesso le
attenuanti generiche nella loro massima estensione e formulato una prognosi
favorevole di non recidività,

5. Con un quarto motivo di ricorso denunciano la violazione di legge in
relazione alla mancata revoca, in parte qua, della confisca disposta ai sensi
dell’art. 322-ter cod. pen. nonostante l’intervenuta declaratoria di prescrizione
dei reati.

6. Con un quinto motivo di ricorso la violazione della medesima norma
codicistica viene dedotta con riferimento anche al mantenimento della confisca
nonostante Giuseppe BETTELLI avesse restituito all’amministrazione Regionale ed
alla Provincia di Modena gli importi corrispondenti all’eco-tassa evasa ed alla
società titolare della discarica la somma corrispondente alla differenza tra il
minor costo di conferimento versato e quello effettivamente dovuto.

7. Con un sesto motivo di ricorso deducono il vizio di motivazione in
relazione alla posizione di Cristina BETTELLI, rilevando l’errata ed ingiustificata
interpretazione delle conversazioni telefoniche intercettate e delle altre
risultanze processuali.

8. Con un settimo motivo di ricorso denunciano la violazione di legge,
sempre in relazione alla posizione di Cristina BETTELLI, osservando che alla

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vizio di motivazione in punto di determinazione della pena inflitta a Giuseppe

stessa era stata indebitamente attribuita, in quanto consigliere di
amministrazione della società, una posizione di garanzia avente ad oggetto
l’impedimento delle condotte poste in essere dal coimputato.

9. Con un ottavo motivo di ricorso deducono la violazione di legge in
relazione alla qualifica di incaricato di pubblico servizio attribuita ad Antonietta
FRATERNO, dipendente della discarica, la quale non avrebbe avuto alcuna
autonomia decisionale né alcun potere discrezionale in ordine al conferimento dei

Insistono, pertanto, per l’accoglimento del ricorso.
In data 6/10/2015 venivano depositati motivi nuovi da entrambi i ricorrenti.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è solo in parte fondato, ma la sentenza impugnata deve essere
comunque annullata senza rinvio, perché i reati, avuto anche riguardo al periodo
di sospensione di gg. 32 (dal 27/1 all’1/3/2010), sono tutti estinti per prescrizione.

2. Occorre rilevare, con riferimento al primo motivo di ricorso, che il reato di
cui all’art. 260 d.lgs. 152\06 è un reato abituale, come già questa Corte ha avuto
modo di precisare (v. Sez. 3, n. 29619 del 8/7/2010, Leorati e altri, Rv. 248145;
Sez. 3, n. 46705 del 3/11/2009, Caserta, Rv. 245605. V. anche Sez. 3, n. 18669
del 8/1/2015, Gattuso, non massimata).
Va ulteriormente osservato che le richiamate decisioni non hanno indicato il
numero minimo di condotte necessarie per la configurabilità del reato, mentre, in
più occasioni, la dottrina ha affermato che esso debba individuarsi in almeno
due, rinviando, come riferimento, ad una pronuncia di questa Corte (Sez. 4, n.
28158 del 2/7/2007, RM. in proc. Costa, Rv. 236907).
Riguardo al delitto contemplato dall’art. 260 del d.lgs. 152\06 ritiene,
tuttavia, il Collegio che l’apprezzamento circa la soglia minima di rilevanza
penale della condotta debba essere effettuato non soltanto attraverso il
riferimento al mero dato numerico, ma, ovviamente, anche considerando gli
ulteriori rimandi, contenuti nella norma, a «più operazioni» ed all’«allestimento di
mezzi e attività continuative organizzate» finalizzate alla abusiva gestione di
ingenti quantità di rifiuti.
Tale valutazione complessiva, operata in concreto dal giudice, consente di
superare agevolmente eventuali margini di incertezza proprio in ragione della

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(32–

rifiuti.

sostanziale pianificazione e strutturale organizzazione della condotta che la
norma richiede.
Inoltre, i requisiti della condotta indicati dalla legge – compimento di più
operazioni e allestimento di mezzi e attività continuative organizzate, attività di
cessione, ricezione, trasporto, esportazione, importazione, o comunque gestione
abusiva di rifiuti, quantitativo ingente di rifiuti e finalità di ingiusto profitto vanno considerati unitariamente e non singolarmente.

è dunque pacifica ed il fatto che esso sia caratterizzato dalla
sussistenza di una serie di condotte le quali, singolarmente
considerate, potrebbero anche non costituire reato, ne consente
l’astratta qualificazione come reato abituale proprio e la cui
consumazione deve ritenersi esaurita con la cessazione dell’attività
organizzata finalizzata al traffico illecito dei rifiuti.
Risulta dunque corretta la determinazione dei giudici del gravame.

3. Il secondo ed il terzo motivo di ricorso, che possono essere unitariamente
esaminati, sono pure infondati.
La graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle
diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella
discrezionalità del giudice di merito, che la esercita, così come per fissare la pena
base, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen., con la
conseguenza che è inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri
ad una nuova valutazione della congruità della pena la cui determinazione non
sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e sia sorretta da sufficiente
motivazione (così Sez. 5, n. 5582 del 30/9/2013 (dep. 2014), Ferrario, Rv.
259142. Conf. Sez. 3, n. 1182 del 17/10/2007 (dep. 2008), Cilia e altro, Rv.
238851; Sez. 6, n. 829 del 09/12/1994 (dep. 1995), Cipriani ed altri, Rv. 200641;
Sez. 6, n. 481 del 5/12/1991 (dep.1992), Lazzari, Rv. 188951).
Il giudice, dunque, nel quantificare la pena, opera una valutazione
complessiva sulla base dei criteri direttivi fissati dall’articolo 133 cod. proc. pen.
e la determinazione della misura tra il minimo e il massimo edittale rientra
nell’ampio potere discrezionale attribuitogli, che risulta legittimamente esercitato
anche attraverso la globale considerazione degli elementi indicati nella
richiamata disposizione (Sez. 4, n. 41702 del 20/9/2004, Nuciforo, Rv. 230278).
Quanto alla motivazione, si è osservato che una specifica e dettagliata
giustificazione sulla quantità della pena irrogata, specie in relazione alle
diminuzioni o aumenti per circostanze, è necessaria soltanto nel caso in cui essa

4

Va quindi affermato che la natura di reato abituale del delitto in esame

sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale, ritenendosi negli
altri casi adeguato il riferimento all’impiego dei criteri di cui all’articolo 133 cod.
pen. mediante espressioni del tipo: «pena congrua», «pena equa» o «congruo
aumento», come pure il richiamo alla gravità del reato o alla capacità a
delinquere (Sez. 2, n. 28852 del 8/5/2013, Taurasi Rv. 256464; Sez. 4, n. 21294
del 20/3/2013, Serratore, Rv. 256197; Sez. 2, n. 36245 del 26/6/2009, Denaro, Rv.
245596).
Va peraltro ricordato che, nell’adempimento dell’obbligo di motivazione cui il

menzionata giurisprudenza, questi non deve necessariamente procedere ad
un’analitica valutazione di ogni singolo elemento esaminato, ben potendosi
limitare anche ad indicarne solo alcuni o quello ritenuto prevalente (v. Sez. 2, n.
12749 del 19/3/2008, Gasparri, Rv. 239754).
Per ciò che concerne, poi, la determinazione dell’aumento applicato per la
continuazione, non è dovuta alcuna motivazione, dovendosi fare riferimento alle
ragioni poste a sostegno della quantificazione della pena base (Sez. 2, n. 4707
del 21/11/2014 (dep. 2015), Di Palma e altro, Rv. 262313; Sez. 2, n. 49007 del
16/9/2014, lussi e altri, Rv. 261424; Sez. 5, n. 27382 del 28/4/2011, Franceschin e
altro, Rv. 250465 ed altre prec. conf.).

4.

Nella fattispecie, la Corte del merito, nel valutare il trattamento

sanzionatorío, accogliendo parzialmente, peraltro, le deduzioni formulate con
l’atto di appello, ha rilevato come Giuseppe BETTELLI abbia posto in essere una
intensa attività criminosa, protratta nel tempo nonostante ripetuti controlli e
sequestri e posta in essere anche mediante atti di corruzione, dimostrando così
una spiccata capacità a delinquere.
Nel contempo, la Corte territoriale ha dato atto della condotta successiva
alla commissione del reato e, segnatamente, dell’intervenuto risarcimento del
danno, individuando in essa un concreto segnale di ravvedimento tale da
giustificare il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche ed una
prognosi positiva ai fini dell’applicazione della sospensione condizionale della
pena.
Si tratta, dunque, di valutazione giuridicamente corretta e priva di cedimenti
logici o manifeste contraddizioni.

5.

Anche il quarto ed il quinto motivo di ricorso possono essere

congiuntamente esaminati, rilevando che, effettivamente, la giurisprudenza di
questa Corte è orientata nel senso di ritenere che l’estinzione del reato preclude
la confisca per equivalente delle cose che ne costituiscono il prezzo o il profitto,

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giudice del merito è chiamato, da effettuarsi nei termini precisati nella

potendo la stessa applicarsi, al pari delle sanzioni penali, solo a seguito
dell’accertamento della responsabilità dell’autore del reato (cfr. Sez. 2, n. 13017
del 22/1/2015, Chiazzese e altri, Rv. 262926; Sez. 6, n. 21192 del 25/1/2013,
Barla e altri, Rv. 255367; Sez. 6, n. 18799 del 6/12/2012 (dep. 2013), Attianese e
altri, Rv. 255164).
Inoltre, si è anche affermato, con riferimento ad una ipotesi di truffa
aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, che la confisca del
profitto non può essere disposta nel caso di restituzione integrale all’erario della

l’oggetto della misura ablatoria che, se disposta, comporterebbe una
duplicazione sanzionatoria contrastante i principi dettati dagli articoli 3, 23 e 25
Cost. ai quali l’interpretazione dell’art. 640 quater cod. pen. deve conformarsi

(Sez. 3, n. 44446 del 15/10/2013, Runco, Rv. 257628).
La diversa soluzione adottata dalla Corte territoriale si pone dunque in
contrasto con i richiamati principi, sebbene da ciò non derivi alcuna concreta
conseguenza, atteso che la declaratoria di prescrizione dei residui reati in questa
sede implica, necessariamente, la revoca della confisca disposta dai giudici del
merito.

6. Il sesto ed il settimo motivo di ricorso, riguardanti entrambi la posizione di
Cristina BETTELLI, possono essere unitariamente esaminati e risultano infondati.
Va in primo luogo osservato, a tale proposito, che l’interpretazione e la
valutazione dei contenuti delle intercettazioni telefoniche è questione di fatto
rimessa all’apprezzamento del giudice di merito e che, nella fattispecie, la stessa
è stata effettuata in maniera coerente e logica, dando compiutamente atto delle
ragioni che hanno indotto la Corte territoriale a concordare con le conclusioni cui
era pervenuto il primo giudice.
Precisano i giudici del gravame, sulla base dei dati fattuali presi in
considerazione, che l’imputata, oltre ad avere piena consapevolezza della
condotta illecita posta in essere dal fratello ed a non essersi attivata, pur
rivestendo la posizione di amministratore della società, affinché tali condotte non
venissero poste in essere, aveva comunque un comportamento attivo,
ingerendosi, seppure in maniera più defilata rispetto al coimputato, nella
commissione degli illeciti.
La sentenza impugnata pone anche in evidenza la sussistenza di alcune
situazioni così evidenti da non poter non essere note a chi, come l’imputata, era
stabilmente presente in azienda.
Viene quindi rilevato come il fatto che l’impianto per il trattamento dei rifiuti
non fosse mai stato messo in funzione, circostanza ben nota all’imputata, la

6

somma anticipata dallo Stato, giacché tale comportamento elimina in radice

rendeva perfettamente consapevole della falsità dei dati riportati sui formulari
dei rifiuti, così come non potevano passare inosservati gli ingenti ricavi
provenienti dall’illecita attività.
Tali evenienze venivano pertanto considerate particolarmente significative
dai giudici dell’appello, i quali, analizzando anche le contrarie deduzioni
difensive, sono pervenuti alla conclusione che il comportamento della ricorrente
fosse di fattiva partecipazione alle illecite condotte del coimputato, che non si
limitava a non impedire ma, anzi, ratificava, rafforzandone così i propositi

Le conclusioni cui perviene la Corte di appello appaiono corrette, scevre da
cedimenti logici o manifeste contraddizioni ed i motivati riferimenti alla condotta
attiva di partecipazione degli illeciti da parte dei giudici del gravame rendono
superflua ogni ulteriore considerazione in merito alla dedotta erronea
attribuzione di un ruolo di garanzia alla prevenuta.

7. Infondato è, infine, l’ottavo motivo di ricorso.
Va premesso che i ricorrenti non contestano la natura pubblicistica
dell’attività di gestione della discarica ove i rifiuti venivano conferiti, limitandosi a
sostenere che la dipendente della società che l’aveva in gestione ( Antonietta
FRATERNO) svolgesse compiti meramente esecutivi, senza alcuna autonomia
decisionale.
Ciò premesso, deve rilevarsi che la gestione delle discariche, avuto riguardo
a quanto disposto dal d.lgs. 13 gennaio 2003, n. 36, richiede, come stabilito,
dall’art. 11, comma 3, peculiari procedure di ammissione del rifiuto, demandando
al gestore del sito plurime operazioni di verifica e controllo al fine di garantire il
corretto conferimento. Procedure che, secondo quanto emerge dalla sentenza
impugnata, venivano aggirate grazie alla complicità della FRATERNO, addetta al
controllo dei rifiuti in entrata mediante pesatura e verifica dei formulari di
accompagnamento.
E’ quest’ultima la fase più delicata, perché dalla prima verifica è possibile
rilevare eventuali situazioni che impediscono il conferimento del rifiuto.
Non si tratta, dunque, di un compito di mera esecuzione, implicando tale
verifica una specifica valutazione da parte di soggetto necessariamente
qualificato.
Di tale circostanza i giudici del gravame hanno dato compiutamente atto,
richiamando gli esiti dell’istruzione dibattimentale, ancora una volta con
argomentazioni in fatto del tutto coerenti.

8. La sentenza impugnata deve, conseguentemente, essere annullata senza

7

criminosi con un atteggiamento psicologico adesivo.

rinvio per essere i residui reati ascritti agli imputati travolti dalla prescrizione,
maturata dopo la pronuncia della decisione impugnata, con conseguente revoca
della disposta confisca.
La legittimità dell’accertamento di responsabilità degli imputati effettuato
dai giudici del merito implica la conferma delle statuizioni civili.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché i reati residui sono estinti
per prescrizione e conferma le statuizioni civili nei limiti indicati dalla Corte di
appello.
Revoca la confisca.
Così deciso in data 22.10.2015

P.Q.M.

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