Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 44628 del 06/10/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 44628 Anno 2015
Presidente: FRANCO AMEDEO
Relatore: ANDREAZZA GASTONE

SENTENZA

Sul ricorso proposto da : Scotto Domenico, n. a Gallarate il 24/01/1955;

avverso la ordinanza della Corte d’Appello di Milano in data 05/02/2015;
udita la relazione svolta dal consigliere Gastone Andreazza;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale P. Canevelli, che ha concluso per il rigetto;
udite le conclusioni del Difensore di fiducia, Avv. C. Cicorella, che ha chiesto
l’accoglimento;

RITENUTO IN FATTO

1. Scotto Domenico ha proposto ricorso avverso la sentenza della Corte
d’Appello di Milano di conferma, quanto alla affermazione di responsabilità, della
sentenza del Tribun a le di Milano di condanna per il reato di cui all’art.10 del
d.lgs. n. 74 del 2000 per avere, quale amministratore di fatto de “La Quiete Srl”,
occultato ovvero distrutto la documentazione contabile in modo da non
consentire la ricostruzione del reddito e del volume d’affari.

Data Udienza: 06/10/2015

2. Con un primo motivo lamenta la violazione dell’art. 526 c.p.p. invocando
l’inutilizzabilità delle dichiarazioni rese dall’imputato e da Guglielmi Lorenzo nella
fase delle indagini preliminari.
Dopo avere premesso che la società “La Quiete” era stata seguita dal collega,
contitolare di uno studio associato di commercialista, Gianluca Pontiggia e che il
liquidatore della società era stato Guglielmi Lorenzo, e che pertanto egli non era
mai stato depositario delle scritture contabili di detta società, deduce che la

appare in contrasto con le risultanze processuali non esistendo appunto alcuna
prova del fatto che egli fosse il depositario delle scritture contabili mentre
esisterebbe prova certa del fatto che depositario fosse il liquidatore Guglielmi
Lorenzo. Né alcun elemento potrebbe trarsi, come ritenuto dalla sentenza, dalle
dichiarazioni dello stesso imputato ai funzionari accertatori, unicamente rilevanti
in senso difensivo.
Lamenta inoltre che la Corte territoriale abbia inteso trarre la prova del fatto
dalle dichiarazioni, peraltro rese senza garanzie difensive, di Guglielmi Lorenzo,
soggetto chiaramente interessato a scaricare su altri le proprie responsabilità,
posto che l’obbligo di conservare le scritture ricadeva su di lui, e che, in sede
dibattimentale, citato ex art. 210 c.p.p. si è avvalso della facoltà di non
rispondere, circa il fatto che Scotto fosse amministratore di fatto senza alcun
ulteriore elemento a conferma di ciò.

3. Con un secondo motivo lamenta l’inosservanza del disposto di cui agli artt. 63
e 64 c.p.p. e dell’art. 220 disp. att. c.p.p. nonché la mancanza, contraddittorietà
ed illogicità della motivazione.
In particolare, con riferimento alle proprie dichiarazioni rese in sede di
accertamenti operati dall’Agenzia delle entrate, ed utilizzate dai giudici di merito,
deduce che o detta audizione è avvenuta nell’ambito di attività di polizia
giudiziaria, con conseguente violazione dell’art. 220 cit. per mancanza degli
avvisi di legge e della nomina del difensore, ovvero è avvenuta in ambito di
attività amministrativa con correlata inutilizzabilità delle dichiarazioni stesse. Se,
infatti, gli operanti ebbero ad accedere presso lo studio dell’imputato in data 14
luglio 2008, dopo che già vi erano acceduti in data 10 luglio 2008, per richiedere
a Scotto la consegna della documentazione sulla base delle risposte loro date dal
liquidatore sul punto, gli stessi avrebbero dovuto avvisare il ricorrente ed
invitarlo a nominare un difensore essendo evidentemente emersi possibili indizi
di reato nei suoi confronti, con conseguente inutilizzabilità in ogni caso delle
dichiarazioni rese precedentemente a tali adempia -lenti.
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affermata riconducibilità a lui stesso della disponibilità sostanziale della società

4. Con un terzo motivo lamenta la violazione dell’art. 526, comma 1 bis, c.p.p.
deducendo l’inutilizzabilità delle dichiarazioni rese nell’ambito di inchiesta
amministrativa da soggetto in seguito sottrattosi all’esame dibattimentale e
mancanza di illogicità e contraddittorietà della motivazione.
Lamenta che, a fronte dei motivi d’appello con cui si sosteneva che il
professionista che seguiva la società era il dottor Pontiggia, la Corte ha

facoltà di non rispondere perché imputati in procedimenti connessi, in tal modo
facendo da ciò incongruamente derivare una prova a carico dell’imputato. Né
potrebbe ritenersi comunque rilevante di per sé ai fini dell’affermazione di
responsabilità l’affermazione di un concorso da parte dell’imputato nella gestione
della contabilità, essendo invece decisivo il fatto di avere o di non avere detenuto
le scritture contabili della società.

5. Con un quarto motivo lamenta l’inosservanza dell’art. 533 c.p.p. avendo la
Corte omesso di motivare sulla sussistenza del ragionevole dubbio che avrebbe
imposto una pronuncia assolutoria sulla base degli elementi fattuali già enunciati
sopra.

6. Infine, con un quinto motivo, lamenta la illogicità e contraddittorietà della
motivazione con riferimento ai criteri di determinazione della pena ed in
particolare al diniego di concessione delle attenuanti generiche non avendo la
Corte considerato lo stato di incensuratezza e l’ obiettiva marginalità della
vicenda trattandosi di scritture contabili di società cessata da oltre cinque anni
sicché le attenuanti generiche sarebbero in definitiva state negate per una sorta
di punizione del difetto di pentimento.

CONSIDERATO IN DIRITTO

7. Va anzitutto chiarito che le doglianze di carattere processuale di cui al primo,
secondo e, in parte, terzo motivo di ricorso, se anche astrattamente fondate nei
limiti di cui subito oltre si dirà, non presentano carattere di rilevanza quanto alla
affermazione di responsabilità per il reato contestato, chiaramente basata su
elementi diversi ed ulteriori rispetto a quelli eventualmente coinvolti dal mancato
rispetto dell’art. 220 disp. att. c.p.p..
3

valorizzato in senso contrario il fatto che egli e Guglielmi si siano avvalsi della

Emerge dalla stessa sentenza impugnata che, recatisi in una prima occasione
(ovvero il 10/07/2008) i funzionari dell’Agenzia delle Entrate presso lo studio
dell’imputato per richiedere i libri contabili e la documentazione relativa alla
società, gli stessi avevano poi, a seguito di quanto loro dichiarato circa il fatto
che tutti i documenti erano stati da lui consegnati al liquidatore Guglielmi, rivolto
la medesima richiesta a quest’ultimo; poiché però Guglielmi aveva dichiarato che
tutto era rimasto presso lo studio di Scotto, i funzionari avevano effettuato un

documentazione in copia tuttavia inidonea a consentire la ricostruzione del
reddito e del volume d’affari particolarmente per l’anno 2002.
Ciò posto, se è pur vero che il rispetto del principio posto dall’art. 220 cit.
(secondo cui “quando nel corso di attività ispettive o di vigilanza previste da
leggi o decreti emergano indizi di reato, gli atti necessari per assicurare le fonti
di prova e raccogliere quant’altro possa servire per l’applicazione della legge
penale sono compiuti con l’osservanza delle disposizioni del codice”) avrebbe
dovuto indurre, in occasione del secondo accesso, a considerare Scotto, nei cui
confronti le dichiarazioni rese da Guglielmi concretavano elementi di carattere
indiziario, sottoposto al regime di cui all’art. 63, comma 2, c.p.p., è altrettanto
vero che le uniche dichiarazioni che lo stesso Scotto ebbe a fare ai funzionari
furono dichiarazioni a se stesso favorevoli (come già detto l’imputato ebbe a
negare la detenzione delle scritture, consegnate a Guglielmi) tanto che, come
chiaramente risultante da pag.8 della sentenza impugnata, nessuna utilizzazione
di dichiarazioni contra se risulta essere stata fatta dai giudici di merito.
Quanto poi alle dichiarazioni rese da Guglielmi, anch’esse oggetto delle doglianze
del ricorrente, se anche fossero stati inutilizzabili ex art. 63, comma 2, c.p.p., il
contenuto della lettera dallo stesso inviata all’Agenzia delle Entrate il 29/07/2008
(in cui egli ribadiva che tutti i documenti erano sempre stati tenuti da Scotto)
nonché le dichiarazioni rese in occasione degli accessi della Agenzia delle
Entrate, perché sullo stesso gravavano indizi derivanti dalle dichiarazioni di
Scotto, va evidenziato che sempre la sentenza impugnata, in adesione alla linea
argomentativa del Tribunale, fonda ancora una volta, come emergente da pag.8,
la responsabilità dell’imputato su elementi per nulla coinvolti da tali
inutilizzabilità

8.

Ed infatti, in tal modo venendosi ad affrontare il profilo del merito

dell’affermazione di responsabilità, censurato con il terzo e quarto motivo di
ricorso, appare indubbio come la Corte d’appello abbia, per ritenere provata la
condotta illecita contestata, essenzialmente fatto leva sulla mancata esibizione di
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nuovo accesso (il 14/07/2008) presso quest’ultimo, dallo stesso ricevendo della

ricevute di consegna della documentazione a Guglielmi, sulla riferibilità a Scotto
della Servizi gestionali s.r.l. cessionaria delle quote della società (e le cui
scritture erano conservate da Scotto), sulla parziale esibizione di
documentazione e sulle convergenti e disinteressate dichiarazioni dei testimoni
Cordiviola Antonio e Morrone Gaetano, del tutto ignorate, invece, nei motivi di
ricorso.
In particolare, come desumibile già dalla sentenza di primo grado, furono infatti

necessaria assistenza a Scotto e che, quando decisero poi di chiuderla perché
mai decollata per mancanza di fondi, si erano rivolti sempre a lui il quale si era
così occupato della cessione delle quote ad un proprio cliente; ed entrambi,
risulta sempre dalla sentenza, hanno dunque dichiarato di non avere mai
conosciuto Guglielmi Lorenzo mentre in particolare Cordiviola Antonio ha
dichiarato che tutta la documentazione relativa alla società era detenuta dal
commercialista dato che, non essendo mai stata svolta alcuna attività, non vi
erano particolari adempimenti da svolgere.
Di qui dunque la motivata e logica conclusione, conseguentemente non
sindacabile in questa sede, e non incisa dalle doglianze del ricorrente
sostanzialmente eccentriche rispetto al nucleo argomentativo della sentenza,
circa il ruolo dell’imputato di amministratore di fatto della società giacché fu solo
egli ad avere nella vicenda un ruolo di assoluto rilievo, come dimostrato appunto
dal fatto che solo con lui ebbero contatti Cordiviola e Morrone, che fu l’imputato
a far desistere questi dal chiudere la società, dopo la nomina di Guglielmi quale
amministratore unico, dagli stessi mai conosciuto, e ad indicare il nome
dell’acquirente delle quote provvedendo poi alle dichiarazioni fiscali anche per
l’anno 2002 pur dopo appunto la nomina di Guglielmi quale amministratore.

9. Infine, appare infondato l’ultimo motivo relativo alla mancata concessione
delle circostanze attenuanti generiche.
Va rammentato che nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti
generiche non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli
elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è
sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque
rilevanti, rimanendo tutti gli altri disattesi o superati da tale valutazione (da
ultimo, Sez.3, n. 28535 del 19/03/2014, Lule, Rv. 259899).
la sentenza, oltre ad avere sottolineato l’insussistenza di un dato formale di
incensuratezza, giacché contraddetto dalla sentenza di condanna per reato di
lesioni colpose, ha specialmente posto in rilievo la gravità della condotta che ha
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costoro che, decidendo di costituire la società “La Quiete”, si erano rivolti per la

impedito l’accertamento dell’effettiva esistenza ed entità di crediti d’imposta per
importi elevatissimi utilizzati in compensazione e l’intensità de dolo, collegata
alla veste di professionista in grado di comprendere esattamente gli obblighi
giuridici gravanti sul contribuente e gli effetti prodotti dalla sua condotta ai danni
dell’Erario.

10. Il ricorso va in definitiva rigettato con conseguente condanna del ricorrente

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 6 ottobre 2015

Il Con

ensore

Il Presidente

al pagamento delle spese processuali.

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