Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 44615 del 12/07/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 44615 Anno 2013
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: CERVADORO MIRELLA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PALADINI ORONZO BIAGIO N. IL 03/02/1951
avverso la sentenza n. 1295/2008 CORTE APPELLO di LECCE, del
20/05/2010
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 12/07/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MIRELLA CERVADORO

civile, l’Avv

Data Udienza: 12/07/2013

Udita la requisitoria del sostituto procuratore generale, nella persona del dr.Enrico
Delehaye, il quale ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio della

sentenza, per essere il reato estinto per prescrizione.

Svolgimento del processo

Con sentenza del 12.3.2008, il Tribunale di Lecce dichiarò Paladini
Oronzo Biagio responsabile del reato di cui agli artt.81, 640 bis c.p. e lo
condannò alla pena di anni uno di reclusione.
Avverso tale pronunzia propose gravame l’imputato, e la Corte
d’Appello di Lecce, con sentenza del 20.5.2010, confermava la decisione di
primo grado.
Ricorre per cassazione il difensore dell’imputato, deducendo: 1) la
violazione dell’art.606 lett.c) c.p.p. in relazione agli artt.179, 521, e 522 cpp
per violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza; il Paladini,
tratto a giudizio per rispondere del reato di cui agli artt.81, 316 ter c.p. per
aver falsamente indicato nei bilanci e nelle scritture contabili della società
dati non veritieri, è stato condannato per il reato continuato di truffa
aggravata individuando gli artifici e raggiri in una asserita presentazione di
false dichiarazioni di atti di notorietà emersi nell’istruttoria dibattimentale di
cui non vi è traccia nel capo di imputazione; 2) la violazione dell’art.606 lett.
b) ed e) c.p.p. per inosservanza ed errata applicazione di norme della legge
penale in riferimento agli artt.316 ter, 640 bis c.p. nonché alla legge n.488/92
nonche’ al relativo VI Bando Turismo e alla circolare applicativa del M.I.C.A.
del 19.3.1999 n.1039, e mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità
della motivazione in punto responsabilità anche in relazione agli atti del
processo e alla relazione peritale del dott.Ivano Carpentieri. I giudici di
merito sono incorsi in una incomprensibile inversione logica nell’esam
1

delle emergenze processuali, in quanto occorreva prima stabilire se sul piano
amministrativo la società del Paladin avesse o meno diritto di ottenere e poi
di trattenere il contributo, al pari di quando ci si trovi al cospetto di una
norma penale in bianco contenente solo la sanzione, e la cui parte precettiva è
rinviata ad altra normativa extra penale. I giudici di merito hanno percorso

l’iter opposto prescindendo totalmente dai criteri tecnico-amministrativi che,

invece, regolano tale materia. La società Paladini realizzò interamente ed
esattamente l’opera preventivata in lire 3.721.000.000 e conferì il capitale
proprio di lire 2.700.000.000 entro la data di ultimazione prevista. Sicchè è
certo che anche senza l’artificioso (e provvisorio) ricorso all’aumento di
capitale (o apporto di mezzi propri) la società avrebbe comunque avuto
diritto ad accedere al contributo di cui all’originaria domanda. Infatti,
contrariamente a quanto sostenuto dai giudici di merito nessun collegamento
sussiste tecnicamente e giuridicamente tra la domanda di inserimento nella
graduatoria e la realizzazione effettiva dell’investimento. Erroneamente e
immotivatamente è stata ritenuta rilevante la condotta del Paladini, mentre il
procedimento in questione, successivamente alla formazione della
graduatoria, non presupponeva l’effettivo e previo accertamento dei requisiti
per farsi luogo all’agevolazione. D’altra parte la semplice dichiarazione
mendace integra gli estremi dell’art.316 ter c.p. e non quelli della truffa.
Chiede pertanto l’annullamento della sentenza.
Con memoria pervenuta in data 4.7.2013, il difensore dell’imputato
comunica che la vertenza amministrativa circa le illecite percezione di
finanziamenti pubblici nei confronti del Paladini è stata archiviata e allega
copia della comunicazione della Procura regionale della Corte dei Conti in
data 29.3.2011.

Motivi della decisione

1. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.

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Nel nostro ordinamento, è previsto dall’art. 521 c.p.p., comma 1, il
potere del giudice “di dare al fatto una definizione giuridica diversa da quella

contenuta nel capo di imputazione”.
Premesso che tale diritto va oggi necessariamente correlato al diritto
alla informazione in ordine alla “natura della accusa” che, in rapporto alla
evoluzione del procedimento nella fase processuale, si traduce nel diritto alla

delle circostanze aggravanti e di quelle che possono comportare
l’applicazione di misure di sicurezza, con l’indicazione dei relativi articoli di
legge”, rileva il Collegio che il contemperamento della norma di cui
all’art.521 c.p.p. con la regola in questione è certamente possibile, attraverso
una lettura costituzionalmente orientata della norma medesima, che va
quindi interpretata nel senso che la correlazione tra sentenza ed accusa deve
sussistere assicurando all’imputato la garanzia del contraddittorio, anche in
relazione alla qualificazione giuridica del fatto (v.Cass. Sez.VI, n. 45807/2008,
rv. 241754; Sez.VI, sent.n. 36323/2009, Riv.n. 244974; Sez.II, sent.n.
14674/2010 Rv. 246922). Questa Corte ha quindi affermato il principio,
condiviso da questo Collegio, che la garanzia del contraddittorio in ordine
alla diversa definizione giuridica del fatto operata dal giudice è assicurata
quando l’imputato abbia comunque avuto modo di interloquire sul tema
della diversa qualificazione giuridica in una delle fasi del procedimento, e
che la regola è rispettata qualunque sia la forma nella quale ciò sia avvenuto
(v. Cass.Sez.I, Sent. n. 9091/2010 Rv. 246494; Sez.VI, Sent.n.10093/ 2012 Rv.
251961; Sez.II, Sent.n.32840/ 2012 Rv 253267; Sez.II, Sent.n. 26825 del 4.2.2013,
non massimata).
Nessun dubbio che, nella fattispecie, il contraddittorio si è ampiamente
realizzato; il mutamento del titolo del reato è intervenuto all’esito del
giudizio di primo grado, nel corso del quale è stata espletata anche una
perizia e sono stati oggetto di contraddittorio tutti gli aspetti fattuali e di
diritto del finanziamento in questione, e in sede d’appello l’imputato è stato
posto nella condizioni di contraddire la diversa qualificazione giuridica e di
richiedere una specifica rivalutazione nel merito.

contestazione della “imputazione”, consistente nella “enunciazione del fatto,

Peraltro, la Corte territoriale ha correttamente ritenuto che, nella
fattispecie, non si è verificata alcuna lesione del diritto di difesa, essendo
stato posto a base della decisione un fatto tutt’altro che radicalmente
trasformato rispetto a quello contenuto nell’imputazione e che, dunque, non
si pone in rapporto di incompatibilità ovvero di eterogeneità rispetto
all’imputazione. Sebbene non siano stati espressamente menzionati nel capo

descritta con espresso riferimento alle false indicazione nei bilanci e nelle
scritture contabili per conseguire illegittimamente il finanziamento pubblico
(“condotta che integra gli artifizi e raggiri costituiti anche dalla presentazione
di false dichiarazioni di atti di notorietà, come emerso nel corso
dell’istruttoria dibattimentale” v.pagg.7 e 8 della sentenza impugnata).
2. Con il secondo motivo, il ricorrente, pur avendo formalmente
denunciato i vizi di inosservanza ed erronea applicazione della legge penale
e di altra norme giuridiche, nonché difetto di motivazione (fondandolo
sull’asserita inversione logica nell’esame delle emergenze processuali) ha,
tuttavia, nella sostanza, svolto ragioni che costituiscono una critica del logico
apprezzamento delle prove fatto dal giudice di appello con la finalità di
ottenere una nuova valutazione delle prove stesse; e ciò non è consentito in
questa sede. È il caso di aggiungere che la sentenza impugnata va
necessariamente integrata con quella, conforme nella ricostruzione dei fatti,
di primo grado, derivandone che i giudici di merito hanno spiegato in
maniera adeguata e logica, dopo attento esame della normativa applicabile
nel caso di specie (v.pagg.9-15 della sentenza impugnata) le risultanze
confluenti nella ritenuta responsabilità in considerazione della condotta
fraudolenta del Paladini dal momento che il fatto di aver rappresentato sin
dall’inizio una situazione finanziaria non corrispondente alla realtà “aveva
consentito alla società di potersi collocare utilmente nella graduatoria
rispetto ad altre società che avevano analoghi requisiti”.
Non va del resto dimenticato che, nel momento del controllo della
motivazione, la Corte di cassazione non deve (né può) stabilire se la
decisione di merito proponga la migliore ricostruzione dei fatti, né deve

di imputazione gli “artifizi e raggiri”, la condotta è infatti dettagliatamente

condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se questa
giustificazione sia compatibile con il senso comune e con i limiti di una
“plausibile opinabilità di apprezzamento”.
La nuova formulazione dell’art.606 lett. e) c.p.p., che in ragione delle
modifiche apportate dalla 1.46/2006, art.8 consente il riferimento agli “altri
atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame” per la

deduzione dei vizi di motivazione, riguarda anche gli atti a contenuto
probatorio ed introduce un nuovo vizio definibile come “travisamento della
prova” consistente nell’utilizzazione di un’informazione inesistente o
nell’omissione della valutazione di una prova, accomunate dalla necessità
che il dato probatorio, travisato o omesso, abbia il carattere di decisività
nell’ambito dell’apparato motivazionale sottoposto a critica (Cass.Sez.II,
13994/2006; Sez.II, 45256/2007 Rv.238515). Resta fermo, però, che è a carico
del ricorrente l’onere di specifica indicazione e allegazione di tali atti, nonchè
di illustrazione della necessità del loro esame ai fini della decisione, ovvero,
per il caso in cui l’esame sia stato compiuto, della manifesta illogicità o
contraddittorietà del risultato raggiunto.
Nel caso di specie, ci si trova dinanzi ad una “doppia conforme” e cioè
ad una doppia pronuncia di eguale segno; e pertanto il vizio di
“travisamento della prova”, di cui alla lettera e) come modificato dalla
1.n.46/ 2006, può essere rilevato in sede di legittimità solo nel caso in cui il
ricorrente rappresenti (con specifica deduzione) che l’argomento probatorio
asseritamente travisato è stato per la prima volta introdotto come oggetto di
valutazione nella motivazione del provvedimento di secondo grado, “non
potendo, nel caso di c.d. doppia conforme, superarsi il limite del “devolutum”
con recuperi in sede di legittimità, salvo il caso in cui il giudice d’appello, per
rispondere alla critiche dei motivi di gravame, abbia richiamato atti a
contenuto probatorio non esaminati dal primo giudice” ( v. Cass.IV, sez.IV,
sent. n. 19710/2009 Rv. 243636; Cass., n. 5223/07, Rv. 236130).
E nel procedimento in questione, invero, l’argomento probatorio
asseritamente travisato (ovvero la relazione peritale del dott.Ivano
Carpentieri) lungi dall’essere stato per la prima volta introdotto com

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oggetto di valutazione nella motivazione del provvedimento di secondo
grado, è stato oggetto di disamina sia nella sentenza di primo grado che nei
motivi d’appello.
Nella valutazione della fattispecie concreta è infine rimesso al giudice
di merito stabilire se la condotta che si è risolta in una falsa dichiarazione,
per il contesto in cui è stata formulata, ed avuto riguardo allo specifico

integri l’artificio di cui all’art. 640 bis c.p. e se da esso sia poi derivata
l’induzione in errore di chi è chiamato a provvedere sulla richiesta di
erogazione. Sul punto, la Corte d’Appello ha ampiamente e logicamente
motivato sia in relazione agli artifici e all’induzione in errore, che in relazione
alla pretesa inoffensività della condotta (v.pag.14 della sentenza impugnata);
e contro tali valutazioni, dal motivo in esame, vengono formulate non già
precise contestazioni di illogicità argomentativa, ma solo doglianze di merito,
non condividendosi dal ricorrente le conclusioni attinte ed anzi
proponendosi versioni più persuasive di quelle dispiegate nella sentenza
impugnata, con la finalità di ottenere una nuova valutazione delle prove
stesse.
Per quanto riguarda, le deduzioni di cui alla memoria difensiva rilevasi
infine che non è stata allegata alla memoria copia del provvedimento di
archiviazione del procedimento amministrativo, bensì copia della missiva
contenente la comunicazione del provvedimento in questione a firma
dell’impiegato addetto, dalla quale non è dato desumere le ragioni
dell’archiviazione, né le stesse sono state in alcun modo riportate e illustrate
dal ricorrente in relazione ai motivi dedotti.
Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che
dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere
condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonché ravvisandosi profili di colpa (v.Corte Cost. sent.n.186/ 2000), nella
determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della

quadro normativo di riferimento nella cui cornice il fatto si è realizzato,

Cassa delle ammende della somma di mille euro, così equitativamente fissata
in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pa

mento delle

Così

rato, il 12.7.2013.

spese processuali e della somma di euro mille alla Cassa delle a mende.

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