Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 44611 del 03/10/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 44611 Anno 2013
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: CAPRIOGLIO PIERA MARIA SEVERINA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
TARALLO ENRICO N. IL 12/02/1971
avverso l’ordinanza n. 1609/2012 GIP TRIBUNALE di NAPOLI, del
15/01/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERA MARIA
SEVERINA CAPRIOGLIO;
2..e,k.
lette/site le conclusioni del PG Dott. okr

ot„k:

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 03/10/2013

ritenuto in fatto
1.

Con ordinanza del 15.1.2013 il gip del Tribunale di Napoli , in funzione di

giudice dell’esecuzione, rigettava l’istanza di applicazione del regime del reato
continuato tra i reati giudicati con tre sentenze, assumendo che mancava qualsivoglia
circostanza idonea ad affermare l’esistenza di medesimo disegno criminoso, quanto

2.

Avverso tale decisione interponeva ricorso per cassazione il ricorrente,

pel tramite del suo difensore per dedurre violazione dell’art. 671 cod.proc.pen. e difetto
di motivazione: veniva segnalato che il Tarallo pose in essere lo stesso tipo di reato ,
con identiche modalità quanto al modus operandi, che tale realtà era stata segnalata
nell’istanza senza che ve ne sia stata corrispondenza nell’ordinanza, il cui tacitiano
discorso giustificativo non consente di identificare l’elemento fattuale che risulterebbe
incompatibile con la ricostruzione adottata nel provvedimento difensivo. Non sarebbero
quindi ravvisabili i requisiti minimi di esistenza e logicità della motivazione, per cui la
difesa insiste nel richiedere l’annullamento dell’ordinanza.

3.

Il Procuratore Generale ha chiesto di annullare l’ordinanza impugnata.

Considerato in diritto
Il ricorso è basato su motivi manifestamente infondati e deve essere dichiarato
inammissibile.
Nell’ istanza formulata al giudice dell’esecuzione, il Tarallo aveva ripetuto in più di
un passaggio che i reati commessi non solo furono della stessa indole, ma furono
consumati con le stesse modalità ed in un medesimo arco temporale; nel ricorso non ha
però dedotto circostanze decisive che sarebbero state pretermesse nella seppur
succinta motivazione dell’ordinanza impugnata, che ha riportato la valutazione ad un
unico profilo, ma di portata decisiva. Per quanto i reati in relazione ai quali il ricorrente
ha chiesto di applicare il regime del reato continuato siano tutti della stessa natura,
non poteva essere sottovalutato che gli stessi vennero consumati a distanza di un
intervallo temporale tutt’altro che sottovalutabile. Lo iato temporale di cinque anni tra il
reato più risalente (consumato nel 1999) e quello perpetrato nel 2004, nonché la
soluzione di continuità tra quest’ultimo ed il reato del 2008 di ben quattro anni, non
consentono di istituire alcun legame ideativo tra i tre reati, essendo di per sé il distacco
temporale la prova della autonomia delle tre occasioni a delinquere. Il ricorrente del
resto si è limitato a ripetere in modo assertivo che le tre manifestazioni di antisocialità
erano accumunate da un’unicità ideativa, senza supportare adeguatamente il suo

2

piuttosto una condotta aggravata dalla recidiva.

A

assunto e sottovalutando l’estensione temporale dal 1999 al 2008. Corretta è stata
quindi la valutazione del giudice a quo che su detto aspetto ha fatto riferimento per
non riconoscere l’unitarietà e per ricondurre la reiterazione ad una scelta di vita.

Si impone quindi la dichiarazione di inammissibilità del ricorso; a tale declaratoria,
riconducibile a colpa del ricorrente, consegue la sua condanna al pagamento delle
spese del procedimento e di somma che congruamente si determina in euro mille a

essere interpretato alla luce della sentenza della Corte Costituzionale n. 186/2000.
p.q.m.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali

ed al pagamento della somma di euro mille alla cassa delle

ammende.
Così deciso in Roma, addì 3 Ottobre 2013.

favore della cassa delle ammende, giusto il disposto dell’art. 616 cpp, così come deve

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