Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 44593 del 18/06/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 44593 Anno 2013
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: VERGA GIOVANNA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
DE COLOMBI FABIO N. IL 27/08/1989
RENARD VALERIO N. IL 17/10/1978
avverso la sentenza n. 21873/2011 GIP TRIBUNALE di TORINO, del
17/07/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIOVANNA VERGA ;

Data Udienza: 18/06/2013

OSSERVA
I ricorsi di De Colombi Fabio e Renard Valerio sono inammissibili perché generici e comunque
manifestamente infondati, atteso che il giudice, nell’applicare la pena concordata, si è da un
lato adeguato al contenuto nell’accordo tra le parti e dall’altro ha escluso che ricorressero i
presupposti dell’art. 129 c.p.p. indicando specificatamente gli atti di indagine dai quali doveva
desumersi la responsabilità dell’imputato. Siffatta motivazione, avuto riguardo alla speciale
natura dell’accertamento in sede di applicazione della pena su richiesta delle parti, appare

giurisprudenza di legittimità. L’accordo intervenuto tra le parti infatti esonera l’accusa
dall’onere della prova e comporta che la sentenza che recepisce l’accordo fra le parti sia da
considerare sufficientemente motivata con una succinta descrizione del fatto (deducibile dal
capo d’imputazione), con l’affermazione della correttezza della qualificazione giuridica di esso,
con il richiamo all’art. 129 c.pp.. per escludere la ricorrenza di alcuna delle ipotesi ivi previste,
con la verifica della congruità della pena patteggiata ai fini e nei limiti di cui all’art. 27 Cost.
(Cass. Sez. un. 27 marzo 1992, Di Benedetto; Sez. un. 27 settembre 1995, Serafino; Sez. un.
25 novembre 1998, Messina; sez.IV 13 luglio 2006 n.34494, Koumya). Deve aggiungersi che
nel ricorso per cassazione avverso sentenza che applichi la pena nella misura patteggiata tra
le parti non e’ ammissibile proporre motivi concernenti la misura della pena, a meno che si
versi in ipotesi di pena illegale. La richiesta di applicazione della pena e l’adesione alla pena
proposta dall’altra parte integrano, infatti, un negozio di natura processuale che, una volta
perfezionato con la ratifica del giudice che ne ha accertato la correttezza, non e’ revocabile
unilateralmente, sicché la parte che vi ha dato origine, o vi ha aderito, così rinunciando a far
valere le proprie difese ed eccezioni, non e’ legittimata, in sede di ricorso per cassazione,
a sostenere tesi concernenti la congruità della pena, in contrasto con l’impostazione
dell’accordo al quale le parti processuali sono addivenute” (Cass. Sez.III 27marzo 2001
n.18735, Ciliberti).
Alla declaratoria di inammissibilità dei ricorsi segue la condanna dei ricorrenti al pagamento
delle spese processuali e al versamento alla Cassa delle ammende di una somma che, alla luce
dei principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000, sussistendo
profili di colpa, si stima equo determinare in euro 1.500,00 ciascuno.

P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali,
nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, della somma di 1500,00 euro
ciascuno,Così deciso, il giorno 16.6.2013

pienamente adeguata ai parametri richiesti per tale genere di decisioni, secondo la costante

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