Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 44570 del 10/10/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 44570 Anno 2014
Presidente: CAMMINO MATILDE
Relatore: PELLEGRINO ANDREA

Data Udienza: 10/10/2014

SENTENZA
Sul ricorso proposto da Zappoli Michele, n. a Catania il 05.05.1934,
rappresentato e assistito dall’avv. Roberto D’Aloisio e dall’avv.
Guglielmo Fumero, avverso la sentenza della Corte d’Appello di Torino
n. 4021/2013 in data 28.01.2013;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
sentita la relazione della causa fatta dal consigliere dott. Andrea
Pellegrino;
udita la requisitoria del Sostituto procuratore generale dott. ssa Maria
Giuseppina Fodaroni, la quale ha concluso chiedendo la declaratoria di
inammissibilità del ricorso nonché la discussione dell’avv. Roberto
D’Aloisio che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del Tribunale di Alba in data 07.03.2013, Zappoli

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Michele veniva condannato alla pena di anni tre, mesi sei di
reclusione ed euro 8.700,00 di multa per il reato di cui agli artt. 81
cpv., 644 cod. pen..
2. Avverso detta sentenza veniva interposto appello dall’imputato per
chiedere l’assoluzione, quanto meno ai sensi dell’art. 530, comma 2
cod. proc. pen. e, in subordine, l’annullamento della sentenza per
violazione dei diritti della difesa, la riapertura del dibattimento e

l’assunzione del teste a difesa Incoli Giovanni e, in ulteriore
subordine, la riduzione della pena inflitta con eliminazione
dell’aumento conseguente all’applicazione dell’art. 99, comma 4 cod.
pen..
3. Con sentenza della Corte d’appello di Torino in data 28.01.2013, il
gravame veniva rigettato e la sentenza di primo grado confermata.
4. Avverso tale sentenza veniva proposto ricorso per cassazione
dall’imputato personalmente; con lo stesso venivano denunciati i
seguenti motivi di doglianza:
-violazione dell’art. 178 lett. c) cod. proc. pen., atteso il comprovato
impedimento dell’imputato a comparire all’udienza di trattazione, di
cui, peraltro, non veniva indicata la data (primo motivo);
-violazione degli artt. 511, 512 cod. proc. pen. in relazione all’art.
111 Cost. (secondo motivo);
-violazione del diritto di difesa derivante dall’omessa escussione del
teste Nicoli regolarmente ammesso (terzo motivo);
-violazione dei criteri di dosimetria della pena ed erronea applicazione
dell’aumento di pena ex art. 99 cod. pen. con motivazione solo
apparente sul punto (quarto motivo).
In relazione al primo motivo, si censura il provvedimento impugnato
nella parte in cui ha rigettato l’istanza volta ad accertare l’assoluta
impossibilità dell’imputato a comparire esprimendo il convincimento
che le patologie accertate a carico del prevenuto non fossero ostative
alla sua presenza in udienza.
In relazione al secondo motivo, si censura il provvedimento
impugnato nella parte in cui non ha assolto l’imputato per difetto di
prova dei fatti contestati e laddove ha omesso di annullare l’ordinanza
dibattimentale di primo grado che ha consentito l’acquisizione al
fascicolo del dibattimento delle dichiarazioni rese dal denunciante
nella fase delle indagini preliminari pur se il perito non si fosse affatto

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espresso per l’assoluta infermità del teste in guisa da rendere
impossibile la deposizione in dibattimento.
In relazione al terzo motivo, si censura il provvedimento impugnato
nella parte in cui aveva omesso di annullare l’ordinanza reiettiva della
testimonianza di difesa Incoli per ritenuta sua superfluità.
In relazione al quarto motivo, si censura il provvedimento impugnato
nella parte in cui, con motivazione solo apparente e di stile, la Corte

territoriale aveva disatteso la richiesta di esclusione della recidiva
omettendo di considerare la risalenza nel tempo dei precedenti
penali, l’età dell’imputato (ottantenne) e le sue (pessime) condizioni
di salute.

CONSIDERATO IN DIRITTO

4. Il ricorso è manifestamente infondato e, come tale, inammissibile.
5. In relazione al primo motivo, rileva preliminarmente il Collegio
come, in tema di impedimento a comparire dell’imputato, il giudice,
nel disattendere un certificato medico ai fini della dichiarazione di
contumacia, deve attenersi alla “natura dell’infermità” e valutarne il
“carattere impeditivo”, potendo pervenire ad un giudizio negativo
circa l’assoluta impossibilità a comparire solo disattendendo, con
adeguata valutazione del referto, la rilevanza della patologia da cui si
afferma colpito l’imputato (Sez. U, 36635/2005 Rv. 231810 Gagliardi;
più recentemente v., Cass., Sez. 4, n. 7979 del 28/01/2014, dep.
19/02/2014, Basile, Rv. 259287).
Orbene, nella specie, tanto risulta aver fatto il giudice di merito,
avuto riguardo alla natura dell’attestata patologia (discopatie multiple
del rachide cervicale) di carattere cronico e della riportata indicazione
medica che si è limitata a “sconsigliare l’imputato di mettersi in
viaggio”.
Quindi: nessuna assolutezza dell’impedimento prospettato, rilevabile
dalla generica e scarna indicazione del sanitario certificante, e, in
modo corrispondente, nessun obbligo per il giudice di disporre
accertamenti su di una tale prospettata difficoltà a presenziare
all’udienza, il cui grado invalidante non risulta nemmeno specificato.
Invero, proprio nel rispetto del parametro della ragionevole durata
del processo, non ogni difficoltà personale di presenziare al

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dibattimento ha titolo per dilatare i tempi della risposta giudiziaria,
che non è “fatto esclusivo del singolo interessato”, ma soltanto quella
consistente difficoltà, che può anche essere psico-fisica, la quale sia
peraltro idonea, in relazione alla specifica patologia e correlata questa
allo stato generale di salute del paziente, a creare un insormontabile
ostacolo alla sua presenza – utile ed efficace – nel processo, capace
quindi di concretizzare, in termini non discutibili, l’assolutezza del

dedotto impedimento (cfr., Cass., Sez. 6, n. 20811 del 12/05/2010,
dep. 03/06/2010, S., Rv. 247348). Situazione, quest’ultima, nella
fattispecie non ricorrente: da qui la ritenuta manifesta infondatezza
del motivo.
6. Medesime conclusioni vanno tratte con riferimento al secondo
motivo di doglianza che necessita di brevi considerazioni in premessa.
Come è noto, l’impossibilità sopravvenuta di ripetere l’atto o le
dichiarazioni – che, ove ricollegabile a fatti o circostanze imprevedibili,
consente di dare lettura in dibattimento delle dichiarazioni rese alla
polizia giudiziaria, al pubblico ministero o al giudice dell’udienza
preliminare – non deve essere assoluta e può essere liberamente
valutata dal giudice di merito, il quale ha solo l’obbligo di motivare
adeguatamente la sua decisione (Cass., Sez. 2, n. 5495 del
31/05/1996, Vassiliev, Rv. 205279). In relazione a tale principio, va
rilevato che – trattandosi di un provvedimento da cui discende una
rilevante eccezione al principio, fondamentale in un processo di tipo
accusatorio, della oralità del dibattimento – la valutazione della non
ripetibilità, anche se frutto di un libero apprezzamento, deve essere
ispirata a criteri di rigore e di logicità, in mancanza dei quali
sarebbero immanenti i rischi della arbitrarietà della valutazione stessa
e di una dilatazione della norma eccessiva, e perciò in contrasto con i
postulati del sistema (Cass., Sez. 3, n. 24195 del 14/04/2004, dep.
27/05/2004, Puddu, Rv. 230103).
Fermo quanto precede, rileva il Collegio come la Corte territoriale
avesse riconosciuto che, in merito all’infermità del teste-denunciante
Bertoldi che aveva condotto all’acquisizione in dibattimento ex art.
512 cod. proc. pen. delle dichiarazioni dal medesimo rese nel corso
delle indagini preliminari (compendio di prova, peraltro non esclusivo,
sul quale era stato basato il giudizio di colpevolezza dello Zappoli),
fosse emerso – contrariamente a quanto dedotto dal ricorrente

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secondo cui la deposizione dibattimentale del teste avrebbe
comportato solo un semplice “rischio di emotività e un’incertezza di
fondo sulla capacità di ricordare” – il concreto rischio di sottoporre il
teste, avuto riguardo alle numerose e gravi patologie in essere
(diabete, glaucoma, coronaropatia, portatore di by- pass oltre ad
incontinenza emotiva), al pericolo di una ingravescenza delle proprie
condizioni di salute (crisi anginosa) con esiti imprevedibili.

Fermo quanto precede, nel caso in esame, deve ritenersi che sia
congrua e priva di vizi logico-giuridici la decisione con cui il Tribunale
ha disposto che fosse data lettura delle dichiarazioni rese dalla
persona offesa in sede di indagini preliminari, ritenendo che la
ripetizione delle dichiarazioni stesse fosse divenuta impossibile. È,
invero, evidente che la motivazione stessa dava ampia ragione
dell’impossibilità della ripetizione. Risulta, infatti, non seriamente
contrastabile che la circostanza rappresentata dalle assai precarie, e
pienamente acclarate, condizioni di salute del teste giustificasse il
convincimento di non ripetibilità, con conseguente inesistenza della
denunciata violazione dell’art. 512 cod. proc. pen..
7. Conclusioni non dissimili, in punto reiezione del gravame, vanno
tratte con riferimento al terzo motivo di doglianza.
La censura, che reitera pedissequamente uno dei motivi di appello su
cui la Corte territoriale aveva reso ampia – e non ulteriormente
contrastata – motivazione, non è perspicua e non tiene conto di come
fosse stato ampiamente “evidenziato che il teste Incoli non si era
presentato, pur se regolarmente citato, all’udienza del 07.03.2013 e
che il Tribunale di Alba aveva correttamente ritenuto superfluo il suo
esame. Infatti lo stesso difensore dello Zappoli – prosegue la Corte
d’appello – ha riferito che Incoli sarebbe stato a conoscenza delle
stesse circostanze riferite dal teste Iocca. E allora non sarebbe stato
di utilità alcuna per l’imputato la sua audizione sia perché l’ipotesi che
Bertoldi si fosse rivolto allo Zappoli per comprare dell’oro è stata
seccamente smentita dallo stesso Bertoldi …, sia perché se così fosse
stato non si comprende come mai fossero intercorse oltre 120-130
comunicazioni telefoniche tra Zappoli e le persone offese dal gennaio
2006 all’ottobre 2007, sia infine, perché lo stesso Zappoli ha
fermamente negato in sede di interrogatorio che Tocca avesse fatto
da tramite con Bertoldi”.

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8. Manifesta infondatezza investe anche il quarto ed ultimo motivo di
doglianza.
Anche sul punto denunciato la motivazione della Corte è incensurabile
in questa sede avendo la stessa disatteso la richiesta di escludere la
valutazione della recidiva giustificando la statuizione con la “gravità
dei fatti commessi e la loro ripetitività”, considerati come “indice
indubbio di una maggiore capacità criminale dell’imputato, nonché di

numerosi precedenti penali”.
9. Ne consegue l’inammissibilità del ricorso e, per il disposto dell’art.
616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali nonché al versamento, in favore della Cassa delle
ammende, di una somma che, considerati i profili di colpa emergenti
dal ricorso, si determina equitativamente in euro 1.000,00

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa
delle ammende.
Così deliberato in Roma, udienza pubblica del 10.10.2014

una sua maggiore pericolosità sociale anche alla luce dei suoi seri e

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