Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 44553 del 18/06/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 44553 Anno 2013
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: VERGA GIOVANNA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
MAZZACUA ANTONIO GIUSEPPE N. IL 20/01/1954
avverso la sentenza n. 252/2012 CORTE APPELLO di CATANZARO,
del 25/09/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIOVANNA VERGA;

Data Udienza: 18/06/2013

OSSERVA

La celebrazione del processo nelle forme del rito abbreviato, se non impedisce al giudice
d’appello di esercitare i poteri di integrazione probatoria, comporta tuttavia l’esclusione di
un diritto dell’imputato a richiedere la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale ed un
corrispondente obbligo per il giudice di motivare il diniego di tale richiesta. (Sez. 2, n.
3609 del 18/01/2011 – dep. 01/02/2011, Sermone e altri, Rv. 249161). Anche dopo la
riforma contenuta nella L. 16 dicembre 1999, n. 479, nel giudizio abbreviato l’integrazione
probatoria in appello non è esclusa in modo assoluto, ma è ammessa compatibilmente con
le esigenze di celerità del rito, per cui può essere disposta, anche d’ufficio, solo per le
acquisizioni documentali assolutamente indispensabili ai finì del decidere ed attinenti la
capacità processuale dell’imputato o i presupposti stessi del reato o della punibilità,
dovendo escludere che possa farsi ricorso all’integrazione per far fronte a ordinarie lacune
probatorie nel merito. In ogni caso, secondo la Corte, al giudice di appello è consentito, a
differenza che al giudice di primo grado, disporre d’ufficio i mezzi di prova ritenuti
assolutamente necessari per l’accertamento dei fatti che formano oggetto della decisione,
secondo il disposto dell’art. 603 c.p.p., comma 3, potendo le parti sollecitare i poteri
suppletivi dì iniziativa probatoria che spettano al giudice di appello, (Sez. 1, n. 13756 del
24/01/2008 – dep. 02/04/2008, Diana, Rv. 239767).
La Corte territoriale si è uniformata a tali principi e ha respinto la richiesta per il
carattere di non decisìvità per l’accertamento dei fatti.
Il secondo motivo è versato in fatto. Il ricorrente non solo sollecita una rilettura degli
elementi di fatto, riservata in via esclusiva al giudice di merito, ma disattende le coerenti
argomentazioni del giudice territoriale che ha correttamente motivato la sussistenza della
responsabilità del prevenuto nel reato contestato
Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile
A mente dell’art. 616 c.p.p., alla declaratoria di inammissibilità – determinata da profili
di colpa emergenti dal ricorso (v. Corte Cost. sent. 186/2000) – consegue l’onere delle
spese del procedimento, nonché del versamento di una somma in favore della Cassa delle
ammende, fissata in via equitativa, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di 1.000,00
(mille) euro
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali, nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, della somma di
1.000,00 euro
Così deciso in Roma, il giorno 18.6.2013

Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.

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