Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 44544 del 20/05/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 44544 Anno 2013
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: DUBOLINO PIETRO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
MAGLIA EMANUELE N. IL 06/07/1962
avverso la sentenza n. 865/2010 CORTE APPELLO di BARI, del
30/03/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIETRO DUBOLINO;

Data Udienza: 20/05/2013

CONSIDERATO IN DIRITTO:
– che il ricorso va dichiarato inammissibile, in quanto:
a) con riguardo alla prima ragione di doglianza, non si vede (né si spiega) quale
decisivo rilievo, ai fini che qui interessano, sarebbe da attribuire al fatto che i reati in
materia di armi cui si riferiva la precedente condanna riportata dal ricorrente, in
quanto commessi — si afferma — negli anni 1998 e 1999, non si sarebbero potuti
considerare, contrariamente a quanto si legge nell’impugnata sentenza, coevi o
successivi a quelli oggetto del presente procedimento; e ciò a prescindere
dall’osservazione che questi ultimi (con particolare riguardo al tentato omicidio ed
alle connesse violazioni della legge sulle armi), stando alla testuale e non contestata
formulazione del capo d’imputazione contenuta nella medesima sentenza, sarebbero
stati commessi tra il 19 ed il 20 novembre 1998, di tal che ben a ragione gli altri fatti
che, seconda la stessa difesa (come si è visto) , sarebbero stati commessi negli anni
1998 e 1999, potevano definirsi coevi o successivi ad essi;
b) con rigu ardo alla seconda ragione di doglianza, la stessa appare, all’evidenza,
oltre che meramente assertiva (non spiegandosi il perché del preteso carattere
“grottesco” dell’intercettazione che si dice assunta come prova della partecipazione
del ricorren.e al tentato omicidio), anche del tutto inconferente, giacchè riferibile
(per come viene prospettata) soltanto alla consistenza o meno del fondamento

RILEVATO IN FATTO:
– che con l’impugnata sentenza la corte d’appello di Bari, giudicando in sede di
rinvio in punto esclusivo di riconoscibilità o meno del carattere di prevalenza delle
già concesse attenuanti generiche nei confronti di MAGLIA Emanuele, di cui era
stata definitivamente accertata, a seguito del rigetto degli altri motivi di ricorso, la
penale responsabilità in ordine ai reati a lui ascritti di partecipazione ad associazione
per delinquere, tentato omicidio aggravato, detenzione e porto illegali di armi comuni
da sparo, confermò il giudizio di equivalenza di dette attenuanti e mantenne quindi
ferma la pena già determinata in complessivi anni otto di reclusione;
– che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la difesa
dell’imputato, denunciando erronea applicazione di legge e vizio di motivazione
sull’assunto, in sintesi e nell’essenziale, che la corte territoriale non avrebbe potuto,
come invece aveva fatto, considerare ostativa al riconoscimento della invocata
prevalenza delle attenuanti generiche la presenza di altra condanna per violazione
della legge sulla armi relativa a fatti non commessi in epoca successiva a quella dei
fatti di cui al presente procedimento né avrebbe potuto attribuire carattere di gravità
alla ritenuta partecipazione del ricorrente al tentato omicidio, desunta soltanto da una
conversazione ambientale intercorsa tra certi fratelli Emanuele e Fabrizio Tedesco, il
cui contenuto, riportato nel ricorso, sarebbe stato — si afferma — “addirittura
grottesco”;
– che la difesa, a seguito della notifica dell’avviso di cui all’art. 610, comma 1,
c.p.p., ha fatto pervenire memoria nella quale contesta l’esistenza della rilevata causa
di inammissibilità del ricorso, richiamando, in sintesi, le argomentazioni già espresse
nell’originario atto di gravame;

probatorio dell’accusa, ormai coperto dal giudicato parziale, e non anche alle
caratteristice che in concreto avrebbe assunto la detta partecipazione, a proposito
delle quali il ricorso non contiene alcuna specifica indicazione;
– che la ritenuta inammissibilità del ricorso comporta le conseguenze di cui all’art.
616 c.p.p., ivi compresa, in assenza di elementi che valgano ad escludere ogni profilo
di colpa, anche l’applicazione della prescritta sanzione pecuniaria, il cui importo
stimasi equo fissare in euro mille;

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese del procedimento nonché al versamento della somma di euro mille alla cassa
delle ammende.
Così decipjn,4oipa il 20 maggio 2013
,

P. Q. M.

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