Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 44490 del 15/10/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 44490 Anno 2013
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: MARINELLI FELICETTA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SORRENTI RITA N. IL 02/02/1948
nei confronti di:
MINISTERO ECONOMIA E FINANZE
avverso l’ordinanza n. 46/2010 CORTE APPELLÒ diREGGIO
CALABRIA, del 03/06/2011
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FELICETTA
MARINELLI;
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Data Udienza: 15/10/2013

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La Corte di Appello di Reggio Calabria, con ordinanza
resa all’udienza camerale del giorno 3.06.2011 v liquidava
a Sorrenti Rita la somma di euro 3000,00 a titolo di
riparazione per l’ingiusta detenzione sofferta dal
1.1;.„ 9 2001 al 27.09.2001 in regime di custodia
in carcere perché sospettata del reato di cui
agli articoli 110,81 cpv, 479 e 61 n.2 c.p., da cui era
stata assolta perché il fatto non sussiste con sentenza
del 19.02.08, passata in giudicato il 6.06.08.
Avverso la sopra indicata ordinanza proponeva ricorso
per Cassazione Sorrenti Rita, a mezzo del suo difensore,
e concludeva chiedendo di volerla annullare.
Il ricorso si basa su di un unico motivo, con il quale
si lamenta violazione di legge e vizio di motivazione di
cui all’art. 606 lett. b) ed e) con riferimento agli
articoli 314 e 315 cod.proc.pen. e 2 e 3 Cost., perché
la somma indicata a titolo di riparazione per l’ingiusta
detenzione era assolutamente insufficiente in relazione
ai danni subiti ed al titolo del reato, era stata
fissata senza alcuna motivazione reale, senza indicare
alcun valido parametro per fissare il valore degli
elementi ritenuti indennizzabili, senza assolutamente
esaminare i fattori afferenti alla personalità e alla
storia personale dell’imputata, al suo ruolo
professionale e sociale, alle conseguenze
pregiudizievoli concretamente patite, limitandosi ad una
elencazione della giurisprudenza in materia di
riparazione per ingiusta detenzione. Si contesta in
sostanza il difetto di motivazione in ordine ai criteri
e all’iter logico seguiti per giungere alla valutazione
finale dell’indennità liquidata.

Considerato in diritto

Ritenuto in fatto

Il ricorso non è fondato.

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e 41 diritto a equa
riparazione per l’ingiusta detenzione, regolato dagli
artt. 314 e ss. cod.proc.pen., trova fondamento nella
condizione soggettiva della persona sottoposta a
detenzione immeritata e in tal senso ingiusta. Il quadro
sistematico di riferimento è un quadro di diritto civile
ma non è quello dell’art. 2043 cod.civ. che appresta
sanzioni contro chi produce per dolo o colpa un danno
ingiusto ad altri. Il principio regolatore è piuttosto
quello della riparazione legata ad eventi che producono
il sorgere, quali conseguenze di principi di solidarietà
e di giustizia distributiva, di responsabilità da atto
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lecito ( la distinzione tra responsabilità per danno
ingiusto ex art. 2043 cod.civ. e responsabilità per atto
lecito è ben chiarita da Cass. SS.UU. civ. 11/6/2003 n.
9341). E’ ben fermo, in materia, l’assetto delle regole
generalissime che disciplinano l’onere della prova
civile ex art. 2697 c.c. posto che il procedimento
relativo alla riparazione per l’ingiusta detenzione,
quantunque si riferisca ad un rapporto
obbligatorio di diritto pubblico e comporti percio’
il rafforzamento dei poteri officiosi del giudice, e’
tuttavia ispirato ai principi del processo civile, con
la conseguenza che l’istante ha l’onere di provare
i fatti costitutivi della domanda, la custodia
cautelare subita e la successiva assoluzione ( Corte
Cass. Sez. 4 sent. n. 23630 02/04/2004 20/05/2004 ).
La liquidazione del danno, che dunque deve essere
provato nella sua esistenza dalla parte che lo reclama,
a fronte della natura riparatoria e indennitaria della
misura apprestata dall’ordinamento, avviene secondo
criteri di equità. Infatti in tema di riparazione
per ingiusta detenzione, il parametro equitativo
per la liquidazione dell’indennizzo – valutato sulla
base delle conseguenze personali e familiari subite e’ funzionale alla modulazione concreta dello stesso
all’interno del rapporto tra i parametri aritmetici
previsti, ma non consente al giudice di superare
il tetto massimo della liquidazione, scaturente
dai parametri aritmetici.
I richiamati criteri di equità riguardano ovviamente
non la prova dei danni patiti,
ma la mera
quantificazione dell’indennizzo
spettante a fronte
della loro variegata natura.
In definitiva la liquidazione dell’indennizzo previsto
a titolo di riparazione per l’ingiusta
detenzione va
disancorata da criteri o parametri rigidi e deve,
al
riguardo, procedersi con equità, valutandosi la
durata della custodia cautelare e, non marginalmente,
le conseguenze personali, familiari, patrimoniali,
morali, dirette o mediate, che siano derivate dalla
privazione della liberta’. A tal riguardo, dato di
partenza della valutazione indennitaria, che va
necessariamente tenuto presente quantomeno come dato
di partenza, e’ costituito dal parametro aritmetico
costituito
dal
rapporto tra il tetto massimo
dell’indennizzo di cui all’art. 315, comma secondo,
cod. proc. pen. e il termine massimo della custodia
cautelare di cui all’art. 303, comma quarto, cod.
proc. pen., espresso in giorni, moltiplicato per il
periodo, anch’esso espresso in giorni, di ingiusta
detenzione subita,
dovendosi
poi
procedere alla
liquidazione dell’indennizzo, entro
il tetto massimo

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del quantum liquidabile, con apprezzamento di tutte le
conseguenze pregiudizievoli che la durata della
custodia cautelare ingiustamente subita ha determinato
per l’interessato (Cass. Sez. 4^ sent. N. 30317 del
21/06/2005).
Nella fattispecie di cui è processo il provvedimento
impugnato applica correttamente i sopra indicati
principi.
In particolare la Corte di Appello di Reggio Calabria
liquida l’indennizzo nella misura di 3000,00 euro ,
tenendo conto sia della durata della custodia cautelare
ingiustamente patita e delle ulteriori conseguenze
negative connesse all’ingiusta carcerazione sofferta. La
determinazione consegue ad una valutazione
caratterizzata da logicità ed adeguata motivazione
perché l’applicazione del criterio aritmetico determina
il quantum dell’indennizzo in una somma inferiore a
quella liquidata dalla Corte territoriale, tenuto conto
che, in base ai criteri sanciti da questa Corte, un
giorno di detenzione carceraria equivale ad euro 235,83
ed un giorno di detenzione domiciliare alla metà di tale
somma. Nel caso di specie inoltre l’ordinanza impugnata
ha adeguatamente motivato in ordine ai parametri
utilizzati, che l’hanno determinata a liquidare una
somma superiore a quella determinata secondo il
parametro aritmetico nella sua massima estensione,
tenendo conto degli ulteriori danni conseguenti alla
detenzione, in particolare delle conseguenze economiche
e personali conseguenti allo stato di detenzione e delle
conseguenze professionali derivanti dall’ingiusta
carcerazione. Il criterio aritmetico deve essere infatti
tenuto presente quanto meno come dato di partenza della
valutazione indennitaria, dovendo il giudice,
allorquando intenda discostarsi sensibilmente dalla
misura dell’indennizzo in tal modo determinabile, fornire
adeguata motivazione.
Nella fattispecie di cui è processo l’operazione di
calcolo è stata eseguita con idonea ed adeguata
motivazione in applicazione dei principi enunciati da
questa Corte, in quanto l’ordinanza impugnata ha
esplicitato i motivi che l’hanno portata a liquidare una
somma di poco superiore al criterio aritmetico nella sua
massima estensione ed ha adeguatamente motivato in
relazione alla mancata applicazione di coefficienti di
1/”.° LAR

Il ricorso deve essere pertanto rigettato e la
ricorrente condannata al pagamento delle spese
processuali.
PQM

PI

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento
delle spese processuali.

Così deciso in Roma il 15.10.2013.

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