Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4449 del 10/12/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 1 Num. 4449 Anno 2015
Presidente: CHIEFFI SEVERO
Relatore: ROCCHI GIACOMO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
LADINI GIUSEPPE N. IL 17/07/1978
avverso l’ordinanza n. 443/2014 TRIB. LIBERTA’ di REGGIO
CALABRIA, del 15/05/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIACOMO ROCCHI;
Jefe/sentite le conclusioni del PG Dott. ffirsi>

p ceklo

›o\

Uditi difens Avv.;

41 3p

Data Udienza: 10/12/2014

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 16/5/2014, il Tribunale di Reggio Calabria,
provvedendo sulla richiesta di riesame proposta da Ladini Giuseppe avverso
quella emessa dal G.I.P. dello stesso Tribunale di applicazione della misura della
custodia cautelare in carcere, confermava l’ordinanza impugnata.
Ladini è accusato di numerosi reati – ricettazione, detenzione illegale, porto
in luogo pubblico, vendita – attinenti alle armi, commessi dal 20/2/2014 al 21

casolare e la cui vendita era stata concordata con Crea Ettore e successivamente
effettuata, una pistola che Bruzzese Lorenzo aveva consegnato al figlio
infraquattordicenne Ladini Davide Giosuè, la cui detenzione è contestata
all’odierno ricorrente, un’altra pistola offerta in vendita ad un minore, altre
pistole custodite nell’abitazione; per detti reati Ladini si sarebbe avvalso della
collaborazione dei familiari e, in particolare, del già ricordato figlio
i nfraquattord icen ne.
Inoltre Ladini deve rispondere della detenzione di 600 grammi di cocaina
rinvenuta il 22 marzo 2014.
I reati sono contestati come aggravati ai sensi dell’art. 7 legge 203 del 1991
nonché ai sensi dell’art. 61 n. 11 quater cod. pen., in quanto commessi mentre
Ladini si trovava in misura alternativa alla detenzione; al ricorrente è contestata
la recidiva plurireiterata e specifica.

Il materiale indiziario a carico di Ladini è costituito da intercettazioni
ambientali e telefoniche, videoriprese, nonché perquisizioni e sequestri.
La responsabilità per le condotte sopra riassunte non è contestata, per cui
non occorre soffermarsi oltre su tale analisi.

Con riferimento all’aggravante di cui all’art. 7 legge 203 del 1991 il G.I.P.
aveva evidenziato i seguenti elementi: a) il collaboratore di giustizia Ieranò
Rocco Francesco aveva affermato che Ladini Giuseppe faceva parte del locale di
‘ndrangheta di Cinquefrondi; b) Ladini era stato condannato per partecipazione
ad associazione mafiosa con sentenza del 17/2/2003 e per reati relativi alle
armi, aggravati ai sensi dell’art. 7 legge 203 del 1991, con sentenza del
20/3/2008; c) il quantitativo di armi era rilevante e faceva capo a soggetti di
spiccata caratura criminale e con stabili rapporti con la criminalità organizzata,
tra cui Crea Ettore: ciò indicava un canale privilegiato di approvvigionamento
delle armi e una sfera di clienti che non poteva non far parte di associati o
affiliati alla ‘ndrangheta; d) anche il possesso della droga non poteva che essere

2

marzo 2014: un fucile mitragliatore e il relativo caricatore, detenuto in un

funzionale all’interesse dell’associazione mafiosa cui Ladini apparteneva.

Secondo il Tribunale, era evidente la sussistenza di entrambe le ipotesi
contemplate dall’art. 7 cit.: le condotte delittuose erano finalizzate a reperire
armi e droga, beni con i quali mantenere il controllo del territorio da parte del
Ladini, che aveva un ruolo di spicco nella criminalità organizzata.

Il Tribunale riteneva sussistenti le esigenze cautelari sotto tutte e tre le

inquinamento probatorio, per la necessità di individuare altri nascondigli di armi
e droga e identificare i destinatari dell’ingente numero di armi detenuto; quanto
al pericolo di fuga, perché le intercettazioni ambientali svolte immediatamente
prima del fermo dimostravano la volontà di Ladini di darsi alla latitanza; quanto
al concreto ed attuale pericolo di reiterazione di condotte criminose, con
riferimento all’esistenza di una associazione mafiosa armata rispetto alla quale
l’indagato ha tenuto condotte particolarmente gravi all’interno di un contesto
coinvolgente numerosi soggetti.

2. Ricorre per cassazione il difensore di Ladini Giuseppe deducendo
violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla contestazione
dell’aggravante di cui all’art. 7 legge 203 del 1991.

Il ricorrente rileva che la prima ordinanza emessa dal G.I.P. di Palmi a
seguito del fermo risaliva al 9/4/2014, mentre quella del G.I.P. di Reggio
Calabria al 18/4/2014: la vicinanza cronologica faceva ritenere altamente
improbabile che il quadro indiziario potesse essere mutato in modo tale da
portare alla contestazione dell’aggravante.
In effetti, pur in assenza di qualsiasi appiglio fattuale, l’unico elemento
utilizzato per la contestazione dell’aggravante era costituito dalle condanne
riportate da Ladini: il Tribunale faceva cenno alle dichiarazioni del collaboratore
di giustizia Rocco Francesco Ieranò, secondo cui Ladini faceva parte del locale di
‘ndrangheta di Cinquefrondi, senza riportarle e senza indicare alcun riscontro a
tale accusa generica e, subito dopo, ricordava i due precedenti penali del
ricorrente.
Anche le ulteriori considerazioni erano astratte e nascondevano la scelta per
un diritto penale d’autore con il quale il Tribunale aveva coperto le carenze
indiziarie.

Il ricorrente richiama la giurisprudenza recente di questa Corte secondo cui

3

ipotesi contemplate dall’art. 274 cod. proc. pen.: sotto il profilo del pericolo di

non esiste un automatismo applicativo dell’aggravante di cui all’art. 7 legge 203
del 1991: non ogni condotta illecita posta in essere in favore di un esponente
dell’associazione comporta la sua applicazione; il Tribunale sarebbe caduto
proprio in questo automatismo; né le potenzialità offensive delle armi sono
sufficienti a ritenere la loro destinazione all’attività di un’associazione mafiosa.
Senza alcuna motivazione e sulla base dì mera presunzione il Tribunale
aveva ritenuto destinata agli interessi della cosca la detenzione della cocaina.
Nessuna prova era stata fornita dei rapporti del ricorrente con altre frange

avessero alcun precedente di tipo mafioso.

In un secondo motivo il ricorrente deduce vizio di motivazione e violazione
di legge per mancanza delle esigenze cautelari.
La motivazione era carente ed astratta con riferimento a tutte le esigenze
cautelali evidenziate.
Il ricorrente conclude per l’annullamento dell’ordinanza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso deve essere rigettato.

Si deve ribadire che, ai fini dell’adozione di una misura cautelare personale,
la nozione di “gravi indizi di colpevolezza” non è omologa a quella applicabile per
la formulazione del giudizio di colpevolezza finale, essendo sufficiente in sede
cautelare l’emersione di qualunque elemento probatorio idoneo a fondare una
qualificata probabilità sulla responsabilità dell’indagato (Sez. 4, n. 38466 del
12/07/2013 – dep. 18/09/2013, Kolgjini, Rv. 257576; Sez. 2, n. 26764 del
15/03/2013 – dep. 19/06/2013, Ruga, Rv. 256731): ciò si deduce dal mancato
richiamo, nell’art. 273 comma 1 bis cod. proc. pen., del secondo comma dell’art.
192 cod. proc. pen..

Ciò vale anche per le aggravanti contestate, nel caso di specie per
l’aggravante di cui all’art. 7 legge 203 del 1991.

Per affermare la sussistenza di tale circostanza, il Tribunale richiama
elementi di natura diversa che valuta unitariamente ed utilizza per una
motivazione niente affatto illogica.
In primo luogo, vi sono le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Ieranò
Rocco Francesco: il ricorrente lamenta che esse non siano riportate

4

della ‘ndrangheta, non risultando che le persone con cui egli collaborava

nell’ordinanza del G.I.P. e poi in quella del Tribunale del Riesame, ma si tratta di
censura che non tiene conto che nessuna norma impone una trascrizione
letterale delle dichiarazioni; né vi sono motivi per dubitare che Ieranò abbia
effettivamente narrato della locale di Cinquefrondi e del ruolo di spicco che in
essa ha Ladini.

Ovviamente le dichiarazioni del collaboratore non sarebbero sufficienti in
assenza di altri elementi di prova che ne confermassero l’attendibilità: e il

ad associazione mafiosa e per delitti ugualmente aggravati ex art. 7 cit.; il
richiamo a tali sentenze come elemento di conferma dell’attendibilità del
collaboratore di giustizia non è affatto manifestamente illogico, ben conoscendosi
il legame fortissimo che si crea tra il partecipe ad un’associazione mafiosa e
l’associazione stessa, legame che nemmeno la carcerazione interrompe.

Anche i rapporti con Crea Ettore (colui che aveva acquistato un fucile
mitragliatore da Ladini ed era stato successivamente arrestato, con il sequestro
dell’arma micidiale rinvenuta nel bagagliaio della sua autovettura) sono un
riscontro significativo: se – come afferma il Tribunale del riesame – Crea fa parte
di altra articolazione della ‘ndrangheta, quella di Rizziconi, il commercio
intervenuto tra i due soggetti acquista un significato pregnante di vicinanza
all’operatività dell’associazione mafiosa.

Il numero delle armi detenute e la quantità di stupefacente permette, poi, al
Tribunale di ricavare un argomento logico a sostegno delle dichiarazioni del
collaboratore di giustizia: non si giustifica il numero delle armi se non per le
esigenze della criminalità organizzata, risultando, al contrario, improbabile che
Ladini sia “semplicemente” un commerciante illegale di armi vendibili a
chiunque; così come è ragionevole dedurre che la produzione e il
confezionamento della droga avvenisse per il reperimento di denaro a favore
dell’associazione mafiosa.

In definitiva, pur con la premessa fatta all’inizio in ordine alla valutazione
richiesta in questa fase, si deve escludere che il Tribunale sia caduto – come
sostiene il ricorrente – nella logica del “diritto penale di autore”, in base al quale,
poiché Ladini è stato condannato in passato per il delitto di cui all’art. 416

bis

cod. pen., tutte le condotte illecite devono ritenersi aggravate ai sensi dell’art. 7
cit.: al contrario, quelle condanne non sono l’unica fonte del convincimento del
Tribunale, che si è confrontato con le propalazioni del collaboratore di giustizia e

5

Tribunale li rinviene, in primo luogo, in precedenti condanne per partecipazione

con caratteristiche della condotta davvero eclatanti e tali da permettere ulteriori
deduzioni logiche.

Non è possibile scendere ulteriormente su altri elementi di fatto – il
ricorrente riporta persino i precedenti penali dei correi del Ladini – essendo il
compito di questa Corte limitato alla verifica della tenuta logica dell’ordinanza
impugnata.

cautelari – è, poi, manifestamente infondato, sia perché il Tribunale motiva
adeguatamente in ordine alla presenza di tali esigenze (del resto, la gravità delle
condotte, anche prescindendo dalla questione della sussistenza dell’aggravante
di cui al punto precedente, è palese), sia perché deve trovare applicazione la
duplice presunzione dell’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., seppure corretta

0 N
N 0 i

dall’intervento della Corte Costituzionale.

42;

Il ricorrente non tenta nemmeno di dimostrare l’inesistenza di esigenze

En

cautelari, né fornisce elementi concreti per dimostrare l’idoneità di misure meno

‘a
o àt
rZ

afflittive rispetto alla custodia in carcere.

:

P.Q.M.
o

o

0:1E

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Dispone trasmettersi, a cura della cancelleria, copia del provvedimento al
direttore dell’Istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94, comma 1-ter, disp. att.
cod. proc. pen.

Così deciso il 10 dicembre 2014

Il Consigliere estensore

Il Presidente

2. Il secondo motivo di ricorso – relativo alla sussistenza delle esigenze

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA