Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 44487 del 17/10/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 44487 Anno 2013
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: DELL’UTRI MARCO

SENTENZA

sul ricors. propostp da:
Cetrullo Lauro n. il 1.1.1960
z.) Di Felice Cinzia n. il 22.3.1963
avverso la sentenza n. 1110/2007 pronunciata dalla Corte d’appello di
L’Aquila il 19.9.2012;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita nell’udienza pubblica del 17.10.2013 la relazione fatta dal Cons.
dott. Marco Dell’Utri;
udito il Procuratore Generale, in persona del dott. V. Geraci, che ha
concluso per la dichiarazione d’inammissibilità dei ricorsi.

Data Udienza: 17/10/2013

Ritenuto in fatto
i. – Con sentenza resa in data 28.4.2006, il giudice dell’udienza preliminare presso il tribunale di Pescara ha condannato Lauro
Cetrullo e Cinzia Di Felice alle pene, rispettivamente, di sei anni di
reclusione ed euro 26~0,00 di multa, e di tre anni e sei mesi di reclusione ed euro 12.000 di multa, in relazione alla commissione di
vari episodi di detenzione a fini di spaccio e spaccio di sostanza stupefacente.
Con sentenza in data 19.9.2012, la corte d’appello di L’Aquila,
assolto il Cetrullo da alcune delle imputazioni ascrittegli per insussistenza del fatto e ritenuto, per entrambi gli imputati, il ricorso della
circostanza attenuante di cui all’art. 73, co. 5, d.p.r. n. 309/90, ha rideterminato le pene loro inflitte, stabilendole in due anni e otto mesi
di reclusione ed euro 4.000,00 di multa a carico del Cetrullo, e in un
anno e quattro mesi di reclusione ed euro 2.000,00 di multa a carico
della Di Felice.
Avverso la sentenza d’appello hanno proposto ricorso per cassazione entrambi gli imputati.
2.1. – Il Cetrullo propone ricorso sulla base di tre motivi di
impugnazione.
Con il primo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione della legge processuale e vizio di motivazione,
avendo la corte territoriale mancato di rilevare la nullità assoluta verificatasi nel corso del procedimento in ragione dell’omessa notificazione all’imputato dell’avviso di fissazione dell’udienza preliminare.
Con il secondo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione di legge con riferimento all’omessa dichiarazione
d’inutilizzabilità delle intercettazioni telefoniche, avendo la corte
d’appello mancato di rilevare l’assenza di alcuna idonea motivazione
a sostegno del decreto autorizzativo delle intercettazioni eseguite, e
avendo altresì omesso di rilevare l’inutilizzabilità delle intercettazioni
eseguite in mancanza di un provvedimento autorizzativo dell’esecuzione delle intercettazioni presso impianti esterni ai locali della Procura della Repubblica competente; in particolare, il ricorrente si duole che i giudici del merito abbiano ritenuto utilizzabile il contenuto di
intercettazioni telefoniche eseguite sulla base di provvedimenti di
proroga di un decreto autorizzativo originario ritenuto invalido dal

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medesimo giudice dell’udienza preliminare presso il tribunale di Pescara, siccome non adeguatamente motivato in relazione al punto
concernente l’eseguibilità delle operazioni d’intercettazione per mezzo di impianti diversi da quelli installati presso la Procura della Repubblica.
Con il terzo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione di legge e vizio di motivazione con riguardo all’entità
della pena irrogata, avendo la corte territoriale non adeguatamente
provveduto a giustificare la misura della sanzione applicata in relazione ai criteri di cui all’art. 133 c.p..
La Di Felice propone ricorso sulla base di due motivi di
impugnazione.
Con il primo motivo, la ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione di legge con riferimento all’omessa dichiarazione
d’inutilizzabilità delle intercettazioni telefoniche, avendo la corte
d’appello mancato di rilevare l’assenza di alcuna idonea motivazione
a sostegno del decreto autorizzativo delle intercettazioni eseguite, e
avendo altresì omesso di rilevare l’inutilizzabilità delle intercettazioni
eseguite in mancanza di un provvedimento autorizzativo dell’esecuzione delle intercettazioni presso impianti esterni ai locali della Procura della Repubblica competente; in particolare, la ricorrente si duole che i giudici del merito abbiano ritenuto utilizzabile il contenuto di
intercettazioni telefoniche eseguite sulla base di provvedimenti di
proroga di un decreto autorizzativo originario ritenuto invalido dal
medesimo giudice dell’udienza preliminare presso il tribunale di Pescara, siccome non adeguatamente motivato in relazione al punto
concernente l’eseguibilità delle operazioni d’intercettazione per mezzo di impianti diversi da quelli installati presso la Procura della Repubblica.
Con il secondo motivo, la ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione di legge e vizio di motivazione con riguardo
all’entità della pena irrogata, avendo la corte territoriale non adeguatamente provveduto a giustificare la misura della sanzione applicata
in relazione ai criteri di cui all’art. 133 c.p..
2.2. –

Considerato in diritto

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3. — Entrambi i ricorsi – congiuntamente esaminabili in ragione dell’intima connessione delle questioni dedotte – sono infondati.
Preliminarmente, dev’essere disattesa l’eccezione ancora in
questa sede riproposta dal Cetrullo in relazione alla pretesa nullità
assoluta consistita nell’omessa notificazione all’imputato dell’avviso
di fissazione dell’udienza preliminare, avendo la corte territoriale
correttamente rilevato come gli odierni imputati fossero personalmente comparsi in una delle udienze tenute in prosecuzione
dell’udienza preliminare originariamente fissata per l’esame delle relative posizioni e di altri coimputati unitamente ai quali gli stessi erano stati tratti a giudizio: udienza durante la quale gli odierni imputati
avevano reso alcune personali dichiarazioni ad esito delle quali il giudice ebbe a disporre la separazione della posizione dei predetti, rinviando ad altra udienza in prosecuzione, rispetto alla quale nessun
ulteriore nuovo avviso era dovuto agli stessi (cfr. fl. 9 della sentenza
d’appello).
Quanto agli asseriti vizi afferenti la motivazione dei provvedimenti autorizzativi delle intercettazioni telefoniche il cui contenuto è
stato utilizzato ai fini della condanna pronunciata nei confronti degli
odierni imputati, vale evidenziare come del tutto correttamente la
corte territoriale ha ritenuto validamente eseguite dette intercettazioni richiamandosi al contenuto del provvedimento emesso dal primo giudice dell’udienza preliminare (in data 29.10.2002), il quale,
dopo aver evidenziato le emergenze indiziarie giustificative delle intercettazioni disposte (ivi compresa la fonte di cognizione dei sufficienti indizi richiamata per relationem), ha sottolineato l’autonomia
dei decreti di proroga delle intercettazioni che, diversamente da quello originario, contenevano la specifica indicazione delle ragioni giustificative dell’uso, ai fini della captazione delle conversazioni, degli
impianti diversi da quelli esistenti presso i locali della procura della
Repubblica (cfr. pp. 1-2 dell’ordinanza del g.i.p. del tribunale di Pescara in atti richiamata dalla corte d’appello).
La motivazione su tali punti dettata dalla corte territoriale —
neppure censurata dagli odierni ricorrenti nella parte in cui sottolinea l’avvenuta effettiva indicazione delle ragioni giustificative delle
intercettazioni telefoniche disposte a carico degli imputati e la rilevata piena autonomia dei decreti di proroga, in relazione al punto concernente la giustificazione dell’uso di impianti esterni ai locali della

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Procura della Repubblica — deve ritenersi esauriente e del tutto immune da vizi di indole logica o giuridica, si dà sfuggire integralmente
alle doglianze contro la stessa rivolte dagli odierni imputati.
Quanto alla motivazione concernente l’entità delle sanzioni inflitte agli imputati, è appena il caso di rilevare come la corte territoriale abbia espressamente sottolineato come il carattere continuativo
dell’attività di spaccio posta in essere dagli imputati, comprovato dai
numerosi contatti rilevati, valesse a escludere la possibilità di infliggere agli stessi una pena prossima ai minimi edittali, in tal modo determinandone la concreta entità in forza di elementi effettivamente
riferibili ai criteri di cui all’art. 133 c.p. sulla base di una motivazione
da ritenere pienamente coerente sul piano logico-giuridico e del tutto
conseguente in termini argomentativi.
4. — Al riscontro dell’infondatezza di tutti i motivi di doglianza
avanzati dagli imputati segue il rigetto dei ricorsi e la condanna dei
ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Per questi motivi
la Corte Suprema di Cassazione, rigetta i ricorsi e condanna i
ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 17.10.2013.

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